Facebook, la privacy non è più un retaggio del passato

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Con l'introduzione del check-up per controllare cosa condividiamo e con chi il social network fa un altro passo per aiutare gli utenti a gestire la riservatezza delle informazioni. Proprio quella che fino a poco tempo fa riteneva superata

di Raffaele Mastrolonardo

I tempi cambiano. E pure le persone e le aziende. Nel 2010 Mark Zuckerberg sosteneva, più o meno, che la privacy come norma sociale era in via di estinzione. Quattro anni e 200 miliardi più tardi deve avere rivisto le sue idee sull'argomento. A suggerirlo sono gli interventi portati avanti negli ultimi mesi sulle funzionalità che permettono agli utenti di gestire chi può accedere a quello che pubblicano sul social network. L'ultimo cambiamento – attivo da qualche giorno – consente di controllare e rivedere le proprie impostazioni di privacy con una semplicità e una chiarezza fin qui sconosciute al servizio. La mossa arriva dopo che negli anni l'azienda è incappata in vari passi falsi sul tema ed è entrata nel mirino delle authority nazionali sulla riservatezza dei dati. Ma più in generale, come è stato ricordato ancora recentemente, è l'atteggiamento degli utenti ad essere mutato verso una maggiore attenzione a quello che rivelano di sé online. E a questa tendenza Facebook, probabilmente, sente il bisogno di adeguarsi.

Un dinosauro per amico - L'ultimo tentativo dell'azienda per andare incontro alle esigenze degli iscritti al servizio ha preso le sembianze di un piccolo dinosauro blu. Seduto davanti ad un Pc o in piedi mentre armeggia con una plancia di comandi, l'animale è il simbolo del nuovo “check-up” della privacy ideato dagli uomini di Zuckerberg. Annunciato in questi giorni all'utente con un messaggio, è sempre raggiungibile cliccando sull'icona con il lucchetto in alto a destra, quella che conduce ai cosiddetti “Collegamenti rapidi per la privacy”, scorciatoie per accedere a queste specifiche impostazioni introdotte alla fine del 2012 in risposta ai rilievi della Federal Trade Commission americana. Oggi quella semplificazione diventa ancora più semplice. Una volta aperto il menu, la prima opzione offerta è proprio il piccolo dinosauro che permette, in tre passi, di rivedere in modo piuttosto rapido le principali preferenze su ciò che condividiamo e con chi.

Tre passi per la privacy - Il primo passaggio riguarda l'ampiezza della condivisione del “prossimo post” (e di tutti quelli successivi a meno che non si cambi nuovamente l'impostazione). Le opzioni sono le solite, si va dal concedere accesso solo agli amici fino alla pubblicazione totale, che rende il contenuto visibile a chiunque. In mezzo varie possibilità tra cui quella della condivisione selettiva: solo con certe persone o escludendo certe persone.



Il secondo passaggio riguarda le applicazioni a cui abbiamo consentito di accedere al nostro account. Si può decidere di eliminarle ma anche di limitare chi può vederle e chi può leggere i post che queste eventualmente pubblicano sul nostro diario.



Infine, il terzo grado del check-up riguarda il nostro profilo: lavoro, istruzione, interessi. Anche in questo caso, per ogni singola voce che abbiamo inserito possiamo decidere quale grado di condivisione adottare.



Tutte le attività - Obiettivo del check-up, come hanno spiegato i rappresentanti di Facebook, è quello di offrire la possibilità di rivedere in modo veloce le proprie impostazioni di privacy e, nel caso, intervenire. Secondo l'azienda, tutto il processo porta via complessivamente un paio di minuti ed è sufficientemente chiaro da soddisfare anche le esigenze degli utenti che hanno meno familiarità con il Web. Tuttavia, il dinosauro è solo un primo e generale passo. Controlli più selettivi e interventi più specifici possono infatti essere portati avanti anche attraverso altre funzionalità già presenti. Per esempio, il “Registro delle attività”, attraverso il quale è possibile monitorare il livello di accessibilità di tutto quello che facciamo sulla piattaforma, anche al di fuori del nostro diario: dai “mi piace”, ai commenti che lasciamo, ai post in cui siamo taggati. Per ciascuna azione o tipologia di contenuto il cruscotto mostra chi è in grado conoscere ciò che abbiamo fatto o scritto e, dove possibile, permette di intervenire.

Insomma, il ventaglio di strumenti si allarga e diventa anche più semplice e immediato per rispondere alle aspettative degli utenti e alle richieste delle authority. Segno che forse, a ben pensarci, lo Zuckerberg di qualche anno fa aveva ragione: le norme sociali sulla privacy sono in evoluzione anche se alla fine non sono andate nella direzione che immaginava lui.

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