Internet delle cose, un consorzio per accelerare lo sviluppo
Economia5 colossi americani si uniscono per promuovere le tecnologie e gli standard che permettono agli oggetti di scambiarsi dati via Internet. Un mercato che, nel 2020, varrà 300 miliardi di dollari. E che muove i primi passi anche in Italia
di Raffaele Mastrolonardo
26, 30 o 50 miliardi. Il numero di oggetti che saranno connessi alla rete nel 2020 oscilla tra queste cifre. Numeri diversi, forniti da differenti aziende e società di consulenza, ma concetto analogo: nel giro di pochi anni il mondo sarà invaso (e in parte già lo è) da una mole di materia “intelligente” in grado di trasferire e ricevere dati. In gergo si chiama Internet delle cose, se ne parla ormai da anni (l'espressione è stata coniata nel 1999) ma adesso le aspettative stanno raggiungendo il punto più alto e qualcuno lo considera uno dei fenomeni tecnologici più rilevanti del 2014. A conferma che il gioco si sta facendo serio è ora arrivato anche l'annuncio che alcuni colossi dell'elettronica americani hanno deciso di unirsi in un consorzio per favorire lo sviluppo e l'adozione di standard che consentano agli oggetti connessi di comunicare e scambiarsi informazioni.
L'unione fa la forza - Chiamata Industrial Internet Consortium, la partnership è stata lanciata da AT&T, Cisco, Ibm, General Electric, è aperta a tutte le aziende interessate (anche non USA) e punta a definire le soluzioni tecniche attraverso le quali le macchine possano effettivamente parlarsi. Come ha osservato il New York Times, si tratta di decidere, per esempio, attraverso quali tecnologie radio una strada possa automaticamente segnalare le condizioni del proprio manto. L'obiettivo più ampio è quello di darsi delle regole tecniche comuni da seguire per accelerare la diffusione dell'Internet delle cose, allo sviluppo della quale sembrano sempre più interessati anche i governi nazionali. In occasione dell'ultimo Cebit, una delle più importanti fiere europee dell'elettronica di consumo, il primo ministro inglese David Cameron ha annunciato nuovi investimenti nel settore per 45 milioni di sterline che, aggiungendosi a fondi già stanziati, portano il totale a 75 milioni.
Il valore economico – L'interesse di aziende e stati cresce proporzionalmente alla diffusione degli oggetti connessi. Secondo le stime di Cisco sarebbero già quasi 12 miliardi e sono desinati a salire fino a 50 nel 2020. Per la società di analisi e consulenza Gartner a quella data si arriverà invece a “soli” 26 miliardi di cose collegate a Internet, ma dalla stima sono esclusi dispositivi come computer, tablet e smartphone. Per ABI Research, infine, la cifra giusta, sempre per il 2020, è 30 miliardi anche se riguarda solo i dispositivi che saranno connessi attraverso tecnologie wireless. Le differenze nelle previsioni dipendono dalle diverse definizioni che si danno del concetto ma il significato di fondo non muta. In tutti i casi si descrive un fenomeno in forte ascesa, non solo dal punto di vista tecnologico ma anche economico. Secondo Gartner, le aziende che hanno a che fare con l'Internet delle cose fattureranno per il 2020 300 miliardi di dollari, mentre il valore aggiunto portato all'economia mondiale dalle soluzioni in questione sarà di 1,9 trilioni di dollari. L'Industrial Internet Consortium si propone di assecondare questa tendenza favorendo la creazione di un ecosistema al quale possano partecipare le società più disparate. “Città , reti energetiche, edifici, macchine stanno diventando più interconnesse e intelligenti e attraverso questo consorzio intendiamo accelerare sia l'innovazione che l'avanzamento tecnologico”, ha detto Ron Ambrosio di Ibm.
E l'Italia? - Nella corsa verso un mondo di cose collegate alla Rete anche il nostro Paese fa la sua parte. Secondo un rapporto del Politecnico di Milano presentato a febbraio, gli oggetti connessi attraverso reti wireless nello stivale sono 6 milioni, in crescita del 20 % rispetto al 2012. Il mercato italiano ha raggiunto, complessivamente, i 900 milioni di euro, + 11 % rispetto all'anno precedente e in controtendenza rispetto al comparto Ict generale che è invece calato del 4,3 % nello stesso periodo. A trainare il settore, sono le auto, che costituiscono il 46 % degli oggetti collegati attraverso tecnologie senza fili e hanno raggiunto i 2 milioni di unità. Si tratta, si legge nel rapporto, per lo più di vetture dotate di dispositivi per la localizzazione e la rilevazione dei parametri di guida a scopo assicurativo. Per una crescita ulteriore, suggerisce lo studio, c'è bisogno di sviluppare degli standard condivisi. Proprio quello che si propone il consorzio americano.
