Rincaro carburante, cosa può fare il governo per ridurre i prezzi. Oggi il Cdm

Economia

Lorenzo Borga

Le opzioni per il governo Meloni per tagliare i listini delle pompe di benzina sono limitate. Attesa per il Consiglio dei Ministri

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Il governo si riunirà questa sera per “valutare un intervento” sul rincaro dei listini alle pompe di benzina, come anticipato dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini. Un rialzo medio per ora in linea con il taglio delle accise di 18 centesimi al litro e non legato particolari mosse speculative da parte della filiera, secondo i dati ufficiali.

 

Le mani dell’esecutivo sono però legate dalla coperta corta delle risorse economiche. Il taglio pieno delle accise di oltre 30 centesimi al litro infatti costava alle casse dello Stato circa un miliardo di euro al mese, per un totale di 9 nel corso del 2022. Evidentemente troppo per un governo che ha già stanziato 21 miliardi sull’energia solo per i primi tre mesi dell’anno.

 

Per di più in Europa i paesi che hanno tagliato i prezzi del carburante l'hanno fatto proprio attraverso sconti temporanei delle tasse su benzina e gasolio. Come fatto da - per esempio - Belgio e Germania.

Ipotesi Iva

Le alternative per il governo Meloni sono quindi limitate. Si potrebbe per esempio intervenire sull’Iva, fissata al 22 per cento su benzina, gasolio e gpl mentre per il metano è stata ridotta al 5. Ma per farlo servirebbe trovare un accordo con l’Unione Europea, oltre al fatto che il costo per il bilancio pubblico sarebbe elevato se si volesse garantire uno sconto percepibile alla pompa.

L’accisa mobile

Un’altra soluzione potrebbe essere la cosiddetta accisa mobile. In sostanza uno sconto automatico sulle accise sul carburante determinata dal prezzo del petrolio. Se questo dovesse salire più di quanto previsto dal governo nella Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza, il maggiore gettito generato sarebbe automaticamente destinato a ridurre i listini. Lo strumento sarebbe operativo attraverso un decreto ministeriale, visto che la legge che l’ha introdotto nel 2007 è ancora in vigore. Un’ipotesi sostenuta anche da Fegica, la Federazione Italiana dei Gestori di Carburanti e Affini, che rappresenta i benzinai. Secondo il suo presidente, Roberto Di Vincenzo, sarebbe “la soluzione più indicata per affrontare il momento contingente” perché “altamente flessibile” escludendo “tagli draconiani, attualmente poco sostenibili” e “modula il valore dell’accisa, in funzione anticiclica all’andamento del mercato, compensando eventuali tensioni al rialzo che producono extra gettiti di IVA non previsti”.

 

Ma, appunto, per attivare questo strumento è necessario che il prezzo del petrolio superi le aspettative. Oggi invece sembra vero il contrario: il greggio è sceso dai massimi del 2022 per via del rallentamento economico. La Nadef stimava il prezzo medio del Brent a quasi 90 dollari al barile per l’anno in corso, mentre oggi è vicino agli 80 dollari. Se questi prezzi persistessero, invece che un extra-gettito per lo Stato si creerebbe un buco di bilancio che andrebbe finanziato.

Bonus carburante

In alternativa, per seguire l’indicazione europea di favorire aiuti mirati ai consumatori più in difficoltà, il governo potrebbe introdurre un bonus carburante per le famiglie meno agiate, per esempio attraverso l’indicatore Isee. Sarebbe tuttavia complicato dare accesso al bonus in tempi brevi: bisognerebbe mettere in piedi una piattaforma digitale che possa rimborsare le spese per il carburante, il che richiederebbe almeno alcune settimane se non mesi.

 

Il governo potrebbe altrimenti fare in modo che siano i datori di lavoro a ristorare le famiglie. Attraverso per esempio i benefit aziendali che sono stati detassati prima dall’esecutivo Draghi e poi da quello guidato da Giorgia Meloni. Si tratterebbe però di un intervento limitato, che coinvolgerebbe solo i lavoratori dipendenti assunti da aziende che forniscono questo tipo di benefici.

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