"Si aprono prospettive che non potevamo nemmeno immaginare" afferma Elkann dopo la fusione con Chrysler, che prevede la sede fiscale in GB. Il ministro Saccomanni: "Nulla di irregolare". Intanto, a Termini, circa 1200 tute blu sono a rischio licenziamento
Dal punto di vista fiscale non si può impedire di fare scelte societarie economicamente convenienti, ma "verificheremo il pieno rispetto delle leggi fiscali italiane". E' l'avvertimento che il direttore dell'Agenzia delle Entrate Attilio Befera rivolge al gruppo che, dopo la fusione con Chrysler, prevede la sede legale in Olanda e quella fiscale in Gran Bretagna. Sul tema è intervenuto anche il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, secondo il quale comunque non dovrebbe esserci "nulla di irregolare". "Siamo convinti che hanno fatto tutto nel rispetto delle leggi vigenti - ha detto – ovviamente verificheremo gli effetti".
Parole, quelle di Befera e di Saccomanni, che arrivano mentre presidente del Lingotto non nasconde l'entusiasmo per la nascita della nuova Fiat Cryhsler Automobiles: "Si aprono prospettive che non potevamo nemmeno immaginare" ha dichiarato in un'intervista rilasciata a La Stampa. Ma dubbi vengono espressi anche dalla Cgil che attraverso Susanna Camusso afferma che non è ancora "chiaro il destino industriale degli stabilimenti italiani".
Elkann: futuro più solido. Torino resta centrale - Elkann, dal canto suo spiega invece che "il gruppo è molto più solido e ha prospettive che non avremmo mai potuto immaginare solo qualche anno fa". E aggiunge: "L'obiettivo che abbiamo, se il mercato non ci tradisce, è di tornare ad avere tutte le persone al lavoro nelle nostre fabbriche".
Torino, sottolinea, "sarà il centro di un mercato immenso che copre Europa, Medio Oriente e Africa, ma non solo: è qui il cuore del progetto Premium su cui abbiamo scommesso una parte importante del nostro futuro".
Sindacati: produzione resti in Italia - I sindacati, però, ripetono in coro che il problema non è la sede di Fiat ma "il mantenimento della progettazione e delle produzioni in Italia". Il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, mostra ottimismo: "Noi abbiamo avuto conferma da Fiat sugli investimenti in Italia. Io spero ci si renda conto che questa azienda è l'unica che sta investendo miliardi in questi anni. Le altre stanno solo delocalizzando". Più scettica Susanna camusso che afferma: "Non abbiamo mai vissuto l'alleanza internazionale di Fiat come un problema, ma non è chiaro il destino industriale degli stabilimenti italiani: per ora vediamo la scelta di un'azienda italiana che decide di ridurre il suo contributo fiscale al Paese".
Il nodo Termini Imerese - Intanto, oltre duecento operai della Fiat e delle aziende dell'indotto di Termini Imerese hanno partecipato all'assemblea dei lavoratori convocata da Fim, Fiom e Uil. Sono circa 1.200 le tute blu termitane in cassa integrazione in deroga fino al 30 giugno prossimo. Da quella data c'è il rischio del licenziamento collettivo. "Il punto è come rilanciare il piano industriale pubblici e privati in tutti gli stabilimenti. Tutti devono poter tornare a lavorare" afferma a Sky TG24 Michele De Palma, responsabile Fiom per il settore auto (VIDEO). Alla riunione partecipano delegazioni di metalmeccanici di altri stabilimenti del gruppo Fiat (Pomigliano, Torino, Cassino) e delle nove province siciliane. A Cassino, dal 2010 è partita la cassa integrazione ordinaria che coinvolge 3900 operai.
Parole, quelle di Befera e di Saccomanni, che arrivano mentre presidente del Lingotto non nasconde l'entusiasmo per la nascita della nuova Fiat Cryhsler Automobiles: "Si aprono prospettive che non potevamo nemmeno immaginare" ha dichiarato in un'intervista rilasciata a La Stampa. Ma dubbi vengono espressi anche dalla Cgil che attraverso Susanna Camusso afferma che non è ancora "chiaro il destino industriale degli stabilimenti italiani".
Elkann: futuro più solido. Torino resta centrale - Elkann, dal canto suo spiega invece che "il gruppo è molto più solido e ha prospettive che non avremmo mai potuto immaginare solo qualche anno fa". E aggiunge: "L'obiettivo che abbiamo, se il mercato non ci tradisce, è di tornare ad avere tutte le persone al lavoro nelle nostre fabbriche".
Torino, sottolinea, "sarà il centro di un mercato immenso che copre Europa, Medio Oriente e Africa, ma non solo: è qui il cuore del progetto Premium su cui abbiamo scommesso una parte importante del nostro futuro".
Sindacati: produzione resti in Italia - I sindacati, però, ripetono in coro che il problema non è la sede di Fiat ma "il mantenimento della progettazione e delle produzioni in Italia". Il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, mostra ottimismo: "Noi abbiamo avuto conferma da Fiat sugli investimenti in Italia. Io spero ci si renda conto che questa azienda è l'unica che sta investendo miliardi in questi anni. Le altre stanno solo delocalizzando". Più scettica Susanna camusso che afferma: "Non abbiamo mai vissuto l'alleanza internazionale di Fiat come un problema, ma non è chiaro il destino industriale degli stabilimenti italiani: per ora vediamo la scelta di un'azienda italiana che decide di ridurre il suo contributo fiscale al Paese".
Il nodo Termini Imerese - Intanto, oltre duecento operai della Fiat e delle aziende dell'indotto di Termini Imerese hanno partecipato all'assemblea dei lavoratori convocata da Fim, Fiom e Uil. Sono circa 1.200 le tute blu termitane in cassa integrazione in deroga fino al 30 giugno prossimo. Da quella data c'è il rischio del licenziamento collettivo. "Il punto è come rilanciare il piano industriale pubblici e privati in tutti gli stabilimenti. Tutti devono poter tornare a lavorare" afferma a Sky TG24 Michele De Palma, responsabile Fiom per il settore auto (VIDEO). Alla riunione partecipano delegazioni di metalmeccanici di altri stabilimenti del gruppo Fiat (Pomigliano, Torino, Cassino) e delle nove province siciliane. A Cassino, dal 2010 è partita la cassa integrazione ordinaria che coinvolge 3900 operai.