Almaviva chiude ogni trattativa con i lavoratori della sede di Roma

Economia
Un momento della manifestazione dei lavoratori di ''Almaviva'' davanti al Ministero dello Sviluppo Economico, a Roma, 19 dicembre 2016.    ANSA/GIUSEPPE LAMI

Il referendum indetto il 27 dicembre dalla Cgil non basta: l'azienda spiega in una nota che non è possibile riaprire i negoziati per evitare il licenziamento di 1666 dipendenti. Il Ministero dello Sviluppo economico convoca in extremis un tavolo

Non c'è più tempo per i 1666 lavoratori romani di Almaviva: le trattative per cercare di rientrare nell'accordo tra governo e azienda e proseguire la vertenza fino a marzo 2017, sono ufficialmente chiuse. Ad annunciarlo è la stessa azienda che in una nota diramata nel pomeriggio del 28 dicembre ha fatto sapere che "l'ipotesi di attivare una trattativa supplementare, oltre che fuori da ogni logica ed in contrasto con il mandato di rappresentanza sindacale dichiarato, risulta inoltre legalmente e tecnicamente impossibile perché invaliderebbe l'intera procedura conclusa con la mediazione del Governo".

Incontro al Mise - Tuttavia un tavolo è stato convocato in extremis per giovedì mattina al Ministero dello Sviluppo economico per cercare una soluzione. Ad annunciarlo è stato il viceministro Teresa Bellanova.

 

 

L'intesa firmata da Napoli – L'accordo raggiunto tra il Ministero dello Sviluppo economico e i vertici del gruppo presieduto da Alberto Tripi era arrivato al termine di 75 giorni di trattative e offriva ai lavoratori delle sedi di Napoli e Roma di entrare da gennaio 2017 in cassa integrazione per tre mesi (gennaio a zero ore, febbraio al 70%, marzo al 50%) e l'impegno di arrivare entro marzo a una nuova intesa in grado di salvare i posti di lavoro a fronte di una riduzione dei costi e degli stipendi. Il 21 dicembre, a un giorno dalla scadenza dei termini, i sindacati partenopei hanno acconsentito alla firma da parte dei lavoratori, mentre le rappresentanze romane hanno continuato il braccio di ferro con Almaviva. Una decisione che aveva portato lo stesso ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, a commentare la scelta affermando che "non c'è alternativa ai licenziamenti".

 

Il tentativo del referendum – Il 27 dicembre, a cinque giorni dalla scadenza della proposta d'accordo, la Cgil ha organizzato un referendum tra i lavoratori capitolini nel tentativo di riaprire uno spiraglio per rientrare nell'intesa di proroga. La consultazione alla quale hanno partecipato 1065 dipendenti (il 63% del totale) già formalmente licenziati da Almaviva, ha visto vincere i 590 favorevoli a un ritorno al tavolo sui 473 contrari e i 2 astenuti. Tutto inutile secondo le posizioni assunte dall'azienda che, nella sua nota, ha dichiarato non esserci alcuno "spazio per modifiche agli accordi".

 

La chiusura di Almaviva – "Dopo 75 giorni di trattativa, nel rispetto di tempi e modi definiti dalla legge - durante i quali tutte le rappresentanze sindacali presenti hanno opposto un assoluto rifiuto ad affrontare il confronto di merito sulle proposte presentate da Almaviva Contact senza al contempo presentare alcuna alternativa -, il 22 dicembre si è conclusa la procedura di licenziamenti collettivi con la firma di un'intesa sulla base della proposta di mediazione del Governo", ha ricostruito la nota del gruppo industriale che ha inoltre ribadito come dal 22 dicembre, giorno della scadenza dei termini, "il sito operativo di Roma ha cessato ogni tipo di attività".

 

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