Mobilitazione dei lavoratori in Germania dopo la decisione di General Motors di non vendere la controllata automobilistica tedesca. Il fallimento dell'operazione suscita anche le proteste dei governi di Berlino e di Mosca
Passa attraverso un taglio dei costi del 30% il piano di General Motors per il futuro di Opel. Dopo aver innescato la retromarcia sulla vendita della controllata tedesca, il colosso di Detroit intende trovare tre miliardi di euro per rilanciare il marchio automobilistico e, per farlo, sta pensando di licenziare 10mila dipendenti in tutt'Europa, un quinto dell'intera forza lavoro. A rischiare di più sarebbero i tedeschi, che iniziano oggi una serie di scioperi. Ma forse con la minaccia dei licenziamenti, Gm intende pressare Berlino, che ha chiesto al gruppo statunitense di restituire il prestito di 1,5 miliardi di dollari che proprio la Germania aveva concesso affinché Opel passasse alla canadese Magna e alla banca pubblica russa Sberbank. Si capisce, quindi, perché Mosca stia studiano ricorsi legali, mentre la cancelliera Angela Merkel voglia discutere la questione con il presidente Barack Obama. Il fallimento della vendita, tuttavia, non delude tutti. Madrid intende trattare con Gm il futuro dei 7mila spagnoli che lavorano per Opel. Mentre Gran Bretagna, Belgio e Polonia preferiscono che le cose siano andate così: l'operazione sponsorizzata da Germania e Russia probabilmente avrebbe salvato i posti di lavoro tedeschi a scapito di quelli degli altri paesi.