Pensioni, rivalutazione in arrivo nel 2025: ecco di quanto aumentano gli assegni

Economia
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Introduzione

Il prossimo anno la rivalutazione delle pensioni sarà più bassa rispetto a quest’anno: secondo i dati Istat sulla base dell’andamento dell’inflazione, l’aumento sarà dell’1,6%, percentuale più bassa rispetto a quel +5,4% visto all’opera nel corso di quest’anno. La rivalutazione al 100% sarà ad appannaggio esclusivo di coloro che percepiscono pensioni fino a 4 volte il minimo Inps, cioè fino a 2100 euro, per poi scendere secondo il meccanismo di indicizzazione differenziata.

 

Previsto anche un aumento delle pensioni minime, che salirà da 614,77 euro a 625,83 euro con la possibilità di un eventuale ritocco fino a 650 euro. È però possibile anche che venga aggiunto un limite d’età, per far sì che la spesa a carico dello Stato sia più contenuta. “Il sistema pensionistico italiano è assolutamente solido visto che è comunque garantito dallo Stato, e quindi non può fallire, e si poggia sul buon momento vissuto dal mercato del lavoro. E poi il sistema contributivo è sostenibile per definizione: tanto versi di contributi, tanto hai di pensione”, ha dichiarato la direttrice generale dell'Inps, Valeria Vittimberga

Quello che devi sapere

La rivalutazione delle pensioni

  • Nel 2025 ci sarà una rivalutazione delle pensioni inferiore alle attese. Secondo i dati Istat sulla base dell'andamento dell'inflazione, l’aumento previsto sarà dell’1,6%, decisamente più basso di quello utilizzato nel 2024, quando i dati tra il 2022 e il 2023 avevano portato la rivalutazione fino al 5,4%

 

Per approfondire: Pensioni, aumenti sugli assegni minimi a novembre: importi e date dei pagamenti Inps

Cos’è

  • Ma cos’è la rivalutazione delle pensioni? Si tratta di un meccanismo previsto dalla legge italiana che ha l'obiettivo di adeguare gli importi degli assegni all'inflazione. La quota viene aggiornata ogni anno per far sì che l'aumento del costo della vita non penalizzi i pensionati e il loro potere d'acquisto. In questo contesto i dati di riferimento sono quelli degli indici Istat, che monitorano l'andamento dei prezzi e dell'inflazione

Come funziona

  • Ovviamente non tutte le pensioni vengono rivalutate allo stesso modo: soprattutto gli importi più elevati subiscono una rivalutazione inferiore rispetto a quelli più bassi. Si parla infatti a questo proposito di indicizzazione differenziata, un meccanismo introdotto negli ultimi anni per garantire maggiore equità e salvaguardare chi riceve gli assegni più bassi, che si vedrà rivalutare completamente l'assegno, mentre le altre saranno rivalutate solo in modo parziale 

Come ha funzionato nel 2024

  • Il meccanismo ha portato a un aumento fino al 5,4% nel 2024 per le pensioni più basse. La rivalutazione è stata al 100% per le pensioni fino a 4 volte il minimo Inps (circa 2100 euro lordi al mese); al 90% per quelle tra 4 e 5 volte il minimo Inps (2100-2600 euro); al 75% per quelle tra 5 e 6 volte il minimo Inps (2600-3100 euro) e, infine, ridotta al 50% per quelle che vanno oltre 6 volte il minimo Ips (oltre 3100 euro)

Come funzionerà nel 2025

  • Ma come funzionerà nel 2025? Come detto, cambia la percentuale di rivalutazione, che sarà dell'1,6%, ma non cambia lo schema di indicizzazione differenziata già visto negli ultimi anni. Quindi, per le pensioni fino a 4 volte il minimo Inps (fino a circa 2.100 euro lordi) ci sarà una rivalutazione completa dell'1,6%. Per le pensioni tra 4 e 5 volte il minimo Inps (tra 2.100 e 2.600 euro) l'aumento sarà pari al 90% dell'1,6%, cioè circa l'1,44% dell'assegno. Per le pensioni tra 5 e 6 volte il minimo Inps (tra 2.600 e 3.100 euro), l'aumento sarà ridotto al 75% dell'1,6%, quindi pari all'1,2% dell'importo della pensione. Per le pensioni superiori a 6 volte il minimo Inps (oltre 3.100 euro), l'aumento sarà 50% dell'1,6%, cioè lo 0,8% della cifra

Gli assegni minimi

  • Previsto anche un aumento delle pensioni minime, che dovrebbero passare da 614,77 euro a 625,83 euro, con la possibilità di un eventuale ritocco che potrebbe portare l’assegno fino a 650 euro al mese. Possibile, però, che venga aggiunto anche un limite di età, limitando così l'intervento e riducendo la spesa effettiva a carico dello Stato

Vittimberga: "Sistema pensionistico italiano è sostenibile"

  • "Il sistema previdenziale italiano è assolutamente sostenibile", ha dichiarato la direttrice generale dell'Inps, Valeria Vittimberga. La ragione è chiara: "Il sistema è sostenibile non solo perché è comunque garantito dallo Stato, e quindi non può fallire, ma anche perché è sostanzialmente solido. La solidità nasce dal momento di grande solidità del mercato del lavoro. Con l'entrata in vigore complessiva a regime del sistema contributivo il sistema diventa sostenibile per definizione. Tanto versi di contributi, tanto hai di pensione. Non c'è più un problema di lavorare per le generazioni successive. Il problema è quello di avere carriere non discontinue", ha concluso

La conferma di Ape sociale, Quota 103 e Opzione donna

  • Riguardo alle pensioni, sono presenti in Manovra anche Ape sociale, Quota 103 e Opzione donna, ma in misura diversa rispetto al passato.  Il primo prevede la possibilità di andare in pensione in anticipo, con 62 anni di età e 41 anni di contributi versati, imponendo però il ricalcolo contributivo. Per ora all’Inps sono arrivate molte meno domande del previsto: circa 7mila su una stima iniziale di 17mila. Ape sociale è invece un anticipo pensionistico che può essere ottenuto, una volta raggiunti i 63 anni e cinque mesi di età, dai lavoratori che si trovano in una situazione di svantaggio: disoccupati, care giver, persone con invalidità almeno del 74% e con almeno 30 anni di contributi, o impiegati in attività usuranti con almeno 36 anni di contributi. Opzione donna consente alle lavoratrici un pensionamento anticipato, ma solo a fronte di 35 anni di contributi e 61 anni di età (ridotti di un anno per ogni figlio, fino a un massimo di due anni)

Il bonus Maroni

  • Resta anche il bonus Maroni, che permette di rimanere a lavoro dopo aver raggiunto i requisiti per la pensione (62 anni di età e 41 anni di contributi); in tal caso sarà possibile chiedere al datore di lavoro di trasformare in stipendio la quota di contributi a loro carico per una percentuale del 9,19 della retribuzione. Un incentivo che potrebbe essere esteso anche a coloro che nel pubblico impiego decidessero di restare fino a 70 anni

La previdenza complementare

  • Ulteriore campo di intervento è una spinta alla previdenza complementare, dove si prevede l'introduzione di un semestre di silenzio assenso per destinare il Tfr ai fondi pensionistici

 

Per approfondire: Pensioni, novità Manovra (senza riforma): rivalutazioni e incentivi per restare al lavoro