Le Banche di credito cooperativo tra riforma e controriforma

Economia

Mariangela Pira

BCC

Finanza & Dintorni

Avrete sentito parlare della riforma Renzi/Padoan delle Banche di Credito Cooperativo, le cosiddette BCC. Ora la Lega propone una controriforma. Ecco cosa cambia. Per tutti. 

Dopo la Riforma è pronta la Controriforma. E il problema è che quest’ultima arriva fuori tempo massimo.

Parliamo delle banche di credito cooperativo ovviamente.

Inizio subito a dirvi della riforma. Voluta dall’allora premier Renzi, la riforma comportava l’aggregazione di tutte le banche di credito cooperativo.  Sono 280, in genere di piccole dimensioni,  e rappresentano il 10% del credito italiano. L’idea era quella di aggregarle facendole  aderire a tre grandi poli:  il gruppo Iccrea Banca, il gruppo di Cassa centrale banca, e  le altoatesine nel polo Raiffeisen. Un processo, questo, che è già in stato molto avanzato:  questione di settimane  e le banche di credito cooperativo dovrebbero deliberare l’intenzione di fondersi in questi gruppi. Iccrea ha già previsto una assemblea a dicembre per esempio, entro la fine del mese. 

Ma i giochi sembrano tutt’altro che fatti.

La Lega infatti ha presentato un emendamento al decreto fiscale che cancellerebbe l’obbligo (ecco quella che definisco controriforma): partecipare a questi grossi poli aggregativi diventerebbe  facoltativo, a patto di rispettare una serie di altre condizioni.  Nel dibattito su banche che da sempre danno un contributo importante al territorio anche la possibilità di essere garantite da forme mutualistiche di garanzie in caso di guai.

Quello del credito cooperativo è da sempre  un dossier delicato, per  il rapporto tra politica e finanza nei territori e le questioni legate alla vigilanza e alla gestione di questo genere di istituti.

Stando ad alcune fonti si ipotizza di circoscrivere l’operazione al solo Trentino Alto Adige, guardando al modello tedesco delle Sparkassen e Volksbanken, oltre 1.500 e che gestiscono il 44% dei prestiti erogati nel paese. Perché la Lega guarderebbe a questo modello? Perché queste banche tedesche non ricadono sotto la vigilanza della BCE.

Non solo. In Germania (le Sparkassen e Volkbanken), Austria (banche Raiffeisen) e Spagna (Casse di risparmio) differiscono dai gruppi bancari e non sono direttamente oggetto della disciplina europea - ad esempio nella diretta europea sui requisiti di capitale questi gruppi non sono neppure citati - né degli accordi di Basilea. 

Le banche italiane in qualche modo confrontabili con quelle di cui sopra, le banche di credito cooperativo appunto di cui si parla in questi giorni, rientrano invece pienamente nella normativa europea anche per quanto riguarda i requisiti di capitale e di liquidità. Non solo: se dovesse passare la riforma Renzi/Padoan, trasformandosi in banche significativesarebbero direttamente vigilate dalla BCE sulla base dei requisiti più stringenti in termini di capitale (che sono previsti per le banche di maggiori dimensioni). 

Pare dunque ci siano due pesi e due misure per una diversa applicazione della direttiva della banca centrale locale. Forse la Lega, con la nascita di tre gruppi di BCC italiane, la conseguente rigida vigilanza della BCE e lo spread a oltre 300, teme un’ulteriore stretta del credito a favore delle piccole e medie imprese? Chissà. La situazione al momento è questa. 

 

 

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