Il colosso di Cupertino avrebbe stretto accordi con altri cinque editori digitali tra il 2009 e il 2010, per aumentare il prezzo dei libri digitali e contrastare il dominio di mercato di Amazon
Apple ha violato le regole americane sull'antitrust. Il verdetto del giudice di New York, Denise Cote, ha ritenuto il colosso di Cupertino colpevole di “aver cospirato nel rialzo dei prezzi al dettaglio dei libri elettronici”. L'intenzione, all'indomani del lancio del primo iPad nel 2009 e in accordo con altri cinque editori digitali (Hachette, Harper Collins, Mcmillan, Penguin e Simon&; Schuster), era di forzare la mano ad Amazon, che in quel momento offriva prezzi ribassati per spingere il nuovo lettore Kindle.
La decisione del giudice di Manhattan è stata la vittoria di una causa intentata da 33 stati americani, che avevano sollevato la questione antitrust davanti al Dipartimento di Stato. Nelle 159 pagine delle motivazioni, il giudice ha messo in risalto il ruolo centrale svolto da Apple scrivendo che “senza la sua orchestrazione, l'operazione non sarebbe mai riuscita”. Il risultato dell'accordo tra i sei editori è stato il rialzo di alcuni titoli a 12.99 e 14.99 dollari, che in precedenza erano rivenduti da Amazon, allora detentrice del 90% del mercato, a 9.99 dollari. Tra le prove considerate dal giudice Cote c'erano anche alcuni commenti attribuiti all'ex amministratore delegato Steve Jobs nei quali il guru di Apple sosteneva di voler creare un nuovo mercato degli eBook proprio intorno ai prezzi contestati.
Il processo è stato sostenuto solo dalla casa di Cupertino, perché gli altri editori avevano già patteggiato una multa da 166 milioni di dollari complessivi. Il giudice federale di Manhattan ha anche deciso che sarà annunciato l'inizio di un nuovo procedimento per stabilire l'ammontare della multa da far pagare ad Apple.
Da Cupertino negano ogni accusa. Durante il processo, il legale Orin Snyder ha dichiarato che non è stata violata alcuna legge, e che non c'è stata alcuna cospirazione con nessun editore per far salire i prezzi. “Apple – aveva specificato Snyder il 20 giugno scorso - non può essere ritenuta colpevole per una decisione che gli editori hanno assunto in seguito alle condizioni del mercato”.
Il portavoce di Apple Tom Neumayr ha già dichiarato che l'azienda farà appello alla decisione del giudice. “Quando abbiamo introdotto l'iBookstore nel 2010 – ha scritto in una nota riportata dal Wall Street Journal – abbiamo dato ai clienti più scelta, offrendo una grande innovazione e introducendo più concorrenza nel mercato con la rottura del monopolio gestito da Amazon sull'industria dell'editoria. Non abbiamo fatto niente di male”. Dopo la sentenza il titolo di Apple in borsa ha subito è calato dello 0,43 per cento, arrivando a 420,90 dollari.
La decisione del giudice di Manhattan è stata la vittoria di una causa intentata da 33 stati americani, che avevano sollevato la questione antitrust davanti al Dipartimento di Stato. Nelle 159 pagine delle motivazioni, il giudice ha messo in risalto il ruolo centrale svolto da Apple scrivendo che “senza la sua orchestrazione, l'operazione non sarebbe mai riuscita”. Il risultato dell'accordo tra i sei editori è stato il rialzo di alcuni titoli a 12.99 e 14.99 dollari, che in precedenza erano rivenduti da Amazon, allora detentrice del 90% del mercato, a 9.99 dollari. Tra le prove considerate dal giudice Cote c'erano anche alcuni commenti attribuiti all'ex amministratore delegato Steve Jobs nei quali il guru di Apple sosteneva di voler creare un nuovo mercato degli eBook proprio intorno ai prezzi contestati.
Il processo è stato sostenuto solo dalla casa di Cupertino, perché gli altri editori avevano già patteggiato una multa da 166 milioni di dollari complessivi. Il giudice federale di Manhattan ha anche deciso che sarà annunciato l'inizio di un nuovo procedimento per stabilire l'ammontare della multa da far pagare ad Apple.
Da Cupertino negano ogni accusa. Durante il processo, il legale Orin Snyder ha dichiarato che non è stata violata alcuna legge, e che non c'è stata alcuna cospirazione con nessun editore per far salire i prezzi. “Apple – aveva specificato Snyder il 20 giugno scorso - non può essere ritenuta colpevole per una decisione che gli editori hanno assunto in seguito alle condizioni del mercato”.
Il portavoce di Apple Tom Neumayr ha già dichiarato che l'azienda farà appello alla decisione del giudice. “Quando abbiamo introdotto l'iBookstore nel 2010 – ha scritto in una nota riportata dal Wall Street Journal – abbiamo dato ai clienti più scelta, offrendo una grande innovazione e introducendo più concorrenza nel mercato con la rottura del monopolio gestito da Amazon sull'industria dell'editoria. Non abbiamo fatto niente di male”. Dopo la sentenza il titolo di Apple in borsa ha subito è calato dello 0,43 per cento, arrivando a 420,90 dollari.