Recovery Fund, chi decide come spendere i soldi

Economia

Simone Spina

Primi miliardi in arrivo a luglio. Una cabina di regia a Palazzo Chigi coordinerà le risorse e il ministero del Tesoro si occuperà del rendiconto. A gestire i denari sarà lo Stato centrale

Spendere bene e alla massima velocità i soldi europei del Recovery Fund. L’imperativo, ripetuto come un mantra da Mario Draghi, come si tradurrà in concreto? Nelle mani di chi arriveranno gli oltre 190 miliardi destinati all’Italia col programma di aiuti contro la crisi causata dal Covid?

In poche parole, possiamo rispondere che questa montagna di fondi, diluita da qui al 2026, finirà nelle casse pubbliche. Sarà lo Stato e, precisamente il governo, a decidere a quali ministeri, Regioni e Comuni dare questi quattrini (diluiti fino al 2026) in modo che siano spesi per realizzare i quasi mille progetti presentati a Bruxelles.

E sarà il Tesoro, in concreto, ad assegnare le singole tranche di finanziamenti, tra sussidi e prestiti, all’interno di quella “cabina di regia” presieduta dal capo del governo e a cui parteciperanno, di volta in volta, i vari ministri a seconda del tipo di opera da finanziare.
 

Se, per esempio, si vogliono usare dei soldi per digitalizzare le imprese di un certo territorio, sarà coinvolto il ministro competente e i rappresentati degli enti locali interessati, che dovranno preparare il bando di gara una volta ottenuto il via libera da Palazzo Chigi.

Il governo centrale avrà anche il compito di controllare che le opere procedano a passo spedito: se i denari europei non verranno utilizzati infatti ritorneranno a Bruxelles.

Al ministero dell’Economia, intanto, si starebbe lavorando per scrivere il decreto che distribuirà la prima rata in arrivo a partire dal mese prossimo: poco meno di 25 miliardi.

Roma si è impegnata a spendere entro fine anno 15,7 miliardi, dei quali 1,91 per coprire esborsi effettuati nel 2020, e il resto per una serie di capitoli (105) già decisi.

Per alcuni di questi – come ha spiegato Draghi – l’assegnazione sarà sostanzialmente automatica, senza quindi necessità di gare d’appalto perché già ci sono le leggi.

E’ il caso delle agevolazioni fiscali per le imprese (Transizione 4.0) che investono in tecnologia (quest’anno 1,7 miliardi) e il sostegno all’export (1,2 miliardi nel 2021).

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