La risalita degli spread è dovuta alle scarse prospettive di crescita. L'Eurotower esorta i Paesi dell’euro a puntare sullo sviluppo e avverte l’Italia: dovrà rifinanziare il 20 per cento del debito pubblico
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“Una stabilizzazione dell’attività economica al ribasso”. Sta in queste parole il senso del bollettino mensile della Bce, che fotografa l’andamento dell’economia dell’eurozona. L’Europa è uscita dalla fase più acuta della crisi, ma la ripresa sarà lenta. Le previsioni sul mercato del lavoro infatti non sono positive e anche sul versante dello sviluppo, la Bce chiede interventi più decisi ai Paesi in difficoltà. E sono le scarse prospettive di crescita a far impennare gli spread con i titoli di stato tedeschi.
Senza la crescita aumentano anche le difficoltà sul lavoro. La Banca Centrale Europea ha certificato che, dall’aprile 2011, il tasso di disoccupazione della zona euro è aumentato costantemente toccando, a febbraio 2012, il 10,8 per cento.
In Italia, secondo le rilevazioni Istat di gennaio, la disoccupazione è al 9,3 per cento. “Le condizioni nei mercati del lavoro dell'area dell'euro continuano a deteriorarsi. Le indagini congiunturali anticipano un ulteriore peggioramento nel breve termine”, si legge nella nota della Bce. “E' attesa una ripresa graduale dell'economia dell'area euro nel corso dell'anno", tuttavia "le perduranti tensioni nei mercati del debito sovrano e il loro impatto sulle condizioni creditizie dovrebbero continuare a frenare la dinamica di fondo della crescita".
Proprio la crescita sembra essere la grande zavorra europea. Nessun governo è riuscito, finora, a varare misure che hanno avuto un impatto significativo sulla produzione. A questo proposito la Bce è tornata a chiedere “riforme strutturali energiche” agli esecutivi. “Bisogna accrescere la capacita' di aggiustamento dei mercati, dei beni e servizi da lavoro, incrementare la produttivita' e la competitivita' e garantire la solidita' del sistema finanziario".
A preoccupare l’Eurotower è anche la capacità dei Paesi con difficoltà di bilancio, come l’Italia, a mantenere le promesse sugli avanzi primari che, per molti anni, “dovranno essere superiori al quattro per cento del Pil”. Inoltre dovranno rispettare rigorosamente gli accordi sul fiscal compact per porre un freno alla crescita dei debiti sovrani. Nel breve periodo, Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Belgio, Grecia e Cipro avranno bisogno di un rifinanziamento pubblico “pari o superiore al 20 per cento del loro prodotto interno lordo” perché il contesto economico è radicalmente mutato e impone di tagliare i debiti pubblici “a un livello decisamente inferiore al 60 per cento”.
L’Ocse è apparso meno drastico, nel suo giudizio, sulla necessità di un aggiustamento del debito italiano. Douglas Sutherland, autore del policy paper dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, ha dichiarato all’Ansa che “la necessità di riposizionamento del bilancio italiano può essere considerata meno urgente rispetto ad altri Paesi. L’Italia - ha aggiunto Sutherland - ha già convissuto per diversi anni con livelli di debito molto elevato e l'aumento del debito provocato dalla crisi è stato inferiore rispetto a quello di altri”. Ciò non significa, ha pero' precisato, che non debba impegnarsi profondamente sul fronte del debito pubblico, per riportarlo a un livello più vicino a quello auspicato.
“Una stabilizzazione dell’attività economica al ribasso”. Sta in queste parole il senso del bollettino mensile della Bce, che fotografa l’andamento dell’economia dell’eurozona. L’Europa è uscita dalla fase più acuta della crisi, ma la ripresa sarà lenta. Le previsioni sul mercato del lavoro infatti non sono positive e anche sul versante dello sviluppo, la Bce chiede interventi più decisi ai Paesi in difficoltà. E sono le scarse prospettive di crescita a far impennare gli spread con i titoli di stato tedeschi.
Senza la crescita aumentano anche le difficoltà sul lavoro. La Banca Centrale Europea ha certificato che, dall’aprile 2011, il tasso di disoccupazione della zona euro è aumentato costantemente toccando, a febbraio 2012, il 10,8 per cento.
In Italia, secondo le rilevazioni Istat di gennaio, la disoccupazione è al 9,3 per cento. “Le condizioni nei mercati del lavoro dell'area dell'euro continuano a deteriorarsi. Le indagini congiunturali anticipano un ulteriore peggioramento nel breve termine”, si legge nella nota della Bce. “E' attesa una ripresa graduale dell'economia dell'area euro nel corso dell'anno", tuttavia "le perduranti tensioni nei mercati del debito sovrano e il loro impatto sulle condizioni creditizie dovrebbero continuare a frenare la dinamica di fondo della crescita".
Proprio la crescita sembra essere la grande zavorra europea. Nessun governo è riuscito, finora, a varare misure che hanno avuto un impatto significativo sulla produzione. A questo proposito la Bce è tornata a chiedere “riforme strutturali energiche” agli esecutivi. “Bisogna accrescere la capacita' di aggiustamento dei mercati, dei beni e servizi da lavoro, incrementare la produttivita' e la competitivita' e garantire la solidita' del sistema finanziario".
A preoccupare l’Eurotower è anche la capacità dei Paesi con difficoltà di bilancio, come l’Italia, a mantenere le promesse sugli avanzi primari che, per molti anni, “dovranno essere superiori al quattro per cento del Pil”. Inoltre dovranno rispettare rigorosamente gli accordi sul fiscal compact per porre un freno alla crescita dei debiti sovrani. Nel breve periodo, Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Belgio, Grecia e Cipro avranno bisogno di un rifinanziamento pubblico “pari o superiore al 20 per cento del loro prodotto interno lordo” perché il contesto economico è radicalmente mutato e impone di tagliare i debiti pubblici “a un livello decisamente inferiore al 60 per cento”.
L’Ocse è apparso meno drastico, nel suo giudizio, sulla necessità di un aggiustamento del debito italiano. Douglas Sutherland, autore del policy paper dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, ha dichiarato all’Ansa che “la necessità di riposizionamento del bilancio italiano può essere considerata meno urgente rispetto ad altri Paesi. L’Italia - ha aggiunto Sutherland - ha già convissuto per diversi anni con livelli di debito molto elevato e l'aumento del debito provocato dalla crisi è stato inferiore rispetto a quello di altri”. Ciò non significa, ha pero' precisato, che non debba impegnarsi profondamente sul fronte del debito pubblico, per riportarlo a un livello più vicino a quello auspicato.