Lavoro, si discute sulle possibili modifiche al decreto
EconomiaIl ministro Giuliano Poletti incontrerà i deputati del Pd, soprattutto quelli della minoranza, per cercare di trovare un’intesa sulla riforma. Sui contratti a tempo determinato il governo potrebbe concedere una diminuzione del numero di proroghe
Continua all’interno del Partito Democratico il dibattito sul decreto-lavoro, primo passo del Jobs Act di Matteo Renzi. Il ministro Giuliano Poletti ne discuterà nella serata di mercoledì 2 aprile con i deputati democratici, soprattutto quelli della minoranza. Il testo appena varato introduce novità importanti sui contratti a termine e sull’apprendistato, definiti dal premier “punti irrinunciabili”.
Tra le proposte, l’introduzione dei contratti a termine con durata massima fino a 36 mesi senza la necessità di indicare le motivazione per cui si ricorre ad un contratto a termine e a condizione che i dipendenti a tempo determinato non superino il 20% dei totali dell’azienda. Tra un contratto e l’altro, inoltre, non dovranno più intercorrere i 10 o 20 giorni di interruzionle previsti in precedenza. L’esecutivo considera questo punto un caposaldo della riforma, ma potrebbe concedere una diminuzione del numero di proroghe del contratto consentite (nel testo fissato a 8).
Sul fronte dell’apprendistato, si prevede il ritorno dell’obbligo della formazione pubblica delle Regioni, eliminando la "assunzione condizionata alla conferma in servizio di almeno il 30% degli apprendisti dipendenti al termine della formazione", prevista da Fornero.
Semplificazione resta la parola d'ordine del Jobs Act che nella prossima legge delega dovrebbe prevedere anche i contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti e l’abolizione della cassa integrazione, che verrebbe sostituita da un sussidio di disoccupazione universale.
Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti non intende cedere sull'estensione da uno a tre anni della durata del contratto a termine senza causale, mentre la minoranza del Pd ritiene che si possa trovare un punto di intesa su due anni.
"Siccome nessuno ricerca il muro contro muro, la prospettiva di un'intesa non appare così lontana. Dovrà solo maturare”, spiega. "Non vogliamo stravolgere il decreto ma pensiamo che si possa migliorare. D'altra parte è stato lo stesso Renzi a dirlo", risponde Cesare Damiano (Pd), presidente della Commissione Lavoro della Camera.
Tra le proposte, l’introduzione dei contratti a termine con durata massima fino a 36 mesi senza la necessità di indicare le motivazione per cui si ricorre ad un contratto a termine e a condizione che i dipendenti a tempo determinato non superino il 20% dei totali dell’azienda. Tra un contratto e l’altro, inoltre, non dovranno più intercorrere i 10 o 20 giorni di interruzionle previsti in precedenza. L’esecutivo considera questo punto un caposaldo della riforma, ma potrebbe concedere una diminuzione del numero di proroghe del contratto consentite (nel testo fissato a 8).
Sul fronte dell’apprendistato, si prevede il ritorno dell’obbligo della formazione pubblica delle Regioni, eliminando la "assunzione condizionata alla conferma in servizio di almeno il 30% degli apprendisti dipendenti al termine della formazione", prevista da Fornero.
Semplificazione resta la parola d'ordine del Jobs Act che nella prossima legge delega dovrebbe prevedere anche i contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti e l’abolizione della cassa integrazione, che verrebbe sostituita da un sussidio di disoccupazione universale.
Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti non intende cedere sull'estensione da uno a tre anni della durata del contratto a termine senza causale, mentre la minoranza del Pd ritiene che si possa trovare un punto di intesa su due anni.
"Siccome nessuno ricerca il muro contro muro, la prospettiva di un'intesa non appare così lontana. Dovrà solo maturare”, spiega. "Non vogliamo stravolgere il decreto ma pensiamo che si possa migliorare. D'altra parte è stato lo stesso Renzi a dirlo", risponde Cesare Damiano (Pd), presidente della Commissione Lavoro della Camera.