Alta gioielleria, sostenibilità ed e-commerce: il futuro di un settore da 330 miliardi

Economia sponsorizzato
Foto: Bulgari

La pandemia da Covid-19 ha reso i consumatori sempre più attenti a temi come l’ambiente e la trasparenza aziendale, oltre ad aver dimostrato la necessità di uno sviluppo efficace delle piattaforme digitali, anche per un’industria dove il retail non può che rimanere centrale. L’esempio di Bulgari

Con un giro d’affari di 330 miliardi di dollari l’anno, l’alta gioielleria è uno dei settori trainanti del mercato del lusso. Il suo valore non è però solo economico. I cambiamenti culturali che i diversi Paesi del mondo hanno attraversato nei secoli si riflettono anche nel lavoro svolto sulle pietre preziose dagli artigiani. Un importante mercato globale quindi, ma anche un mezzo attraverso cui custodire tradizioni e leggere il passato e la storia delle società. Come molti settori, anche l’alta gioielleria ha subito i contraccolpi della crisi che la pandemia da Covid-19 ha inflitto all’economia mondiale. Secondo i dati elaborati dalla società di consulenza internazionale McKinsey, in collaborazione con la piattaforma dedicata al mondo della moda Business of Fashion, la flessione dei ricavi nel mondo dell’alta gioielleria dovuto al coronavirus è stato del 10-15% sul valore totale. La prolungata chiusura dei negozi, lo stop ai viaggi internazionali e la rinnovata consapevolezza dell’importanza di temi come sostenibilità e trasparenza hanno cambiato l’approccio dei clienti al mercato. Strategie di distribuzione e di comunicazione vanno ora ripensate, trasformando difficoltà in opportunità di crescita, senza perdere il valore che le tradizioni storiche e artigianali rappresentano. Il report sottolinea tuttavia la particolare resilienza del settore: da qui al 2025, l’industria crescerà del 3-4% ogni anno. Quali sono le sfide che dovrà affrontare?

Sostenibilità e generazione Z

In un contesto in cui si stima che il mercato dell’alta gioielleria dei grandi brand crescerà fino al 12% rispetto al periodo pre-pandemia, tra le linee principali che influenzeranno le scelte dei consumatori c’è la sostenibilità. Seguendo il trend attuale, secondo l’analisi di McKinsey, nel 2025 una percentuale compresa tra il 20 e il 30% delle vendite sarà influenzata dalla ricerca di prodotti sostenibili e tracciabili. Come al di fuori del settore dell’alta gioielleria, le fasce di popolazione più attente alla tematica sono le più giovani, in particolare la generazione Z: i nati tra la fine degli anni ’90 e la fine degli anni 2000. Se da un lato politiche societarie responsabili e trasparenti aiuteranno le grandi maison ad avvicinarsi ai nuovi 20enni e 30enni, un altro metodo per prendere contatto con questa generazione è attraverso il lavoro. Unire istruzione e placement, tramandando tradizioni artigiane, potrebbe essere una delle vie principali attraverso cui far breccia tra i gusti dei più giovani, attenti sì alla sostenibilità ma anche coscienti delle opportunità e del valore che l’industria del Made in Italy porta con sé.

E-commerce

Un altro aspetto che la pandemia da Covid-19 ha messo particolarmente in luce è quello della necessità di alternative digitali al classico modello del negozio di retail. Una necessità durante i lockdown, un’opportunità di espansione per il futuro. Il commercio dei gioielli dei grandi brand guarda a una crescita compresa tra il 25 e il 30% entro il 2025, per un totale di 80-100 miliardi di dollari. Nei prossimi quattro anni si stima che il mercato online andrà a coprire tra il 18 e il 21% degli introiti complessivi (+13% sul 2019). Tuttavia, più che in altri settori, nell’alta gioielleria l’esperienza dell’acquisto negozio è centrale nella scelta dei prodotti, per l’importanza che la qualità del servizio e il rapporto visivo e fisico con le pietre preziose rivestono. Se il negozio resterà quindi centro d’azione per il mercato, uno store digitale ben strutturato e con una comunicazione efficace permetterà ai brand di avvicinare target geografici e demografici di consumatori altrimenti lontani. La sfida sarà quella di bilanciare esperienza umana e digitale, rendendo la seconda il più simile possibile alla prima.

L’esempio di Bulgari

Chi ha intercettato e anticipato i trend in corso, quando ancora non erano strategie per superare gli strascichi della pandemia, è la storica maison romana Bulgari. Il brand fondato dall’artigiano greco Sotirio Bulgari nel 1884 ha aperto, nel 2017, la Bulgari Jewellery Academy, scuola di formazione interna a uno dei più importanti stabilimenti di alta gioielleria in Europa. La sede è a Valenza, Piemonte, centro del secolare distretto di oreficeria italiana. Qui vengono insegnate innovative tecniche di lavorazione senza però perdere la tradizione artigianale che dalla nascita accompagna Bulgari. Nel 2019 gli assunti giovanissimi erano già più di 200. Il brand ha poi stretto negli anni partnership con diversi istituti di formazione per promuovere artigianato italiano e coscienza ambientale. Insieme alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa sostiene gli studenti del Master in Gestione Ambientale ad affrontare temi come quelli dell’economia circolare e dell’innovazione dei prodotti. Bulgari partecipa poi alle iniziative che l’IME (Istituto dei Mestieri d’Eccellenza) organizza per far conoscere ai giovani diplomati le potenzialità italiane dell’artigianato, della creazione e della vendita di prodotti. Con la St Martins University of the Arts di Londra collabora invece al programma LVMH "Sustainability & Innovation in Luxury - Fostering Creativity", che ha l'obiettivo di sostenere giovani talenti ponendo l'accento sulle materie dell'eco-design, della sostenibilità e dell'innovazione. Anche il percorso verso un mercato integrato tra retail e digitale ha radici in tempi non sospetti: il primo negozio on-line di Bulgari apre nel 2007. Negli anni l’e-commerce si è sviluppato in Stati Uniti, Canada, Cina, Giappone, Regno Unito, Germania, Spagna e Australia, a cui -da giugno 2020- si sono aggiunti Italia, Francia, Corea, Messico e Brasile, Singapore ed Emirati Arabi. Sul fronte della sostenibilità aziendale, oltre al programma LIFE di LVMH - che dal 2012 ha inserito le politiche ambientali tra le priorità del brand - nel 2017 Bulgari ha dato vita all’Alleanza per l’Economia Circolare. Insieme ad altre 16 imprese italiane ha preso l’impegno di sfruttare al massimo le potenzialità dei modelli produttivi circolari. Gli stessi obiettivi di CSR di Bulgari contribuiscono al conseguimento di quelli dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile dell’ONU. La storia di Bulgari, dal 2013 sotto la direzione creativa di Lucia Silvestri - entrata in azienda appena 18enne, quando lavorava nel reparto di gemmologia- è protagonista del documentario Magnificent, trasmesso in esclusiva su Sky Arte (canale 120) mercoledì 3 novembre.

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