Ladri di acqua, una miriade di gestori governa la rete idrica

Economia

Simone Spina

L'Italia è uno dei Paesi europei che spende meno soldi per l'acqua e uno dei motivi è legato ai tanti operatori esistenti. Sono più di 2.500, in molti casi di piccole dimensioni e direttamente controllati dai Comuni. La riforma avviata quasi trent'anni fa è ancora da completare

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Tubi, serbatoi, depuratori, fogne. Chi tiene le fila della rete idrica italiana? Una miriade di enti e società, spesso piccole realtà che fanno capo ai Comuni. Un quadro molto frammentato con oltre 2.500 gestori a governare l’acqua. Questo puzzle dimostra che quanto previsto dalle leggi non è stato applicato del tutto.

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La riforma incompleta

La riforma, avviata negli Anni ’90, prevede che in un determinato territorio, con tante città, ci sia un solo soggetto a seguire l’intero processo: dalla raccolta alla distribuzione fino allo smaltimento. A distanza di quasi trent’anni, quindi, il piano è incompleto: i gestori unici mancano in diversi distretti, soprattutto nel Mezzogiorno, e coprono solo il 57 per cento dell’oro blu. Questa babele di enti sarebbe una delle cause della scarsità di investimenti e, di conseguenza, uno dei motivi del cattivo stato di salute del sistema idrico. La stragrande maggioranza degli operatori (83%) fa capo ai Municipi (per lo più nel Sud): in pratica si tratta di uffici pubblici con pochi soldi nel cassetto; il resto (17%) sono operatori industriali, ma la metà di questi sono di dimensioni ridotte e, in ogni caso, solo il 60 per cento di loro segue l’intero ciclo dell’acqua.

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Tariffe basse ma molte inefficienze

Il risultato è che in questo settore in Italia si spende poco rispetto al resto d’Europa. Per contro, le nostre tariffe sono tra le più basse: a Roma e a Milano l’acqua costa cinque volte meno di Berlino e Copenaghen. 

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La spinta a cambiare pagina

Ai pochi denari, però, corrispondono molte inefficienze: basti pensare alle perdite negli acquedotti. Anche per questo, nell'ambito del Piano di Ripresa legato al Recovery Fund, il Parlamento alla fine dell’anno scorso ha chiesto alle varie amministrazioni di verificare quanti di questi piccoli enti hanno i requisiti di legge per rimanere in piedi, prevedendo che – in assenza di motivi validi - entro settembre siano assorbiti dal gestore unico della zona.

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