Nel triangolo A1-A4-A13 esportazioni e fatturati a velocità doppia rispetto al resto del Paese
C'era una volta il triangolo industriale Milano-Genova-Torino, roba da boom del dopoguerra, roba da anni '60. Ora, nell'era del post crisi, la ricchezza si sposta verso Est, e l'area dello stivale con tassi di crescita quasi cinesi è sull'asse Milano-Padova-Bologna. Sul triangolo A1-A4-A13, i tir trasportano merci a pieno ritmo e l'aumento dei fatturati delle aziende corre a velocità doppia del resto del paese. Se l'italia non ha ancora ritrovato i livelli di ricchezza di prima della crisi (anzi, siamo oltre il 5% sotto), qui i distretti industriali migliori hanno abbondantemente raggiunto quei valori: dal 2008 al 2017, il modello del distretto industriale, in generale, si è rivelato più performante rispetto alle aree non distrettuali, con crescita del fatturato in doppia cifra.
Il ruolo di agroalimentare e meccanica
Da un recente studio di Intesa Sanpaolo, infatti, emerge il ruolo fondamentale dei distretti industriali: concentrazioni di piccole e medie imprese specializzate nella produzione di uno stesso bene o di beni simili tra loro, vicine di casa in un unico territorio dai forti tratti identitari, legate da una rete non solo economica, ma anche culturale. Un modello che sta producendo i numeri migliori nel nuovo triangolo industriale, soprattutto in due aree: agroalimentare e meccanica. Le eccellenze, per crescita di fatturato e redditività, vengono tutte da qui: l'occhialeria di Belluno, le gomme del bergamasco e i vini di Conegliano sono il podio dei tre distretti più trainanti. Non è un caso se Lombardia, Veneto ed Emilia siano le tre regioni che stanno trattando col Governo centrale nuove forme di autonomia fiscale e amministrativa.