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Lavoro e inflazione, accordo lontano su aumento salari

Economia

Simone Spina

Si cerca una soluzione contro l'impatto dell'aumento dei prezzi, che riduce il potere d'acquisto dei lavoratori. Ma governo, industriali e sindacati propongono ricette diverse. A Milano, intanto, è pronto un patto per il lavoro, che non interviene direttamente sugli stipendi, ma potenzia formazione e welfare

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Governo, imprese e sindacati sono d’accordo: bisogna mettere più soldi in tasca ai lavoratori, perché l’inflazione (al 6,5% a marzo), spinta dai rincari dell’energia e dall’incertezze legate alla guerra in Ucraina, si sta mangiando gli stipendi. In pratica, con gli stessi denari si comprano meno cose e quindi bisogna intervenire per adeguare i salari al caro-vita. Ma su come agire non c’è intesa.

Le ricette in campo

Per il ministro del Lavoro Andrea Orlando serve un patto: aiuti alle aziende per far fronte agli aumenti delle bollette in cambio dell’adeguamento dei contratti. In pratica, un incremento da concordare tra imprese e sindacati. Una posizione respinta da Confindustria: una strada del genere danneggerebbe le imprese, già in difficoltà per i maggiori costi di produzione, e per questo il presidente degli industriali Carlo Bonomi propone il taglio delle tasse sul lavoro, un intervento da 16-18 miliardi da attuare riducendo la spesa pubblica.

Le risorse a disposizione

Quello delle risorse è uno degli scogli più duri. I 5-6 miliardi a disposizione nel bilancio pubblico per famiglie e imprese sono ritenuti insufficienti dallo stesso Orlando. E dai sindacati, che chiedono al governo nuovo deficit, cioè altri miliardi da chiedere in prestito ai mercati, una circostanza su cui però bisogna muoversi con prudenza perché il previsto rialzi dei tassi d'interesse comporterà per il nostro Paese una maggior esborso per finanziarsi coi titoli di Stato.

Patto per il lavoro a Milano

Mentre un patto a livello nazionale non sembra vicino, si va invece verso un accordo sul lavoro a Milano. L’intesa tra Comune e parti sociali non interverrà direttamente sugli stipendi ma prevede una serie di misure per migliorare la formazione, un maggior impegno per favorire l’inserimento nel mondo del lavoro, sostegni per chi perde il posto e più servizi di welfare. Un esempio è quello degli asili in azienda, che potrebbero avviarsi negli uffici rimasti vuoti per lo smart working e che potrebbero essere aperti a tutti, non solo ai figli dei dipendenti.