Le norme ipotizzate col Decreto Semplificazioni potrebbero essere ritirate. Erano state pensate per velocizzare le opere pubbliche da finanziare con i fondi europei del Recovery Fund. Contestate da una parte della maggioranza e dai sindacati perché favorirebbero la criminalità e abbasserebbero la sicurezza dei lavoratori
Era attesa per il 20 maggio, ma quella che è stata definita la “prima pietra miliare” del Recovery Plan Italiano non è stata ancora posata.
Del decreto Semplificazioni, pensato per velocizzare la burocrazia e far partire rapidamente le opere coi soldi europei, ci sono ancora solo le bozze. Che hanno infiammato i sindacati, l’ala sinistra della maggioranza e una parte dei Cinque Stelle, per la sostanziale liberalizzazione degli appalti pubblici, appoggiata invece dalla Lega.
Le norme più contestate dovrebbero essere rinviate. In un appalto, quindi, a vincere la gara sarebbe l’impresa che propone l’offerta economicamente più vantaggiosa, cioè un mix di assicurazioni tecniche e di spesa, e non – come ipotizzato - chi presenta semplicemente il prezzo inferiore, il cosiddetto “massimo ribasso”.
Per i subappalti, poi, resterebbe il vincolo del 40% dei lavori totali, peraltro bocciato in passato dall’Europa. Così, chi si aggiudica il cantiere non potrà - come invece ventilato - affidare i lavori a più aziende senza alcun limite.
Incerto, il destino dell’affidamento diretto: l’idea del governo è di allargare le maglie per assegnare gli appalti più piccoli senza asta.
Tutto questo è stato pensato per far viaggiare rapidi i cantieri in un Paese dove le scartoffie rallentano le ruspe, ma il rischio paventato è quello di aprire la strada alla criminalità e di ridurre la sicurezza dei lavoratori.
Insomma, il decreto Semplificazioni si è complicato ma non dovrebbero trovare intoppi le altre misure: dal Superbonus al 110% alla valutazione di impatto ambientale, passando per le autorizzazioni per le infrastrutture energetiche e delle telecomunicazioni, ci dovrebbero essere meno ostacoli da superare.