Green Deal europeo, quanto costerà la necessaria transizione energetica?

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La proposta europa - "Fit for 55" - propone diverse misure tra cui lo stop alle auto a motore termico dal 2035. Ma forse ciò che potrebbe cambiare di più le nostre vite sono le novità sulle emissioni inquinanti.

Tra le proposte della Commissione europea per ridurre del 55 per cento la nuova CO2 entro il 2030 la misura forse principale è il potenziamento del mercato delle emissioni. Pare una questione tecnica ma il concetto è semplice: chi inquina di più, paga di più.

Chi inquina paga

Facciamo un esempio: un'azienda molto inquinante nel bilancio vede solo i propri costi economici, come gli stipendi dei dipendenti e il costo del materiale. Ma la sua attività produce un anche costo per l'intera collettività, inquinando l'ambiente. Tecnicamente si tratta di un'esternalità negativa. Per far sì che la singola azienda ne tenga conto, l'Ue le impone di pagare un permesso per continuare a inquinare. In modo che interiorizzi il costo sociale che produce. E c'è dell'altro: quello delle emissioni - europeo ma anche gli altri presenti in tutto il mondo (quello cinese ha appena aperto) - è un vero e proprio mercato (chiamato Ets), in cui chi inquina meno può vendere i propri permessi ad altre aziende che ne hanno bisogno, guadagnandoci. E così si incentivano i comportamenti virtuosi di chi riduce il proprio impatto.

Cosa cambia con la proposta Ue

Questo mercato sta ora per essere riformato, se passasse la proposta della Commissione "Fit for 55". Prima di tutto rientreranno nel mercato altri settori oggi esclusi, tra cui quello dei trasporti - aereo, marittimo e su strada - che secondo l'Ipcc rappresenta il 23 per cento delle emissioni globali. Il mercato Ets attuale infatti include solo circa il 50 per cento dell'impatto climatico dell'economia europea. È poi destinato ad aumentare il prezzo dei permessi, già oggi a livelli record, a causa della riduzione della quantità disponibile.

Quanto ci costa?

L'impatto sulle nostre vite sarebbe importante. Aumentare i costi di produzione di tutto ciò che compriamo ogni giorno incrementerà ovviamente le nostre spese. A partire dall'energia: l'ultimo balzello delle bollette è stato proprio in parte dovuto all'aumento del prezzo dei permessi europei di inquinare. Tanto che il governo italiano è intervenuto stanziando 1,2 miliardi per calmierare l'aumento, trovati proprio dal gettito della vendite di Ets. Per questo l’Unione Europea vuole destinare almeno 70 miliardi a compensare i costi sociali della transizione. La riforma rimescolerebbe le carte anche tra i settori economici: a mano a mano le industrie europee più inquinanti potrebbero scomparire per delocalizzare in stati meno costosi, causando perdite di posti di lavoro, con la speranza di crearne di nuovi grazie alla green economy, che è il perno del Recovery Fund (LO SPECIALE DI SKY TG24). Per affrontare il rischio di delocalizzazioni l'Europa vuole anche introdurre dazi al commercio di prodotti extra-Ue che vengono prodotti secondo standard ambientali inferiori. Secondo i commissari europei la transizione energetica che ci attende sarà "dannatamente difficile". Ma l'alternativa che il cambiamento climatico ci offre sarebbe ben più costosa e dolorosa, come ci mostrano le immagini che arrivano dalla Renania.

 

Ne ha anche parlato a Sky TG24 Business l'avvocato Lorenzo Parola, partner di Herbert Smith Freehills. Clicca qui per vedere la puntata integrale, in cui sono stati ospiti anche Giacomo Calef (Notz Stucki) e Luca Fantacci (Università Bocconi).

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