Notizie sponsorizzate e referendum, Facebook sotto accusa

Economia
Basta un like per diventare ‘testimonial involontari’ di un marchio su Facebook – Getty Images
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Via libera all’accordo tra il colosso web e il gruppo di utenti californiani che avevano denunciato il social per le pubblicità personalizzate: previsti indennizzi e funzionalità di opt-out. Intanto è polemica per la nuova consultazione promossa online

di Nicola Bruno

Si chiamano "Notizie sponsorizzate" e almeno una volta sono passate sott'occhio a molti degli iscritti di Facebook. Si trovano nella colonna destra della pagina (ma a volte compaiono anche in quella principale) e si presentano con il logo di un inserzionista e sotto l'elenco degli amici che hanno cliccato "Mi piace" sulla sua pagina. Una sorta di pubblicità personalizzata, in cui i nostri conoscenti diventano testimonial involontari di un marchio o di un prodotto. Il tutto senza che Facebook chieda il consenso prima o metta a disposizione strumenti per fare opt-out dopo.
Proprio per questi motivi negli Stati Uniti un gruppo di utenti ha dichiarato battaglia legale al social network di Zuckerberg. E Facebook ha deciso di scendere a patti attraverso un accordo che prevede indennizzi di 10 dollari a utente e l'introduzione di funzionalità di opt-out (al momento non disponibili). L'accordo ha ricevuto il via libera preventivo da un giudice californiano nei giorni scorsi, proprio quando in rete si sono alzate molte proteste per l'ultimo referendum lanciato da Facebook per modificare ancora una volta le regole della privacy e la 'governance' del sito.

L'accordo: 10 dollari a utente
- Le "Sponsored Stories" - così si chiamano in inglese - sono state introdotte a inizio 2011. Se per molti utenti sono passate del tutto inosservate, lo stesso non è avvenuto in California, dove cinque utenti hanno deciso di portare Facebook in tribunale.
Il procedimento è iniziato nel 2011 e, dopo diverse udienze, nei giorni scorsi in giudice di San Francisco ha approvato in via preliminare una proposta di accordo tra le parti che impone a Facebook di predisporre un fondo di 20 milioni di dollari in modo da compensare con 10 dollari ciascun utente che ne faccia richiesta. Secondo i legali che hanno intentato causa, questo provvedimento potrebbe ricadere su oltre 100 milioni di utenti. Allo stesso tempo, Facebook si è impegnata a introdurre funzionalità di opt-out, di modo che gli utenti possano decidere di non associare il proprio volto a un brand. Dettagli più precisi arriveranno il 13 Giugno 2013, data in cui è stata fissata l'udienza finale.

Un precedente importante - Il parere preventivo del giudice (che in passato aveva rifiutato altri accordi) rappresenta un precedente importante, anche perché in questi mesi Facebook è impegnata a convincere gli investitori sulla solidità del proprio business-model dopo il traballante sbarco in borsa.
Secondo i dati diffusi nell'ultima trimestrale, le Sponsored Stories (insieme agli accessi mobile) rappresentano uno dei maggiori fattori di crescita del social network, dal momento che fanno salire quel "guadagno medio per utente" (in inglese ARPU - Average Revenue per User) che costituisce una delle metriche più importanti di Facebook. Sempre secondo i dati diffusi nell'ultimo trimestre, negli Usa il valore medio di un utente è 3,40 dollari, mentre in Europa si registrano livelli più bassi (1,37 dollari).
Altro fattore importante: le Notizie Sponsorizzate sono un formato nativo di Facebook, così come lo le AdWords di Google; rappresentano quindi un tassello importante nella strategia di business del social network.
Gli stessi problemi, tra l'altro, si potrebbe riproporre anche per Twitter che da un po' di mesi ha introdotto gli "Sponsored tweets" nella propria offerta pubblicitaria, con meccanismi simili a quelli di Facebook (anche se per ora sono meno invasivi)

L'ultimo referendum - Negli ultimi giorni, poi, ha fatto molto discutere il nuovo referendum lanciato dal colosso di Mark Zuckerberg per modificare due importanti 'contratti' che legano Facebook ai propri iscritti: la normativa sull'utilizzo dei dati personali (che regola le questioni di privacy) e la dichiarazione dei diritti e delle responsabilità (che invece regola gli altri aspetti legali). C'è tempo fino al 10 dicembre per esprimere il proprio voto su questa pagina.
Come nei precedenti referendum (introdotti nel 2009 in seguito alle polemiche sui continui cambiamenti delle policy sulla riservatezza dei dati), anche in questo caso è previsto un quorum da raggiungere: almeno il 30% degli utenti dovranno votare per rendere effettiva la loro scelta. Nelle precedenti consultazioni non si è arrivati nemmeno allo 0,5% dei voti, motivo per cui Facebook ha potuto far passare la propria versione senza problemi.

Cosa cambia
- Con l'ultima consultazione indetta in questi giorni, Facebook intende chiedere agli utenti di eliminare del tutto l'istituto del referendum dalla propria Dichiarazione dei Diritti e delle Responsabilità. Al tempo stesso, attraverso le nuove norme sull'utilizzo dei dati personali, chiede che le nostre informazioni possano essere condivise tra tutte le diverse società che stanno dietro il social-network: non solo le diverse filiali locali, ma anche le start-up acquisite nel tempo (come ad esempio Instagram). Considerata la scarsa predisposizione alla partecipazione, c'è da pensare che anche questa volta non si raggiungerà il quorum. Al momento in cui scriviamo, hanno votato poco più di 500mila utenti: siamo molto lontani dai 300 milioni di voti necessari per superare il quorum.

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