Colpa dei rincari dell'energia e del costo delle materie prime. E il peggio deve ancora arrivare, le aziende spiegano perché
Ce ne siamo accorti negli ultimi tempi facendo la spesa al supermercato. Tutto è iniziato dall’estate in poi, centesimo dopo centesimo il prezzo della pasta è aumentato costantemente e ora, davanti agli scaffali c’è da restare a bocca aperta di fronte al costo dell’alimento più amato e consumato dagli italiani. La colpa è certamente dei rincari dell’energia, non bastasse il caro bolletta che si sta per abbattere su tutti noi. Ma non solo. Il prezzo della pasta è alle stelle anche per l’aumento del prezzo del grano. Un insieme di fattori, dunque, che ha fatto sì che che un chilo di pasta che a settembre la grande distribuzione comprava a 1,10 euro, ora ne costa 1,40. Un rincaro che si abbatte sul consumatore finale. E il peggio arriverà per la fine del mese quando si prevede che il prezzo balzerà a 1,52 euro, con un rincaro dunque di ben il 38%.
Una pasta salatissima
A lanciare l’allarme sul Sole 24Ore è stato Vincenzo Divella, amministratore delegato dell’omonimo gruppo. "I primi 30 centesimi li abbiamo dovuti chiedere dopo l’estate, per far fronte all’aumento vertiginoso del costo della nostra principale materia prima, cioè il grano. Tra giugno e oggi, il prezzo del grano alla borsa di Foggia è cresciuto del 90%. Un rincaro che non avremmo mai potuto ammortizzare da soli, basta pensare che per noi la semola rappresenta il 60% di tutto il costo di produzione della pasta. Con l’arrivo dell’autunno, poi, ci si sono messi tutti gli altri rincari: il costo del cellophane è aumentato del 25%, il gas del 300%, l’elettricità anche. Per questo a gennaio abbiamo chiesto alla grande distribuzione altri 12 centesimi al chilo. Un aumento, questo, che dovrebbe diventare effettivo con il rinnovo degli ordini alla fine di questo mese".
La passione per la pasta di qualità
Se gli italiani, dovendosi fare i conti in tasca, sono disposti ad accontentarsi del discount per comprare un detersivo di marca sconosciuta oppure dei tovaglioli per la tavola poco reclamizzati, sembrano invece non voler rinunciare alla pasta di qualità, quella dei marchi più importanti. La domanda è: fino a quanto saranno disposti a spendere per mettere in tavola quella che amano di più? La grande distribuzione, che su pasta, farina, uova, latte ha margini inferiori rispetto ad altri prodotti, all’inizio ha fatto resistenza davanti agli aumenti avanzati dai produttori, ma poi è stata costretta a cedere. "L’unica cosa che ci ha chiesto - spiega Divella - è stata di spalmare gli aumenti con gradualità: i primi dieci centesimi in più a ottobre, i secondi a novembre, i terzi a dicembre. E ora la nuova quota".
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Il rischio di ulteriori aumenti
La situazione, tra l’altro, potrebbe persino peggiorare avverte Divella. “A dicembre gli stabilimenti produttivi si sono fermati per 15 giorni e nessuno ha comprato grano. Ma alla borsa merci di Bari, la prima che si è riunita dopo il capodanno, c’è stato un aumento del 6%. I pastifici riaccendono i motori, e subito il prezzo del grano risale. Poi c’è un’altra cosa che mi preoccupa: basterà il grano nazionale, fino a giugno? L'ultimo raccolto in Italia è stato buono, ma non siamo autosufficienti e lo compriamo in parte dall'estero, dove il raccolto è andato male e dove i prezzi della materia prima sono molto alti”.
La reazione dei consumatori
Di fronte ad una busta della spesa che diventa sempre più pesante, i consumatori reagiscono variando i consumi e preferendo acquistare sempre di più beni di prima necessità su cui la grande distribuzione ha margini risicati. Gli ultimi dati Istat relativi al mese di novembre evidenziano un chiaro calo congiunturale per le vendite al dettaglio: meno 0,4% in valore e meno 0,6% in volume. Guardando in particolare ai beni alimentari le vendite hanno segnato un meno 0,9% in valore e un meno 1,2% in volume.