Twitter adesso dice: “Non siamo una media company”
Economia"Siamo solo un network per la distribuzione di contenuti" sostiene il Ceo Dick Costolo. Anche se nel 2010 la parola d'ordine era: "Non siamo un social network, Twitter è notizie". Certo è che le presidenziali Usa saranno all'insegna dei cinguettii
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“Non siamo una media company”. Twitter sembra cambiare ancora una volta idea su quale sia il suo ruolo nell’attuale scenario dell’informazione online: “Non creiamo nessun contenuto, siamo solo un network per la distribuzione di contenuti e traffico”, ha spiegato il CEO Dick Costolo durante un evento organizzato il 30 gennaio in California per sottolineare come la sua azienda non sia interessata a diventare una sorta di “agenzia di stampa globale”, ma intende restare solo una piattaforma tecnologica.
Eppure nel settembre 2010, quando si faceva sentire più forte la pressione con il rivale Facebook, il vice-presidente Kevin Thau aveva usato parole che sembravano andare in direzione opposta: “Twitter non è un social network. Twitter è notizie, è contenuti, è informazione”.
Conti in positivo? - Un po’ come Google negli anni scorsi (quando non era ben chiaro se voleva essere solo una piattaforma tecnologica o anche una compagnia di media), anche il servizio di microblogging fa quindi fatica a trovare la propria identità. Anche perché solo di recente - dopo anni di bilanci in rosso - Twitter si è chiarita meglio le idee su quale possa essere il proprio modello di business. Merito dell’attuale CEO Dick Costolo, arrivato nel 2009 (prima come COO) e ha avuto un ruolo fondamentale nel delineare le principali strategie pubblicitarie con cui oggi il servizio di microblogging si presenta agli inserzionisti pubblicitari: con il recente re-design sono state infatti rilanciate con forza tutta una serie di opzioni come le “pagine per i brand”, i “promoted trends” e i “promoted tweets”.
Dick Costolo ancora non risponde alle domande se il 2012 sarà il primo anno con i conti in positivo (“Non discutiamo di aspetti finanziari”), ma ha comunque rassicurato sullo stato di salute della compagnia, spiegando che le campagne pubblicitarie su Twitter garantiscono un “engagement” (termine di marketing traducibile con “partecipazione”) molto più alto rispetto ai concorrenti. Un esempio? Lo scorso luglio la Paramount Pictures ha lanciato una campagna speciale per il film Super8 di J.J. Abrams ottenendo un “engagement” superiore al 50%. Proprio per la sua natura sociale, infatti, su Twitter gli utenti tendono ad appassionarsi a un brand con un impatto superiore rispetto a quello di una semplice inserzione che compare tra i risultati di un motore di ricerca di Google.
La sfida con Google - Non è un caso che Costolo (come altri 100 dipendenti del servizio di microblogging) sia arrivato alla guida di Twitter dopo una lunga esperienza a Google. Come il gigante di Mountain View (che fa oltre il 95% dei propri ricavi dalle vendite pubblicitarie), anche Twitter punta ora a diventare una grossa macchina da traffico web, attraverso cui vendere spazi agli inserzionisti. Il tutto senza produrre nessun contenuto, così come ha sempre fatto l’azienda di Brin e Page. Quanto alla concorrenza con Facebook e la stessa Google, Costolo non sembra essere preoccupato: “Non si tratta di un gioco a somma zero. Tutte queste aziende possono coesistere. Noi stiamo crescendo più velocemente di quanto siamo cresciuti nel passato, senza preoccuparci di cosa stanno facendo Facebook e Google”. Eppure, proprio di recente, c’è stata più di una scintilla con Google: l’integrazione di G+ nel motore di ricerca (che permetterà alla compagnia di Brin e Page di vendere pubblicità con un “engagement” più alto) sembra una mossa fatta apposta per contrastare l’ascesa di Twitter. Che da parte sua ha infatti replicato in maniera piuttosto piccata: “E’ un male per il web” ha scritto a caldo uno dei manager. Qualche settimana più tardi, poi, Twitter è scesa in campo insieme a Facebook e MySpace per sviluppare una componente aggiuntiva da installare sul browser che permette all'utente di visualizzare i risultati di una ricerca depurati dai contenuti “personalizzati”.
E la censura? - Media o non media che sia, il ruolo di Twitter nello scenario dell’informazione online sta diventando sempre più cruciale. Ed è per questo che ancora non sembrano placarsi le polemiche sull’annuncio della scorsa settimana per cui il servizio di microblogging inizierà a piegarsi alle richieste dei governi e a censurare contenuti considerati illegali in determinati paesi. Costolo difende la scelta, sottolineando che, in caso di segnalazione delle autorità, la censura avverrà soltanto a livello locale, mentre su scala globale i contenuti saranno sempre disponibili: in questo modo, secondo Costolo, si è trovato un giusto equilibrio tra rispetto delle leggi e tutela della libertà di espressione. Alla domanda se Twitter intende entrare anche nel mercato cinese, il Ceo ha comunque replicato che “al momento non ci sembra l’ambiente ideale in cui operare”. Twitter è infatti ancora bloccato in Cina, paese in cui, tra propaganda e attivismo, sta crescendo senza sosta il rivale Weibo. Quello su cui Costolo si sente di scommettere senza troppi dubbi è invece il ruolo fondamentale che il suo servizio avrà nelle presidenziali statunitensi: “Queste saranno le elezioni di Twitter”. E così sembra pensarla anche lo staff del presidente in carica, che di recente ha fatto ritornare su Twitter Barack Obama (e ha aperto un account anche per la moglie Michelle).
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Dick Costolo ancora non risponde alle domande se il 2012 sarà il primo anno con i conti in positivo (“Non discutiamo di aspetti finanziari”), ma ha comunque rassicurato sullo stato di salute della compagnia, spiegando che le campagne pubblicitarie su Twitter garantiscono un “engagement” (termine di marketing traducibile con “partecipazione”) molto più alto rispetto ai concorrenti. Un esempio? Lo scorso luglio la Paramount Pictures ha lanciato una campagna speciale per il film Super8 di J.J. Abrams ottenendo un “engagement” superiore al 50%. Proprio per la sua natura sociale, infatti, su Twitter gli utenti tendono ad appassionarsi a un brand con un impatto superiore rispetto a quello di una semplice inserzione che compare tra i risultati di un motore di ricerca di Google.
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