In autunno molti italiani potrebbero tornare al lavoro in presenza. Non solo nel pubblico impiego ma anche nel privato. Allo studio l'estensione del green pass. Ma sono molti i nodi da sciogliere: modalità, percentuali, misure di sicurezza
Non più di tre su venti in smart working. E’ questa la misura massima (il 15 per cento) di lavoro agile fra i dipendenti pubblici che vuole il ministro della Pubblica Amministrazione. Perché così, sostiene Renato Brunetta, si darà una scossa alla ripresa economica e si riuscirà a smaltire gli arretrati.
Tutto questo dovrebbe avvenire da ottobre e, quindi, prima della fine dello stato di emergenza sanitaria, valido fino a dicembre. C’è da dire che nel pubblico impiego già non restano a casa medici e infermieri (per i quali c’è l’obbligo del vaccino), gli insegnanti (questi ultimi devono avere il green pass) e la maggior parte delle forze dell’ordine. Dalla scorsa primavera, inoltre, per tutti gli statali è caduta la regola per cui almeno la metà doveva stare in remoto.
Ma l'autunno potrebbe segnare il ritorno in ufficio anche per chi è nel settore privato. La quota di smart working nelle aziende, secondo l’Istat, è passata dal 5 per cento del periodo precedente al Covid, al 47 per cento durante il lockdown del 2020, per assestarsi a poco meno di un terzo (30%) nei mesi successivi.
Si tratta di milioni di italiani per i quali bisogna ora capire le modalità e le percentuali di rientro; quali misure di sicurezza ci saranno e quale sarà l’evoluzione dei contagi.
Per questo, il ritorno in presenza, invocato nel governo per evitare nuove chiusure, e sul quale è aperto il confronto coi sindacati, s’incrocia con il green pass, che nelle prossime settimane dovrebbe essere esteso a tutto il pubblico impiego e a chi lavora in quei settori - come la ristorazione, le palestre e i trasporti a lunga percorrenza – dove già la carta verde è chiesta ai clienti.
Senza escludere, come ha fatto capire il premier Mario Draghi, che si possa arrivare all’obbligo vaccinale.