ETS, il mercato dei permessi di emissione CO2

Economia

Giorgio Rizza

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Che cos'è e come funziona il mercato ETS, dove si scambiano i permessi di emissione della CO2

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Uno dei meccanismi all’interno della strategia dell’Unione europea per la tutela dell’ambiente è il sistema di scambio delle emissioni di CO2, ETS nell’acronimo in inglese. Molto complesso e articolato, può in estrema sintesi essere spiegato partendo dal principio che chi emette di più, paga di più. Istituito nel 2005, fissa un tetto alla quantità di gas serra che le grandi imprese energivore e gli operatori aerei possono emettere, ne sono coinvolte oltre 11mila in Europa, un migliaio in Italia. In questo modo vengono regolate circa la metà delle emissioni di carbonio del Vecchio Continente.

In pratica ogni anno le aziende devono disporre di tanti permessi di emissione, tante sono le tonnellate di CO2 che prevedono di liberare nell’ambiente. In alcuni casi li ottengono gratuitamente, ma per il resto devono ricorrere ad un vero e proprio mercato.

 

Il mercato ETS tra impennate e cali

Chi infatti, ad esempio, ha investito in forme di efficientamento energetico e non ha utilizzato tutte le sue quote, può tenersele da parte per il fabbisogno futuro, ma può anche cederle ad un’altra impresa che invece non ne ha più. Come se fossero azioni o altri asset finanziari, vengono vendute e acquistate mediante aste all'interno del limite stabilito. Lo scopo è quello di contenerne il numero e di conseguenza di tenere alto il prezzo per spingere a comprarne il meno possibile, puntando piuttosto alla riconversione verde. Dal 2021 infatti i permessi dovranno ridursi del 2,2% annuo con una corrispondente diminuzione di circa 55 milioni di quote, ma nell’ultima proposta di Direttiva europea si arriverebbe al -4,2%. Come tutti i mercati anche quello degli ETS ha avuto periodi di calo e impennate. Ma ora il presidente di Confindustria Carlo Bonomi ha puntato il dito contro la speculazione chiedendone la sospensione temporanea. A dicembre 2021, come rilevato dall’associazione degli industriali, gli ETS hanno toccato i 90 euro per tonnellata di CO2, dai circa 30 del gennaio dello stesso anno.

Se quotazioni così alte sono una formidabile spinta alla decarbonizzazione, rappresentano però anche maggiori costi per chi non ha innovato con tecnologie a ridotte emissioni e per le aziende che producono energia, possono rappresentare, secondo alcune stime, circa il 20% dei rincari che si ritrovano nelle bollette delle famiglie. All'inizio di marzo però il valore degli ETS è crollato del 30%. A spingere sulle vendite sta giocando un ruolo anche l'escalation della guerra in Ucraina, la salita delle materie prime e probabilmente l'intenzione al realizzo di operatori con portafoglio di proprietà russa alle prese con le sanzioni internazionali.

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