Pnrr, poco personale nei Comuni: opere a rischio

Economia
Simone Spina

Simone Spina

Pochi, spesso anziani, non sempre qualificati. E' la fotografia dei dipendenti pubblici dei Municipi, che non riescono a stare dietro ai progetti del Piano Nazionale di Ripresa. Soprattutto al Sud, si rischia di non rispettare i tempi e di non riuscire a spendere i soldi che ci dà l'Europa

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Se non è un’emergenza poco ci manca. Soprattutto al Sud, la mancanza negli uffici pubblici di personale o di impiegati qualificati, potrebbe mettere a repentaglio l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa, finanziato coi soldi che l’Europa ci dà a rate solo se raggiungiamo periodicamente determinati obiettivi.

L'emorragia di personale

Sono circa 40 i miliardi del Pnrr destinati ai municipi, che in quindici anni hanno visto i loro uffici svuotarsi: gli organici si sono ridotti del 27 per cento fra il 2007 e il 2020. Un vuoto da colmare in fretta e con qualità.  A Palermo, ci dice l’ultimo studio della “Fondazione Con il Sud”, la percentuale di laureati fra i dipendenti comunali è meno della metà della media nazionale e a Catania, per fare un altro esempio, solo tre su 100 hanno meno di 50 anni.

L'allarme della Corte dei Conti

Non mancano i problemi nemmeno al Nord: a Cremona il mese scorso si sono visti recapitare una lettera della Corte dei Conti dove si dice che non è stato nominato un dirigente per controllare la realizzazione del Pnrr. I magistrati contabili, d’altra parte, da tempo lanciano l’allarme: l’ultimo l’estate scorsa, quando, scrivevano di “carenza di risorse umane qualificate” e “complessità burocratiche” che rallentano le opere previste.

3,2 milioni di dipendenti, età media 50 anni

Non è un mistero che la nostra macchina statale abbia bisogno di forze fresche. Un anno e mezzo fa il Ministero della Pubblica Amministrazione sottolineava il divario con gli altri Paesi europei e la necessità di reclutare giovani. Nei nostri uffici l’età media dei 3,2 milioni di dipendenti è di 50 anni, due decenni fa non arrivava a 44. Si punta ad abbassare un po’ l’asticella con le 156mila assunzioni previste quest’anno per sostituire chi va in pensione (turn over); poco meno di quelle del 2022, quando però non si è riusciti ad assegnare tutti i posti disponibili. Tra i motivi: stipendi bassi e bocciature ai concorsi.

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