Salario minimo, Di Maio: "È il prossimo passo". Ocse frena: "Non è la soluzione"

Economia
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Il vicepremier ha confermato la volontà di "restituire dignità a circa 3 milioni di lavoratori sottopagati". L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico però ribatte: "Si tratta di uno strumento con alcune potenzialità ma anche con alcuni limiti"

"Ora il prossimo passo è il salario minimo. Restituire dignità a circa 3 milioni di lavoratori sottopagati. È una legge presente in tanti paesi europei e l'Italia non può restare a guardare". Queste le parole del vicepremier Luigi Di Maio durante l’incontro con i ministri del M5s a Palazzo Chigi. Un summit seguito da un’ulteriore riunione (con la prima firmataria della proposta, Nunzia Catalfo, con la viceministra al Mef, Laura Castelli e con i tecnici della materia) durante il quale il leader del M5s ha messo sul tavolo una prima proposta sulla riduzione del cuneo fiscale da inserire nella prossima legge di bilancio. Sarebbe invece di 4 milioni di lavoratori, secondo le stime emerse nel corso della riunione, la platea che potrebbe usufruire del salario minimo. Posizioni scettiche arrivano però dall’Ocse ("Non è la soluzione alla questione salariale italiana o ai problemi del mercato del lavoro italiano") e dall'Istat (per cui la misura comporterebbe un aggravio per le imprese).

Garnero (Ocse): "Strumento legittimo ma con dei limiti"

Nel corso di un'audizione sul tema del salario minimo in commissione Lavoro alla Camera, Andrea Garner, economista del dipartimento lavoro e affari sociali dell'Ocse chiarisce: "È uno strumento legittimo, interessante, con alcune potenzialità ma anche con alcuni limiti". Poi aggiunge: "Una forma di salario minimo esiste in gran parte dei Paesi Ocse ma non in Italia, dove però non c'è il Far West, visto che i quasi 900 accordi a livello di settore coprono pressoché la totalità". Tuttavia, dice Garnero, "i contratti collettivi non sono sempre rispettati: stimo che il 12% dei lavoratori sia sottopagato, più al Sud che al Nord". Infine, interpellato sulle cifre, conclude: "Un salario orario minimo fissato a 9 euro lordi sarebbe al momento il più elevato tra i Paesi Ocse" e "anche della maggioranza dei contratti collettivi esistenti". La cifra di cui si parla in Italia è quindi, sottolinea l'economista, "molto elevata".

Istat: "Salario minimo, ricaduta da 700 mln sulla p.a"

Sul tema è intervenuta anche l’Istat secondo cui l’eventuale salario minimo a 9 euro porterebbe a una ricaduta sulla pubblica amministrazione di "quasi 700 milioni, precisamente 698 milioni di euro". Dall'audizione dell’Istituto di statistica in commissione Lavoro alla Camera è emerso inoltre che "i consumi finali delle amministrazioni pubbliche, corrispondenti agli acquisti di beni e servizi da parte dell'operatore pubblico che vanno alle famiglie in forma di trasferimenti sociali in natura, aumentano di 472 milioni, mentre l'incremento degli acquisti per consumi intermedi delle amministrazioni pubbliche è pari a 226 milioni", spiega il presidente Blangiardo. Lo stesso ha però fatto notare che non tutti i circa 700 milioni finirebbero in indebitamento: bisognerebbe tenere conto anche delle entrate derivanti da un aumento del monte salariale. In ogni caso, per le imprese di tratterebbe di un aggravio: "L'analisi dell'impatto dell'incremento retributivo medio annuo stimato sugli aggregati economici delle imprese con dipendenti (circa 1,5 milioni) consente di evidenziare un aggravio di costo pari a circa 4,3 miliardi complessivi, che, se non trasferito sui prezzi, porterebbe a una compressione di circa l'1,2% del margine operativo lordo".

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