I 20 anni di Linux. Buon compleanno, pinguino
EconomiaIl sistema operativo open source è nato nel 1991 dalla richiesta su un forum di un giovane programmatore finlandese. Oggi è usato dalle più grandi aziende web del mondo e comanda i dispositivi più svariati. Un video online ne racconta la storia
di Raffaele Mastrolonardo
Non lo sappiamo ma ogni volta che effettuiamo una ricerca su Google, che postiamo un messaggio su Facebook o un aggiornamento su Twitter lo facciamo grazie all'intelligenza di un pinguino. Non un animale in carne ed ossa, ovviamente, ma una creatura virtuale, più precisamente un sistema operativo chiamato Linux, che ha scelto l'uccello antartico come proprio simbolo e ha una caratteristica particolare: chiunque può guardare dentro il codice, modificarlo, migliorarlo e adattarlo alle proprie esigenze. “Open source” si dice in gergo, ed è anche per questo che le più grandi aziende del mondo Internet lo hanno scelto come cervello dei propri server, quei computer che permettono agli utenti di effettuare le più svariate operazioni in rete, dall'invio di un'email alla visualizzazione di un video su YouTube.
Nato nel 1991, Linux compie 20 anni e l'organizzazione che presiede al suo sviluppo da qualche giorno ha dato il via alle celebrazioni pubblicando un video e un'infografica che raccontano la storia di questo curioso animale che ha rivoluzionato l'informatica contemporanea dimostrando come la collaborazione via Internet possa dare vita a progetti complessi, sfidare le logiche commerciali prevalenti e avere successo anche dal punto di vista del business.
Nel video sono narrati i momenti fondamentali nella storia del sistema operativo. Dalla prima richiesta di aiuto via Internet inviata dal ventenne Linus Torvalds, padre del progetto, alla scelta del pinguino come simbolo dopo che Torvalds fu morso da un pennuto allo zoo, alla crescita esponenziale dei programmatori e delle aziende che contribuiscono allo sviluppo del software.
Guarda il video
Che Linux sarebbe arrivato fino a questo punto non poteva immaginarlo nessuno. Tanto meno Torvalds, che cominciò a lavorare all'idea per divertimento. “Salve a tutti, sto realizzando un sistema operativo free (solo un hobby, non sarà nulla di grosso e professionale)...”, scrisse nell'agosto 1991 su un forum specializzato chiedendo un mano per il progetto e dando così il via, inconsapevolmente, a un'ondata di collaborazione via rete.
Ai tempi, l'unico modello di distribuzione del software considerato commercialmente sostenibile era quello proprietario, basato su codici tenuti gelosamente segreti e licenze d'uso a pagamento. Il ventenne Torvalds, invece, scelse un'altra strada, quella della licenza Gpl promossa dal guru del software libero Richard Stallman, che garantisce a chiunque di poter liberamente aprire un programma informatico e modificarlo, ma lo obbliga a distribuire il prodotto modificato con la stessa clausola: insomma, prendi quello che ti serve ma non tenerlo per te.
Sembrava assurdo, utopistico e molto poco capitalistico e invece funziona. Venti anni dopo, non solo Linux è il cuore della rete contemporanea, ma è sempre più inserito in dispositivi di tutti i tipi, dai supercomputer ai televisori ai bancomat. Persino Google è partito dal pinguino quando ha deciso di sviluppare Android, l'Os per smartphone che in un solo anno è diventato uni dei più diffusi del pianeta.
Proprio il carattere aperto del programma e la licenza adottata sono state le molle che hanno richiamato in brevissimo tempo sul progetto energie intellettuali ed economiche insperate. Alla fine degli anni '90 erano già attive sul mercato aziende come Red Hat che fondavano il proprio modello di business sull'assistenza a società che utilizzavano Linux. Nel 2003 anche un colosso come Ibm aveva abbracciato la filosofia open source e produceva costosi spot pubblicitari esaltando la creatura di Linus Torvalds e li faceva trasmettere durante il superbowl.
Ai giorni nostri persino Microsoft, la regina del software proprietario che in passato ha definito Linux un cancro, ha sfumato le proprie posizioni. Da qualche anno ha messo in piedi, con alcune delle maggiori società che distribuiscono Linux, programmi per garantire l'interoperabilità dei rispettivi software e stretto intese per evitare litigi sui brevetti. Per molti sostenitori dell'open source si tratta di abbracci pericolosi, per altri è la dimostrazione che persino il colosso di Redmond ha preso atto che ormai Linux costituisce una fetta consistente del mercato e che è destinato a mantenerla.
