L'Italia uscirà penalizzata dalla crisi soprattutto a causa dei limiti strutturali del sistema produttivo. A dirlo è la Confcommercio che vede un Paese che rischia di perdere posizioni rispetto agli altri attori economici della scena internazionale
Più che un ritorno al futuro sarà un brusco ritorno al passato. E' questa la previsione poco confortante formulata dal centro studi della Confcommercio che, nel suo rapporto sul terziario, calcola che la morsa della crisi lascerà segni profondi sull'economia italiana. "Nel 2010 - scrive la confederazione dei commercianti - avremo un prodotto lordo pro-capite inferiore a quello del 2001: in breve, avremo perso dieci anni di crescita economica". Anche se per il 2009 Confcommercio prevede una flessione del Pil del 3,9%, leggermente migliore rispetto alle previsioni formulate da governo. Quest'anno le famiglie non allargheranno i cordoni della borsa con una flessione della spesa dell'1,4%. Solo nel 2010 ci sarà "una reazione relativamente vivace, per gli standard italiani dello +0,4%" e a questa previsione è affidata la possibilità di uscire dal tunnel della recessione. Per la Confcommercio le caratteristiche strutturali del Paese rischiano di pesare come un macigno sulla possibilità di riaccendere il motore ingolfato dell'azienda Italia: tra queste c'è innanzitutto la bassa produttività. Secondo l'Istituto di Ricerca Prometeia "fatto 100 il Pil di ciascun Paese nel 2010 gli Stati Uniti si collocheranno a 98,2, il Regno Unito a 95,6 e la Spagna a 98". Mentre l'Italia si posizionerà a 94,8, cioè peggio dei Paesi responsabili della finanza creativa, dei titoli tossici e della rinuncia all`economia della manifattura e dell'agricoltura per puntare tutto sui servizi.