Vertice telefonico tra il presidente americano e i leader europei in vista del G20 di fine giugno. Sul tavolo gli eurobond e le iniziative per la crescita. Ma la Germania continua a frenare
Nuovo 'vertice', questa volta in conference call, tra l'America di Barack Obama e i protagonisti dell'eurozona - Mario Monti, Francois Hollande e Angela Merkel - sulla crisi dell'Europa e "l'urgenza" di veder tornare il vecchio continente a crescere. A pochi giorni dall'incontro di Camp David dove gli Usa, ma anche tutti i grandi del G8, hanno fatto pressing sui leader europei per una strategia all'insegna della ripresa, mercoledì pomeriggio - a sorpresa - da una parte all'altra dell'oceano Obama, Monti, Merkel e Hollande sono tornati a fare il punto sulla situazione. In vista del vertice di fine giugno, di quel consiglio Europeo cioè da cui sono attesi segnali per una strategia di crescita che, fermo restando il necessario rigore, ridia fiato all'economia europea. E mandi un chiaro segnale ai mercati. Perché la situazione preoccupa. E non poco. Con gli spread italiani e spagnoli tornati ai livelli di guardia, la voragine del debito di Madrid alle prese con un sistema bancario sull'orlo del collasso e l'incognita Grecia che pesa su futuro dell'euro.
Sulla conference call di mercoledì 30 maggio, al momento, le bocche restano cucite. Ma di certo il nuovo vertice telefonico è un segnale netto dell'attenzione e del pressing dell'America di Obama, sempre più preoccupato - anche a fronte della sua campagna elettorale - del rischio che i venti che soffiano in Europa travolgano anche il nuovo continente. Non è un caso che il presidente americano - anche in vista del quadrilaterale che il 22 giugno vedrà volare a Roma, da Monti, la Merkel, Hollande ed il premier spagnolo Mariano Rajoy - abbia voluto confrontarsi di nuovo, ad una decina di giorni dall'appuntamento di Camp David, con i tre maggiori protagonisti dell'eurozona. Con un presidente, quello francese, che della 'crescita' ha fatto il suo cavallo di battaglia. Ed un premier, quello italiano, che da mesi sta cercando di far breccia tra i partner per una strategia che, accanto alla disciplina di bilancio - considerata da Roma indispensabile e inderogabile - affianchi misure per la ripresa. A cominciare dagli eurobond, sui cui la Germania di Angela Merkel continua a opporre il suo 'nein'. Una cancelliera sempre più isolata che, probabilmente, ha ribadito la sua posizione. Come lascia intendere una fonte del suo governo che riferendo della videoconferenza ha detto che si è parlato della necessità di bilanciare crescita e rigore. Ma che, probabilmente, ha dovuto fare i conti con un nuovo pressing degli Usa.
Di quegli Stati Uniti che sembrano essere rimasti delusi - secondo quanto riportava il New York Times all'indomani - di quanto emerso l'altra settimana a Bruxelles, dal vertice informale tra i ventisette chiamato a fare da apripista all'appuntamento del Consiglio Ue del 28 giugno. Dal quale è uscito un accordo in chiave 'crescita' ma debole rispetto alle attese dei mercati: ricapitalizzazione della Bei, project bond e utilizzo dei fondi Ue inutilizzati - il pacchetto che i 27 hanno deciso di portare al Vertice del mese prossimo - sono segnali. Ma non bastano di certo: l'Ue deve dimostrare di sapersi muovere davvero, con misure per proteggere i Paesi più vulnerabili di fronte alla speculazione, grazie alla solidarietà di quelli più forti. Come gli eurobond. Proposta su cui Monti ha insistito dall'inizio del suo mandato.
Sulla conference call di mercoledì 30 maggio, al momento, le bocche restano cucite. Ma di certo il nuovo vertice telefonico è un segnale netto dell'attenzione e del pressing dell'America di Obama, sempre più preoccupato - anche a fronte della sua campagna elettorale - del rischio che i venti che soffiano in Europa travolgano anche il nuovo continente. Non è un caso che il presidente americano - anche in vista del quadrilaterale che il 22 giugno vedrà volare a Roma, da Monti, la Merkel, Hollande ed il premier spagnolo Mariano Rajoy - abbia voluto confrontarsi di nuovo, ad una decina di giorni dall'appuntamento di Camp David, con i tre maggiori protagonisti dell'eurozona. Con un presidente, quello francese, che della 'crescita' ha fatto il suo cavallo di battaglia. Ed un premier, quello italiano, che da mesi sta cercando di far breccia tra i partner per una strategia che, accanto alla disciplina di bilancio - considerata da Roma indispensabile e inderogabile - affianchi misure per la ripresa. A cominciare dagli eurobond, sui cui la Germania di Angela Merkel continua a opporre il suo 'nein'. Una cancelliera sempre più isolata che, probabilmente, ha ribadito la sua posizione. Come lascia intendere una fonte del suo governo che riferendo della videoconferenza ha detto che si è parlato della necessità di bilanciare crescita e rigore. Ma che, probabilmente, ha dovuto fare i conti con un nuovo pressing degli Usa.
Di quegli Stati Uniti che sembrano essere rimasti delusi - secondo quanto riportava il New York Times all'indomani - di quanto emerso l'altra settimana a Bruxelles, dal vertice informale tra i ventisette chiamato a fare da apripista all'appuntamento del Consiglio Ue del 28 giugno. Dal quale è uscito un accordo in chiave 'crescita' ma debole rispetto alle attese dei mercati: ricapitalizzazione della Bei, project bond e utilizzo dei fondi Ue inutilizzati - il pacchetto che i 27 hanno deciso di portare al Vertice del mese prossimo - sono segnali. Ma non bastano di certo: l'Ue deve dimostrare di sapersi muovere davvero, con misure per proteggere i Paesi più vulnerabili di fronte alla speculazione, grazie alla solidarietà di quelli più forti. Come gli eurobond. Proposta su cui Monti ha insistito dall'inizio del suo mandato.