La Via della Seta conduce all'Africa

Economia

Mariangela Pira

CinaDjibouti

La Cina accrescerà la sua presenza militare in Africa. Nel continente ha superato da tempo gli USA come primo investitore in assoluto. Potrebbe però sfruttare meglio il suo ruolo per contribuire a stabilizzare l'area del Nordafrica. 

Pechino aumenterà la sua presenza militare in Africa. Non stupisce, e fa il paio con il sempre più importante profilo economico e commerciale che sta assumendo nel continente. Stabilire relazioni più forti dal punto di vista militare significa proteggere le sue aziende in loco (oltre 10.000, ma sui numeri ufficiali cinesi meglio essere prudenti) certo, ma soprattutto guadagnare una maggiore influenza geopolitica. Instabilità e insicurezza rappresentano in ogni caso una minaccia per gli investimenti cinesi nel paese: da Boko Haram in Nigeria ad Al Shabaab in Somalia, da Al Qaeda nel Maghreb islamico ai combattenti islamici nel Nordafrica.

Il ruolo che l'Africa sta riscoprendo nell'economia globale è noto. Anche che tra gli attori emergenti ci sia la Cina è noto. Primo donatore, primo finanziatore nelle infrastrutture e nelle telecomunicazioni, primo per investimenti diretti nel paese. Mi raccontava un amico che lavora in Etiopia che i cinesi nel paese hanno costruito strade, autostrade, una linea metropolitana interna ad Addis Ababa e una linea ferroviaria veloce che la connette al porto di Djibouti. L'Etiopia non ha accesso al mare, l'unico è proprio tramite Djibouti e arrivarci era un'impresa perché il treno c'era ma la linea era stata interrotta. Grazie al prestito dei cinesi oggi le merci escono ed entrano dal paese molto più velocemente. 

Mi chiedo però sarà il ruolo della Cina nel supportare la stabilità dell'area, soprattutto nel Nordafrica. Un ruolo importante probabilmente, così come sottolineato spesso dall'ambasciatore italiano in Cina Ettore Sequi. "Pechino sta già intervenendo nella regione, dato che investire è un intervento a tutti gli effetti - ha spiegato Sequi - un'infezione di estremismo islamico potrebbe svilupparsi molto velocemente anche in paesi nordafricani che al momento fungono da cuscinetto e sono stabili. Non conviene a nessuno questo accada". Già non conviene a nessuno, tantomeno alle società cinesi che operano in Africa in questo momento.

P.s. Se volete saperne di più sulla Cina in Africa, sul come sono nate le relazioni tra i due paesi, vi consiglio "The Dragon Gift" di Deborah Brautigam, un libro accurato, scorrevole, pieno di aneddotica. 

 

 

 

 

 

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