26, 30 o 50 miliardi. Il numero di oggetti che saranno connessi alla rete nel 2020 oscilla tra queste cifre. Numeri diversi, forniti da differenti aziende e società di consulenza, ma concetto analogo: nel giro di pochi anni il mondo sarà invaso (e in parte già lo è) da una mole di materia “intelligente” in grado di trasferire e ricevere dati. In gergo si chiama Internet delle cose, se ne parla ormai da anni (l'espressione è stata coniata nel 1999) ma adesso le aspettative stanno raggiungendo il punto più alto e qualcuno lo considera uno dei fenomeni tecnologici più rilevanti del 2014. A conferma che il gioco si sta facendo serio è ora arrivato anche l'annuncio che alcuni colossi dell'elettronica americani hanno deciso di unirsi in un consorzio per favorire lo sviluppo e l'adozione di standard che consentano agli oggetti connessi di comunicare e scambiarsi informazioni.
L'unione fa la forza - Chiamata Industrial Internet Consortium, la partnership è stata lanciata da AT&T, Cisco, Ibm, General Electric, è aperta a tutte le aziende interessate (anche non USA) e punta a definire le soluzioni tecniche attraverso le quali le macchine possano effettivamente parlarsi. Come ha osservato il New York Times, si tratta di decidere, per esempio, attraverso quali tecnologie radio una strada possa automaticamente segnalare le condizioni del proprio manto. L'obiettivo più ampio è quello di darsi delle regole tecniche comuni da seguire per accelerare la diffusione dell'Internet delle cose, allo sviluppo della quale sembrano sempre più interessati anche i governi nazionali. In occasione dell'ultimo Cebit, una delle più importanti fiere europee dell'elettronica di consumo, il primo ministro inglese David Cameron ha annunciato nuovi investimenti nel settore per 45 milioni di sterline che, aggiungendosi a fondi già stanziati, portano il totale a 75 milioni.
Il valore economico – L'interesse di aziende e stati cresce proporzionalmente alla diffusione degli oggetti connessi. Secondo le stime di Cisco sarebbero già quasi 12 miliardi e sono desinati a salire fino a 50 nel 2020. Per la società di analisi e consulenza Gartner a quella data si arriverà invece a “soli” 26 miliardi di cose collegate a Internet, ma dalla stima sono esclusi dispositivi come computer, tablet e smartphone. Per ABI Research, infine, la cifra giusta, sempre per il 2020, è 30 miliardi anche se riguarda solo i dispositivi che saranno connessi attraverso tecnologie wireless. Le differenze nelle previsioni dipendono dalle diverse definizioni che si danno del concetto ma il significato di fondo non muta. In tutti i casi si descrive un fenomeno in forte ascesa, non solo dal punto di vista tecnologico ma anche economico. Secondo Gartner, le aziende che hanno a che fare con l'Internet delle cose fattureranno per il 2020 300 miliardi di dollari, mentre il valore aggiunto portato all'economia mondiale dalle soluzioni in questione sarà di 1,9 trilioni di dollari. L'Industrial Internet Consortium si propone di assecondare questa tendenza favorendo la creazione di un ecosistema al quale possano partecipare le società più disparate. “Città , reti energetiche, edifici, macchine stanno diventando più interconnesse e intelligenti e attraverso questo consorzio intendiamo accelerare sia l'innovazione che l'avanzamento tecnologico”, ha detto Ron Ambrosio di Ibm.
E l'Italia? - Nella corsa verso un mondo di cose collegate alla Rete anche il nostro Paese fa la sua parte. Secondo un rapporto del Politecnico di Milano presentato a febbraio, gli oggetti connessi attraverso reti wireless nello stivale sono 6 milioni, in crescita del 20 % rispetto al 2012. Il mercato italiano ha raggiunto, complessivamente, i 900 milioni di euro, + 11 % rispetto all'anno precedente e in controtendenza rispetto al comparto Ict generale che è invece calato del 4,3 % nello stesso periodo. A trainare il settore, sono le auto, che costituiscono il 46 % degli oggetti collegati attraverso tecnologie senza fili e hanno raggiunto i 2 milioni di unità. Si tratta, si legge nel rapporto, per lo più di vetture dotate di dispositivi per la localizzazione e la rilevazione dei parametri di guida a scopo assicurativo. Per una crescita ulteriore, suggerisce lo studio, c'è bisogno di sviluppare degli standard condivisi. Proprio quello che si propone il consorzio americano.