Server Pa, 95% non sicuro: governo cerca partner privato per il polo unico entro il 2021

Economia

In un mondo in cui la connettività e la sicurezza informatica sono sempre più importanti, il governo ha presentato la sua strategia per rinnovare i server della pubblica amministrazione.

Quante volte abbiamo inserito i nostri dati su un form online per rifare la carta di identità, prendere un appuntamento in un ufficio pubblico oppure prenotare il vaccino? Il governo è intenzionato a evitare la duplicazione di richieste dei nostri dati anagrafici, in virtù del principio “once only”, una volta sola. I server della pubblica amministrazione dunque dovrebbero diventare più sicuri e imparare a parlarsi fra di loro.

 

Una regola che è stata stabilita per legge dal 2012, ma mai divenuta pienamente realtà. Per riuscirci il governo Draghi ha dedicato due miliardi e mezzo del Recovery Fund. Oggi infatti secondo l’Agenzia per l’Italia Digitale il 95 per cento dei circa 11mila data center non raggiunge i requisiti minimi di sicurezza, affidabilità, capacità elaborativa ed efficienza. E abbiamo imparato dal caso dell’oleodotto americano attaccato dagli hacker per ottenere un riscatto l’importanza della cybersicurezza delle infrastrutture nazionali.

 

Per farlo il ministro Vittorio Colao pensa a una doppia strategia: da una parte costruire una nuova casa per i dati più sensibili il Polo Strategico Nazionale da affidare sulla base di un partenariato pubblico privato. Si tratterà di un insieme di quattro data center sul territorio italiano, la cui governance sarà pubblica e la gestione affidata entro il 2021 a privati, probabilmente i grandi giganti americani in collaborazione con aziende italiane. Si parla di Amazon e Microsoft, in collaborazione con realtà italiane come Leonardo e Tim. Nel nuovo polo da settembre 2022 confluiranno i dati della difesa, della salute, quelli fiscali e dei 280 enti centrali più grandi. Le altre pubbliche amministrazioni più piccole potranno invece decidere anche di rimanere in proprio, come accade ora, ma entro fine 2024 dovranno rivolgersi a fornitori preventivamente certificati come sicuri e affidabili.

 

Oggi il mercato del cloud è in mano ai giganti del web americani, seguiti da quelli cinesi. Una condizione pericolosa per l’Europa, priva di giganti tecnologici domestici a cui affidarsi e costretta dunque a rivolgersi a partner extra-europei che rispondono ai rispettivi governi.

market share cloud

Le aziende americane infatti, secondo il cloud act del 2018, sotto richiesta di un giudice sono costrette a fornire al governo i dati digitali in loro possesso, anche se i server non si trovano sul territorio americano. Per quelle cinesi il legame con il regime di Pechino è ancora maggiore, visto che la Repubblica Popolare Cinese non è una democrazia.

 

Anche per questo l’Europa, su iniziativa franco-tedesca, ha lanciato Gaia X, un consorzio di aziende che punta a rendere il continente sovrano per il controllo dei dati. D’altronde la guerra dei dati è solo alle porte, e il governo italiano punta a portarli al sicuro prima che sia troppo tardi.

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