Fiat frena su Fabbrica Italia, "mercato sempre più in crisi"

Economia

Dal Lingotto stop al piano di investimenti annunciato nel 2010. "Non andava interpretato come impegno assoluto" spiega l'azienda. "Siamo una multinazionale, abbiamo il diritto di fare scelte industriali razionali". Landini: "Problema molto serio"

"Le cose sono profondamente cambiate da quando nell'aprile 2010 venne annunciato il piano "Fabbrica Italia". Alla luce di ciò, "è impossibile fare riferimento ad un progetto nato due anni e mezzo fa" ed è "necessario che il piano prodotti e i relativi investimenti siano oggetto di costante revisione per adeguarli all'andamento dei mercati". A dirlo è la Fiat che in una nota precisa anche che le informazioni sugli investimenti che il Lingotto ha intenzione di effettuare in Italia saranno resi noto solamente con i dati del terzo trimestre, quindi a fine ottobre.

Al momento stabilimenti Fiat fermi al 50% - Da Fiat arriva inoltre anche la precisazione che Fabbrica Italia, il progetto di investimenti che avrebbe dovuto rilanciare l'attività produttiva dell'azienda torinese nel nostro paese, non andava "interpretata come un impegno assoluto", mentre "si trattava di un'iniziativa del tutto autonoma che non prevedeva tra l'altro alcun incentivo pubblico". La nota della società arriva, si spiega, dopo che "nei giorni scorsi da parte di alcuni esponenti del mondo politico e sindacale, sono state fatte alcune dichiarazioni preoccupate per il futuro di Fabbrica Italia".
Al momento gli stabilimenti italiani che producono auto Fiat funzionano a circa il 50% della capacità produttiva. Mirafiori è quasi fermo e i lavori per il rifacimento delle linee produttive per la realizzazione del Suv con marchio Alfa Romeo, che dovrebbe partire a fine 2013, sono sospesi.

Fiat: "Mercato dell'auto sempre più in crisi" - "Da quando Fabbrica Italia è stata annunciata nell'aprile 2010 - si legge ancora nella nota - le cose sono profondamente cambiate. Il mercato dell'auto in Europa è entrato in una grave crisi e quello italiano è crollato ai livelli degli anni settanta. E' quindi impossibile fare riferimento ad un progetto nato due anni e mezzo fa. E' necessario infatti che il piano prodotti e i relativi investimenti siano oggetto di costante revisione per adeguarli all'andamento dei mercati". In occasione dell'incontro con le organizzazioni sindacali che si è tenuto a Torino il primo agosto scorso, ricorda il Lingotto, Fiat ha ribadito: "La delicatezza di questo periodo, di cui è impossibile prevedere l'evoluzione, impone a tutti la massima cautela nella programmazione degli investimenti. Informazioni sul piano prodotti/stabilimenti saranno comunicate in occasione della presentazione dei risultati del terzo trimestre 2012".

Fiat: "Abbiamo il diritto di fare scelte industriali razionali"
- La nota si conclude ricordando che "vale la pena di sottolineare che la Fiat con la Chrysler è oggi una multinazionale e quindi, come ogni azienda in ogni parte del mondo, ha il diritto e il dovere di compiere scelte industriali in modo razionale e in piena autonomia, pensando in primo luogo a crescere e a diventare più competitiva. La Fiat ha scelto di gestire questa libertà in modo responsabile e continuerà a farlo per non compromettere il proprio futuro, senza dimenticare l'importanza dell'Italia e dell'Europa".

Landini: "Si rischia problema molto serio" -  Bisognerà leggerla ma se dalla nota emerge che il famoso Piano Fabbrica Italia rischia di non esserci più, siamo di fronte a un problema molto serio", dice il leader della Fiom Maurizio Landini (guarda il video in alto). "Purtroppo si conferma che la Fiat sta perdendo quote perché non ha fatto investimenti e non ha nuovi prodotti. Questo vuol dire fare arretrare il Paese e mette a rischio posti di lavoro e stabilimenti" aggiunge. Dure parole anche da Nichi Vendola, secondo cui è  "triste, veder riconosciuta la fondatezza degli allarmi inascoltati degli ultimi anni sull'inaffidabilita' del vertice della Fiat nell'assumere gli impegni per le realtà produttive nel nostro Paese. La Fiat ha utilizzato propagandisticamente  il mito di Fabbrica Italia mentre concretamente cancellava i diritti dei propri lavoratori, isolava e tentava di annichilire il movimento sindacale".

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