Lavoro e stress, un dipendente su tre rischia il burn-out. I dati del Censis
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58esimo Rapporto Censis, i processi di trasformazione della società italiana
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Introduzione
Per tante persone arrivare serenamente alla fine della giornata lavorativa e conciliare in modo ottimale gli impegni professionali con la vita privata diventa sempre più difficile. Stanchezza, rischio di burn out, sensazioni di esaurimento toccano infatti un lavoratore dipendente su tre.
Quello che devi sapere
Il lavoro deve contribuire al benessere
- Per l'83,4% dei dipendenti italiani è una priorità che il lavoro contribuisca al proprio benessere olistico, fisico e psicologico. Ne sono convinti il 76,8% dei dirigenti, l'86,1% degli impiegati e il 79,5% degli operai. Tra le fasce d'età, invece, a prevalere, con il 75% dei dipendenti, è la fascia tra 18 e 34 anni. È quanto emerge dall'ottavo Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale con il contributo di Credem, Edison, Michelin e OVS.
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I numeri del burn-out tra i lavoratori
- Secondo il rapporto uno su tre (il 31,8%) dei lavoratori dipendenti ha provato sensazioni di esaurimento, di estraneità o comunque sentimenti negativi nei confronti del proprio lavoro, cioè forme di burn-out. Tale stato psicologico coinvolge il 47,7% dei giovani, il 28,2% degli adulti, e il 23% dei dipendenti più anziani.
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Le ragioni
- A vivere in qualche modo situazioni di stress o ansia legate al lavoro è il 73% dei lavoratori; il 76,8% non sempre è riuscito a trovare un equilibrio tra vita privata e lavoro; il 75,9% si sente spesso sopraffatto dalle responsabilità quotidiane; il 73,9% sente di avere troppa pressione addosso quando lavora. Inoltre, il 67,3% ha provato frustrazione per via del mancato supporto da parte del datore di lavoro; il 36,7% è andato da uno psicologo o ha fatto ricorso al counseling a causa del proprio lavoro
La sindrome da corridoio
- Tre milioni di dipendenti, emerge ancora dal rapporto, sono affetti dalla sindrome da corridoio, cioè l’osmosi di ansie e disagi tra lavoro e vita privata, che riduce drasticamente il benessere soggettivo, la qualità della vita e la salute mentale. Il 25,7% dei dipendenti si porta al lavoro i problemi di casa, privati, con effetti negativi sulla performance lavorativa, il 36,1% si porta i problemi lavorativi a casa con effetti negativi sulle relazioni familiari ed amicali. Si porta a casa i problemi lavorativi con relativi effetti negativi il 41,0% dei più giovani, il 34,9% degli adulti e il 33,7% dei più anziani. Si porta invece al lavoro i problemi di casa, restandone negativamente condizionati, il 22,7% dei dipendenti giovani, il 29,2% dei dipendenti adulti e il 20,6% dei più anziani
Aziende come hub del benessere
- "I tempi sono maturi per le aziende per proporsi come hub del benessere, garantendo ascolto e accompagnamento", ha dichiarato il fondatore e ad di Eudaimon, Alberto Perfumo. "Attrarre e trattenere lavoratori significa sempre più misurarsi con le loro nuove e inedite aspettative", ha sottolineato Giorgio De Rita, segretario generale del Censis
Le richieste: supporto mentale e tempo per sé
- Il 63,5% dei dipendenti vorrebbe supporto a svolgere attività di meditazione o yoga e aiuto nel ricorrere ad uno psicologo, mentre il 38,2% ritiene che la meditazione lo aiuterebbe a gestire meglio lo stress. Per affrontare gli effetti delle sofferenze da lavoro è forte la richiesta di tempo: l’89,4% vorrebbe più tempo per sé stessi e le cose che piacciono, l’86,2% per stare di più con amici e parenti, il 78,9% per svolgere attività fisica, il 73,9% per svolgere attività culturali, il 79,0% per potersi riposare
Cosa conta nel lavoro
- Le dimensioni del lavoro che contano positivamente per il benessere soggettivo sono per il 94,6% dei dipendenti un buon rapporto con superiori e colleghi, cioè un buon clima aziendale; per il 93,1% la possibilità di operare con un certo grado di autonomia, per il 92,2% un riuscito bilanciamento tra vita privata e lavoro, per il 91,6% la flessibilità degli orari, per l’87,6% sentirsi valorizzati in azienda e per il 64,1% lavorare anche in smart working
Il contributo dell’azienda
- Il 63,5% dei lavoratori dipendenti pensa che l’azienda in cui lavora potrebbe fare molto per migliorare il suo benessere. Ne sono convinti il 77,2% dei dirigenti, il 62,3% degli impiegati e il 62,3% degli operai. Per il benessere poi contano anche le scelte individuali: il 66,7% dei lavoratori dipendenti ritiene che la conquista del benessere dipenda anche da quel che sceglie e decide di fare, dalla sua responsabilità individuale. Condivide questa idea il 61,5% dei dirigenti, il 64,6% degli impiegati e il 72,5% degli operai. Ma la responsabilità individuale non significa che i dipendenti siano convinti che si possa fare tutto da soli: oltre l’80% ritiene che Stato e istituzioni siano in grado di fare molto per migliorare le condizioni per il benessere psico-fisico individuale.
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