Cir: la proposta per riportare il debito in mano alle famiglie

Economia

Mariangela Pira

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Finanza & Dintorni 

Oggi vi parlo di Cir, o di Conti individuali di risparmio. Nella proposta del governo sono gli sturmenti che permetteranno di riportare il nostro debito pubblico in mano alle famiglie italiane. E parto da quanto fece Tokyo! Per tutti. 

Le donne giapponesi sono attratte solo dagli uomini che comprano i titoli di stato”. Non è una serie tv eh? E' una campagna pubblicitaria del governo giapponese del 2010, la cui foto vedete in copertina del mio blog odierno. Spingeva i cittadini a comprare i bond governativi del paese (leggete qui: https://www.theatlantic.com/business/archive/2010/06/japan-men-who-buy-government-bonds-are-super-sexy/58249/). Una pubblicità importante in un paese, il Giappone, il cui debito pubblico è più elevato del nostro e per la gran parte in mano alle famiglie. Che poi è l’obiettivo dell’esecutivo: riportare il nostro debito pubblico in mano alle famiglie italiane per dipendere meno dai mercati.

Come? Con un nuovo strumento chiamato CIR, ovvero Conti individuali di risparmio. La proposta, che tra gli autori vede il leghista Armando Siri, prevede che ogni cittadino possa investire fino a un massimo di 3 mila euro l’anno in titoli di stato con scadenza minima quinquennale. A livello nazionale i CIR non potranno superare i 15 miliardi in totale ogni anno. Questi denari verrebbero usati dal governo per investimenti in infrastrutture: dalle scuole alle strade ai ponti.

Il governo è al lavoro per inserirli nel collegato alla legge di Stabilità e chi terrà i CIR avrà una serie di sconti fiscali: il rendimento non sarà tassato e una parte della somma investita (ad esempio il 23%) si potrà sottrarre dalle tasse. Gli sconti fiscali, come spiegato, verrebbero concessi solo a chi mantenesse i titoli nel cassetto fino alla loro scadenza naturale. Certo, restano alcuni punti interrogativi. Anzitutto non è detto che le famiglie italiane aderiscano a questa iniziativa. Gli investitori in titoli di stato infatti si concentrano molti sui rendimenti, seguendo la regola che più sono elevati più significa è rischioso investire in quegli strumenti. Le famiglie italiane potrebbero fare lo stesso ragionamento. Perché dovrebbero essere meno schizzinose degli investitori? Del resto, se negli anni ’80 le famiglie detenevano il 57% del debito, oggi hanno in mano direttamente appena il 6%.

Occorre poi  vedere se questa proposta sia ritenuta legale all’interno della cornice europea: può uno stato decidere di favorire un determinato tipo di investimenti rispetto a un altro, soprattutto se questo aiuta lo stesso stato a finanziare il suo debito? E nel momento in cui questi investimenti riguardano solo il debito italiano, è o non è restrizione alla libera circolazione dei capitali? Domande a cui si dovrà dare una risposta. 

Chi è a favore dell’iniziativa sostiene che questa misura permetterebbe la rimessa in moto di un circolo virtuoso tra risparmio e investimenti: le famiglie metterebbero al riparo dalle tensioni i loro risparmi, e lo Stato monetizzerebbe risorse non solo per finanziare il debito ma anche per fare gli investimenti necessari nelle infrastrutture. Rendendo meno temibile il famigerato spread, che ricordo essere la differenza tra quanto rende un titolo decennale tedesco (preso a punto di riferimento) e l'omologo italiano. 

 

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