Il condono delle cartelle vale fino a 58 miliardi di euro. Ma molti di questi soldi, purtroppo, non sarebbero potuti essere recuperati dall'erario. Lo Skywall
Quello contenuto nel decreto "sostegni" è un condono. Parola del presidente del Consiglio Mario Draghi. In passato sono stati pochi i governi che hanno usato questa parola: spesso sono stati scelti termini più accattivanti, come "pace fiscale", o "rottamazione".
Il condono contenuto nel decreto - quello sulle cartelle esattoriali tra il 2000 e il 2010, di valore fino a 5mila euro per chi ha dichiarato nel 2019 un reddito di al massimo 30mila euro - è il più imponente dal 2016. La storia dei condoni in Italia è lunga: secondo la Banca d'Italia dall'Unità d'Italia ce ne sono stati almeno 80. E da allora altri ne sono seguiti.
Come mostra il primo grafico, con i condoni sulle cartelle esattoriali tra il 2016 e il 2020 - tra cui le varie rottamazioni, il saldo e stralcio e lo stralcio sotto i 1000 euro - si era arrivati al massimo a cancellare 32 miliardi di debiti fiscali (fonti Corte dei conti e Agenzia delle Entrate). Il decreto "sostegni" invece ne ha condonati fino a 58 miliardi, secondo la stima di Sky TG24 basata sui dati della relazione tecnica. Stime ufficiali dal governo ancora non ne sono state pubblicate.
La misura però costerà al bilancio pubblico molto meno. Sempre nella relazione tecnica infatti si legge che il condono delle cartelle costerà, tra il 2021 e il 2025, "solo" 666 milioni di euro. Una cifra molto più bassa rispetto ai debiti fiscali condonati. La ragione è che dei debiti fiscali degli italiani la gran parte non è più recuperabile. I numeri forniti ogni anno dall'Agenzia delle Entrate spiegano bene questa condizione, rappresentata nel secondo cartello.
Dei più di 950 miliardi di euro che rappresentano il credito fiscale dell'erario, il 45 per cento è dovuto da soggetti nei confronti dei quali sono state già tentate, senza successo, azioni di recupero. Il 41 per cento fa riferimento a debitori falliti, nullatenenti o deceduti (o nel caso delle aziende, chiuse). Ci sono poi le cartelle sospese (5 per cento) e quelle rateizzate (2 per cento). Così rimane solo il 7 per cento del credito, vale a dire 74 miliardi di euro, su cui l'Agenzia delle Entrate ritiene ci siano effettivamente speranze di recupero. La situazione, peraltro, non sta migliorando: la quota di debiti in mano a soggetti falliti, deceduti o nullatenenti è aumentata del 24 per cento rispetto al 2015; quella di debitori su cui è già stata tentata un'azione di recupero invece è salita del 29 per cento.