Sospesi gli aiuti internazionali all'Afghanistan: con che soldi governeranno i talebani?

Economia

Lorenzo Borga

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I paesi occidentali e il Fondo Monetario Internazionale hanno sospeso gli aiuti all'Afghanistan. I talebani dovranno trovare (e in fretta) fondi alternativi per governare il paese. Lo SkyWall

Ora che i talebani hanno preso con la forza il controllo dell'Afghanistan dovranno governare il paese. Una sfida non facile: si tratta di uno dei paesi più poveri del mondo, con un Pil di soli 20 miliardi di dollari (pari in sostanza a quello di una piccola regione italiana). Peraltro l'economia afghana, dall'invasione in poi, è sempre stata fortemente sostenuta dagli aiuti internazionali.

Un'economia dipendente dall'estero

Secondo la Banca Mondiale nel 2020 gli afflussi di denaro dall'estero valevano il 43 per cento del Pil. Mentre la spesa pubblica era finanziata fino al 75 per cento dai prestiti agevolati stranieri.  Soldi che ora non saranno più disponibili ai talebani, il cui regime non sarà riconosciuto dalla comunità internazionale (almeno da quella occidentale). Come è accaduto per i circa 450 milioni di dollari che dovevano arrivare dal Fondo Monetario Internazionale entro qualche giorno, e il cui finanziamento è stato sospeso.

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Timore inflazione

La presa del potere da parte dei talebani pone inoltre dei problemi anche alla stabilità finanziaria e monetaria del paese. La banca centrale afghana - come ha spiegato il suo ex governatore, Ajmal Ahmady, ora rifugiatosi all'estero -  non avrebbe più a disposizione i circa 9 miliardi di dollari di riserve monetarie. Gran parte di questi infatti si trovavano all'estero e sono stati congelati per impedirne l'accesso ai talebani. Ma una banca centrale priva di riserve rischia di non garantire la stabilità della valuta nazionale, in questo caso l'Afghani. Peraltro l'isolamento internazionale ha anche interrotto l'afflusso di dollari americani necessari per garantire la stabilità del cambio, visto che l'Afghanistan presenta un forte deficit commerciale con l'estero. E se l'Afghani dovesse perdere valore, l'inflazione nel paese potrebbe aumentare mettendo a rischio il potere d'acquisto delle famiglie. Le prospettive non sono rosee: diverse testimonianze da Kabul hanno riferito che esistono limitazioni ai prelievi di denaro dai bancomat e che diverse banche hanno terminato la liquidità.

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Quali sono le alternative

Le alternative che rimangono ai talebani non sono molte. Esclusi gli aiuti dall'estero (che, secondo alcuni analisti, potrebbero comunque arrivare da Russia o Cina), esistono sostanzialmente tre opzioni.

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Prima di tutto l'oppio, da cui deriva l'eroina. I talebani avevano promesso di interromperne la produzione, ma gli introiti del mercato della droga - grazie al quale il gruppo si è ampiamente finanziato in passato - non sembrano sacrificabili. L'Afghanistan è infatti sostanzialmente un narcostato, da cui parte tra l'80 e il 90 per cento dell'oppio a livello globale.

 

La seconda alternativa è sfruttare la posizione strategica del paese. Infatti, secondo un commento di Graeme Smith e David Mansfield pubblicato dal New York Times, il controllo delle dogane ha ampiamente foraggiato le casse dei talebani in passato.

 

La terza possibilità è far fruttare le risorse minerarie afghane. Un report del 2010 dell'esercito americano aveva stimato in 850 miliardi di dollari il valore dei minerali custoditi sotto il suolo afghano, in particolare ferro, rame, litio, cobalto e terre rare. Tutti materiali necessari alla produzione di device tecnologici e alla transizione ambientale. Le risorse sono state scarsamente utilizzate in passato a causa dell'instabilità del paese, per cui inoltre - secondo diversi esperti - i talebani potrebbero non disporre delle tecnologie d'estrazione.

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