Quali regioni italiane sono più minacciate dai dazi Usa?

Il 2 aprile è arrivato. E l’Italia, come molti altri Paesi, trema. Forse un po’ più di altri Paesi. Vista la dimensione dell’export tricolore verso gli Usa, i dazi che saranno annunciati dagli Stati Uniti per quella data rischiano infatti di avere un impatto maggiore proprio qui da noi. Soprattutto in certe regioni: in alcune per il valore complessivo delle esportazioni oltreoceano, in altre per il peso che queste hanno sul Pil regionale. In una situazione in continua evoluzione e nell'incertezza sui settori e sugli Stati che verranno colpiti o risparmiati, vediamo allora più nel dettaglio quanto ha da perdere l’Italia in una guerra commerciale con gli Stati Uniti. E soprattutto quali aree dello Stivale devono preoccuparsi maggiormente. Verso gli Usa più di 1 euro su 10 di export tricolore Agli americani piacciono i prodotti italiani. E agli italiani, anzi alle imprese italiane, piace il mercato Usa. I numeri danno un’idea di questo reciproco amore economico. Nel 2024, secondo i dati ancora provvisori dell’Istat, l’export tricolore verso importatori a stelle e strisce ha raggiunto i 64,8 miliardi di euro, vale a dire oltre il 10% del valore complessivo delle esportazioni globali italiane, che lo scorso anno è arrivato a 623 miliardi di euro. Detto in altre parole, su 10 euro di beni e servizi esportati da imprese dello Stivale, più di 1 finisce in Nord America. Non poco, certamente. Anzi, tanto. Se non visualizzi il grafico clicca qui Se scendiamo più nel dettaglio, la parte del leone delle esportazioni verso Oltreoceano la fanno macchinari e apparecchi industriali, che nel 2024 hanno fruttato alle aziende italiane 12,8 miliardi di euro. Poi prodotti farmaceutici e botanici , seguiti da mezzi di trasporto , alimentari e tabacchi , tessile e abbigliamento . Se non visualizzi il grafico clicca qui Proprio guardando alla differenziazione dell’export italiano verso gli Stati Uniti si capisce come la preoccupazione sia condivisa da diversi comparti produttivi dello Stivale. Non a caso, da Confindustria a Coldiretti, le maggiori associazioni di categoria hanno lanciato l’allarme dazi. Chi rischia di più? Apprensione dunque. Ma non per tutti allo stesso livello. Almeno sulla carta. E almeno dal punto di vista territoriale. Se si considerano i volumi, ci sono infatti regioni decisamente più “esposte” di altre ad eventuali dazi americani. La Lombardia, per esempio, è l’area che esporta di più verso l’altra sponda dell’Atlantico: ben 13,7 miliardi nel 2023, seguita da Emilia Romagna , Toscana e Veneto . Se non visualizzi la mappa clicca qui Ma questo non è l’unico punto di vista possibile da cui guardare alla questione. Se invece che i numeri assoluti osserviamo il peso delle esportazioni negli Stati Uniti rispetto al Prodotto interno lordo regionale , il quadro cambia. La regione che appare più vulnerabile sotto questo aspetto risulta la Toscana, il cui export “americano” equivaleva nel 2023 a quasi il 7% del Pil locale. Subito dietro, la Liguria e il Friuli Venezia Giulia . Percentuali decisamente più basse al Sud, dove la Calabria emerge come il territorio meno dipendente dalle esportazioni a stelle e strisce in rapporto alla dimensione dell’economia regionale: appena lo 0,23% del Pil della regione. Il giorno della liberazione Data l’importanza del mercato Usa per le aziende italiane non stupisce la preoccupazione con cui si attendono le decisioni del due aprile. E non stupisce che anche l’Istat, l’istituto italiano di statistica, abbia alzato il livello di guardia. Nel “Rapporto sulla competitività dei settori produttivi 2025” ha sottolineato che “negli ultimi anni, in particolare, l'Italia ha orientato i propri flussi di export verso i mercati extra-Ue, soprattutto quello statunitense”. Come dire: maggiore business verso gli Usa, maggiore rischio di contraccolpi economici a causa dei dazi. Certo, resta ancora da capire che cosa esattamente annuncerà l’amministrazione Trump nella data fatidica o anche prima, un elemento che aggiunge incertezza ma lascia aperta qualche speranza. Inizialmente il presidente americano aveva parlato di “tariffe reciproche” e di “liberation day”, di “giorno della liberazione”. Più recentemente si è mostrato più morbido, ha segnalato l’intenzione di introdurre elementi di flessibilità, sia per quanto riguarda i Paesi che i settori colpiti dai dazi.

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