Lo studio presentato dal commissario Francesco Caio invita privati e governo ad intervenire sullo sviluppo delle connessioni del nostro Paese. Le possibilità di successo ci sono ma sono necessari investimenti per superare il ritardo
di Raffaele Mastrolonardo
Cauto ottimismo. Ma anche la constatazione che, senza ulteriori investimenti e un ruolo attivo da parte del governo, l'Italia non sarà all'altezza dei parametri di diffusione della banda larga fissati dalla Commissione europea. E' una conclusione a due facce quella a cui giunge il rapporto realizzato dal commissario per l'attuazione dell'Agenda digitale Francesco Caio e presentato oggi a Palazzo Chigi: sul brevissimo termine ci siamo, è il futuro meno prossimo ad essere incerto.
Da una parte infatti, secondo lo studio, sono già operativi i piani di investimento degli operatori che garantiranno uno sviluppo delle connessioni veloci nei prossimi 2-3 anni. Dall'altra, oltre quell'orizzonte, ci sarà bisogno di un “forte, sostenuto e continuo impegno” dell'esecutivo. Il messaggio finale è che tutti, pubblico e privato, dovranno rimboccarsi le maniche. “Serve una forte accelerazione", ha commentato il presidente del Consiglio Gianni Letta.
Obiettivi lontani – Comunque vada, non sarà una passeggiata. Secondo il rapporto - che è stato redatto da Caio insieme a Scott Marcus, già funzionario della Federal Communications Commisson americana, e Gerard Pogore, professore presso la Scuola superiore di telecomunicazioni francese – entro il 2017 il 50 % degli utenti probabilmente avrà a disposizione connessioni a 30 Mbps. Questo risultato, reso possibile dai piani già avviati dai maggiori operatori, non è però sufficiente a garantire il raggiungimento degli obiettivi Ue fissati per il 2020.
L'agenda digitale europea, infatti, si è data come traguardo il 100% delle connessioni a 30 Mbps entro quella data. Secondo le stime dello studio, allo stato delle cose l'Italia non potrà andare oltre una copertura del 70%, cosa che renderà “opportuni interventi aggiuntivi”. Ancora più difficile – secondo Caio – la corsa verso l'altro traguardo fissato dall'Europa: il 50% delle connessioni ad una velocità di 100 Mbps, sempre entro il 2020. Su questo la strada è ancora più in salita. “Nessuno dei piani di rete analizzati – si legge nel documento – considera esplicitamente il raggiungimento dei 100 Mbps”. Ciò significa che alla scadenza fissata non si potrà realisticamente aspirare ad una banda superiore ai 60-70 Mbps, e solo nelle aree a più alta densità di popolazione dove gli operatori hanno più interesse ad investire.
Raccomandazioni - In questa situazione non esaltante (l'Italia è una dei Paesi europei con la velocità media di connessione più bassa) il rapporto suggerisce alcune misure di intervento. Si va dallo stretto monitoraggio dei piani di sviluppo della banda larga delle aziende ad un nuovo programma di finanziamento per portare le connessioni a 30 Mbps in quelle aree dove l'investimento dei privati è meno conveniente.
Inoltre, si raccomanda al governo di incoraggiare la cooperazione e gli investimenti condivisi tra gli operatori e si arriva a ventilare un'azione diretta dello stato: “A fronte di un divario tra piani annunciati ed investimenti effettuati e/o di una permanenza del ritardo tra Italia ed altri Paesi – si legge - il Governo dovrebbe considerare di farsi parte attiva favorendo iniziative di investimento anche miste pubblico/private che favoriscano la condivisione delle infrastrutture”. Un incoraggiamento, quest'ultimo, che il premier Enrico Letta ha subito recepito mandando un avvertimento agi interessati: “Per tutti gli operatori sia di proprietà italiana che con capitali non italiani c'è un messaggio molto forte: non accadrà come in passato, in cui operatori di vario genere hanno agito nel sostanziale disinteresse del sistema pubblico”.
Utenti – Ma non è finita qui. Se il versante dell'offerta non brilla, anche quello della domanda langue. Una parte di lavoro dunque andrà fatta, secondo il rapporto, per aumentare la familiarità con il digitale da parte degli italiani, tra gli ultimi in Europa, per quanto riguarda la frequentazione di Internet. “Si ritiene utile – si legge - che il Governo continui nel suo sostegno alle iniziative e progetti tesi a promuovere l’adozione della banda larga e ultra larga” attraverso “misure per promuovere l’alfabetizzazione digitale”. Simili misure, continua lo studio, “potrebbero avere un ruolo di grande impatto in Italia”. Una mano in questo senso, potrebbero arrivare dai grandi operatori televisivi che, attraverso offerte di contenuti online, hanno la possiblità di stimolare la domanda di servizi a valore aggiunto.
