L'effetto dei dazi sui prezzi negli Stati Uniti

Durante la campagna elettorale che ha preceduto le elezioni presidenziali americane del 2024, Donald Trump ribadì più volte una promessa: se eletto, avrebbe abbassato il costo della vita. Secondo molti analisti, proprio questa promessa avrebbe contribuito in maniera decisiva al suo ritorno alla Casa Bianca. La principale preoccupazione degli americani e motivo di delusione nei confronti della presidenza Biden, era infatti l’inflazione, aumentata drasticamente dopo la pandemia da Covid-19 e l’invasione russa dell’Ucraina. Ma Trump, fino ad oggi, sembra non stare riuscendo a mantenere la parola data, soprattutto a causa delle sue decisioni in materia di politica commerciale. Paradossalmente, se il presidente non avesse fatto nulla, sarebbe con tutta probabilità riuscito almeno nell’intento di fermare l’inflazione: senza i pesanti dazi sulle importazioni di beni provenienti da molti Paesi del mondo, l'aumento del costo della vita si sarebbe infatti placato. Lo dimostra una ricerca condotta dal professore della Harvard Business School Alberto Cavallo insieme a Paola Llamas e Franco Vazquez dell’Universidad de San Andrés di Buenos Aires, che da gennaio 2024 monitora giornalmente l’andamento dei prezzi di oltre 350 mila prodotti venduti da cinque grandi rivenditori statunitensi. Dallo studio emerge che l’inflazione si era stabilizzata fino all’annuncio dei dazi all’inizio di aprile 2025, quando i prezzi al dettaglio hanno ripreso a salire in maniera costante. Secondo i dati più recenti, i rincari riguardano in particolare i beni provenienti dalla Cina, con cui nel frattempo è stato raggiunto un nuovo accordo. Il gruppo di ricerca sottolinea infatti che i diversi andamenti dei prezzi tra Paesi riflettono le aspettative dei produttori e degli importatori in merito all’esposizione ai dazi e all’esito delle trattative commerciali bilaterali: la Cina, in particolare, ha dovuto affrontare i dazi più elevati e il minor numero di esenzioni. Anche i dati ufficiali del Bureau of Labor Statistics hanno iniziato a riportare i primi segnali di un nuovo shock inflazionistico: a gennaio 2025 l’inflazione su base annuale negli Stati Uniti si attestava al 3%, per poi scendere al 2,3% in aprile e tornare a salire al 2,9% in agosto. L’aumento dei prezzi rimane ancora contenuto rispetto all’entità dei dazi, ma gli analisti si aspettano che il peggio debba ancora arrivare. La zappa sui piedi di Trump ha causato anche un crollo del tasso di approvazione dell’opinione pubblica nei confronti del suo operato sull’inflazione. Secondo la media dei sondaggi elaborata da Nate Silver, fondatore del celebre sito di analisi politiche FiveThirtyEight, l’aumento del costo della vita è infatti proprio il tema su cui il presidente riceve i giudizi più negativi, raccogliendo un tasso di approvazione netto di -28,3 punti percentuali. E secondo le rilevazioni dell’Economist, l’inflazione rimane oggi come nel 2024 la principale preoccupazione degli americani, indicata dal 23% degli intervistati – la stessa quota di un anno fa.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

L'effetto dei dazi sui prezzi negli Stati Uniti

Gianluca De Feo