Quanto a Linus Torvalds oggi vive a Portland negli Stati Uniti, continua a tenere le redini del progetto dal suo ufficio casalingo interagendo con programmatori provenienti dai quattro angoli del globo. Un po' come vent'anni fa, in fondo, solo su una scala un po' più grande.
Non lo sappiamo ma ogni volta che effettuiamo una ricerca su Google, che postiamo un messaggio su Facebook o un aggiornamento su Twitter lo facciamo grazie all'intelligenza di un pinguino. Non un animale in carne ed ossa, ovviamente, ma una creatura virtuale, più precisamente un sistema operativo chiamato Linux, che ha scelto l'uccello antartico come proprio simbolo e ha una caratteristica particolare: chiunque può guardare dentro il codice, modificarlo, migliorarlo e adattarlo alle proprie esigenze. “Open source” si dice in gergo, ed è anche per questo che le più grandi aziende del mondo Internet lo hanno scelto come cervello dei propri server, quei computer che permettono agli utenti di effettuare le più svariate operazioni in rete, dall'invio di un'email alla visualizzazione di un video su YouTube.
Nato nel 1991, Linux compie 20 anni e l'organizzazione che presiede al suo sviluppo da qualche giorno ha dato il via alle celebrazioni pubblicando un video e un'infografica che raccontano la storia di questo curioso animale che ha rivoluzionato l'informatica contemporanea dimostrando come la collaborazione via Internet possa dare vita a progetti complessi, sfidare le logiche commerciali prevalenti e avere successo anche dal punto di vista del business.
Nel video sono narrati i momenti fondamentali nella storia del sistema operativo. Dalla prima richiesta di aiuto via Internet inviata dal ventenne Linus Torvalds, padre del progetto, alla scelta del pinguino come simbolo dopo che Torvalds fu morso da un pennuto allo zoo, alla crescita esponenziale dei programmatori e delle aziende che contribuiscono allo sviluppo del software.
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Che Linux sarebbe arrivato fino a questo punto non poteva immaginarlo nessuno. Tanto meno Torvalds, che cominciò a lavorare all'idea per divertimento. “Salve a tutti, sto realizzando un sistema operativo free (solo un hobby, non sarà nulla di grosso e professionale)...”, scrisse nell'agosto 1991 su un forum specializzato chiedendo un mano per il progetto e dando così il via, inconsapevolmente, a un'ondata di collaborazione via rete.
Ai tempi, l'unico modello di distribuzione del software considerato commercialmente sostenibile era quello proprietario, basato su codici tenuti gelosamente segreti e licenze d'uso a pagamento. Il ventenne Torvalds, invece, scelse un'altra strada, quella della licenza Gpl promossa dal guru del software libero Richard Stallman, che garantisce a chiunque di poter liberamente aprire un programma informatico e modificarlo, ma lo obbliga a distribuire il prodotto modificato con la stessa clausola: insomma, prendi quello che ti serve ma non tenerlo per te.
Sembrava assurdo, utopistico e molto poco capitalistico e invece funziona. Venti anni dopo, non solo Linux è il cuore della rete contemporanea, ma è sempre più inserito in dispositivi di tutti i tipi, dai supercomputer ai televisori ai bancomat. Persino Google è partito dal pinguino quando ha deciso di sviluppare Android, l'Os per smartphone che in un solo anno è diventato uni dei più diffusi del pianeta.
Proprio il carattere aperto del programma e la licenza adottata sono state le molle che hanno richiamato in brevissimo tempo sul progetto energie intellettuali ed economiche insperate. Alla fine degli anni '90 erano già attive sul mercato aziende come Red Hat che fondavano il proprio modello di business sull'assistenza a società che utilizzavano Linux. Nel 2003 anche un colosso come Ibm aveva abbracciato la filosofia open source e produceva costosi spot pubblicitari esaltando la creatura di Linus Torvalds e li faceva trasmettere durante il superbowl.
Ai giorni nostri persino Microsoft, la regina del software proprietario che in passato ha definito Linux un cancro, ha sfumato le proprie posizioni. Da qualche anno ha messo in piedi, con alcune delle maggiori società che distribuiscono Linux, programmi per garantire l'interoperabilità dei rispettivi software e stretto intese per evitare litigi sui brevetti. Per molti sostenitori dell'open source si tratta di abbracci pericolosi, per altri è la dimostrazione che persino il colosso di Redmond ha preso atto che ormai Linux costituisce una fetta consistente del mercato e che è destinato a mantenerla.
Quanto a Linus Torvalds oggi vive a Portland negli Stati Uniti, continua a tenere le redini del progetto dal suo ufficio casalingo interagendo con programmatori provenienti dai quattro angoli del globo. Un po' come vent'anni fa, in fondo, solo su una scala un po' più grande.