Cauto ottimismo. Ma anche la constatazione che, senza ulteriori investimenti e un ruolo attivo da parte del governo, l'Italia non sarà all'altezza dei parametri di diffusione della banda larga fissati dalla Commissione europea. E' una conclusione a due facce quella a cui giunge il rapporto realizzato dal commissario per l'attuazione dell'Agenda digitale Francesco Caio e presentato oggi a Palazzo Chigi: sul brevissimo termine ci siamo, è il futuro meno prossimo ad essere incerto.
Da una parte infatti, secondo lo studio, sono già operativi i piani di investimento degli operatori che garantiranno uno sviluppo delle connessioni veloci nei prossimi 2-3 anni. Dall'altra, oltre quell'orizzonte, ci sarà bisogno di un “forte, sostenuto e continuo impegno” dell'esecutivo. Il messaggio finale è che tutti, pubblico e privato, dovranno rimboccarsi le maniche. “Serve una forte accelerazione", ha commentato il presidente del Consiglio Gianni Letta.
Obiettivi lontani – Comunque vada, non sarà una passeggiata. Secondo il rapporto - che è stato redatto da Caio insieme a Scott Marcus, già funzionario della Federal Communications Commisson americana, e Gerard Pogore, professore presso la Scuola superiore di telecomunicazioni francese – entro il 2017 il 50 % degli utenti probabilmente avrà a disposizione connessioni a 30 Mbps. Questo risultato, reso possibile dai piani già avviati dai maggiori operatori, non è però sufficiente a garantire il raggiungimento degli obiettivi Ue fissati per il 2020.
L'agenda digitale europea, infatti, si è data come traguardo il 100% delle connessioni a 30 Mbps entro quella data. Secondo le stime dello studio, allo stato delle cose l'Italia non potrà andare oltre una copertura del 70%, cosa che renderà “opportuni interventi aggiuntivi”. Ancora più difficile – secondo Caio – la corsa verso l'altro traguardo fissato dall'Europa: il 50% delle connessioni ad una velocità di 100 Mbps, sempre entro il 2020. Su questo la strada è ancora più in salita. “Nessuno dei piani di rete analizzati – si legge nel documento – considera esplicitamente il raggiungimento dei 100 Mbps”. Ciò significa che alla scadenza fissata non si potrà realisticamente aspirare ad una banda superiore ai 60-70 Mbps, e solo nelle aree a più alta densità di popolazione dove gli operatori hanno più interesse ad investire.
Raccomandazioni - In questa situazione non esaltante (l'Italia è una dei Paesi europei con la velocità media di connessione più bassa) il rapporto suggerisce alcune misure di intervento. Si va dallo stretto monitoraggio dei piani di sviluppo della banda larga delle aziende ad un nuovo programma di finanziamento per portare le connessioni a 30 Mbps in quelle aree dove l'investimento dei privati è meno conveniente.
Inoltre, si raccomanda al governo di incoraggiare la cooperazione e gli investimenti condivisi tra gli operatori e si arriva a ventilare un'azione diretta dello stato: “A fronte di un divario tra piani annunciati ed investimenti effettuati e/o di una permanenza del ritardo tra Italia ed altri Paesi – si legge - il Governo dovrebbe considerare di farsi parte attiva favorendo iniziative di investimento anche miste pubblico/private che favoriscano la condivisione delle infrastrutture”. Un incoraggiamento, quest'ultimo, che il premier Enrico Letta ha subito recepito mandando un avvertimento agi interessati: “Per tutti gli operatori sia di proprietà italiana che con capitali non italiani c'è un messaggio molto forte: non accadrà come in passato, in cui operatori di vario genere hanno agito nel sostanziale disinteresse del sistema pubblico”.
Utenti – Ma non è finita qui. Se il versante dell'offerta non brilla, anche quello della domanda langue. Una parte di lavoro dunque andrà fatta, secondo il rapporto, per aumentare la familiarità con il digitale da parte degli italiani, tra gli ultimi in Europa, per quanto riguarda la frequentazione di Internet. “Si ritiene utile – si legge - che il Governo continui nel suo sostegno alle iniziative e progetti tesi a promuovere l’adozione della banda larga e ultra larga” attraverso “misure per promuovere l’alfabetizzazione digitale”. Simili misure, continua lo studio, “potrebbero avere un ruolo di grande impatto in Italia”. Una mano in questo senso, potrebbero arrivare dai grandi operatori televisivi che, attraverso offerte di contenuti online, hanno la possiblità di stimolare la domanda di servizi a valore aggiunto.