Milone: “La psichiatria è all’80% una posizione etica, tutto il resto è mestieraccio”

Cronaca

Filippo Maria Battaglia

Nell'"Arte di legare le persone" (Einaudi) lo psichiatra ha cristallizzato quasi quarant'anni di esperienza. E durante "Incipit", la rubrica di libri di Sky TG24, dice: “Se uno  guarda il paziente solo da lontano e prescrive medicine, questo diventa un mestiere triste e che serve a poco"

"Avendo fuggito ogni altro lavoro per paura, mi ritrovo a fare il lavoro che fa più paura a tutti". È quanto scrive Paolo Milone nelle prime due righe del suo primo libro, e già da queste due righe si può intuire di quale lavoro stiamo parlando.

Milone, infatti, ha lavorato prima in un Centro Salute Mentale e poi in un reparto ospedaliero di Psichiatria d’urgenza: quei poco meno di quarant'anni di vita e di pischiatria sono ora finiti cristalizzati in un libro, "L'arte di legare le persone", (Einaudi) che ha il grande merito di indagare la malattia mentale in modo asciutto e intenso, togliendo ogni velo di retorica e di estraneità.

“La Psichiatria è all’ottanta per cento una posizione etica. Il restante venti per cento è mestieraccio”, scrive, e lo ripete anche in questa intervista.

"Spesso - dice durante "Incipit", la rubrica di libri di Sky TG24. - noi psichiatri dobbiamo prendere decisioni rapidamente per una persona che non è in grado di dirci cosa desidera realmente. Ciò comporta il fatto che siamo continuamente alle prese con dilemmi di tipo etico. Risolti quelli, tutto ciò che resta si può imparare col mestiere".

"Come andare a prendere le persone in una casa che brucia"

Milone spiega quindi che sì, che ci sono molti modi di vedere la psicosi e che però, per lui, è innanzitutto una situazione che imprigiona le persone. Per questo, dice, devi proprio andarle a prendere e a liberarle, quelle persone lì: "Io ho un’immagine della psichiatria molto fisica, quasi interventistica. Se sei uno psichiatra devi fare qualcosa, non puoi  stare lontano e parlare, perché lì dentro, in quella casa che brucia, c’è una persona e tu devi tirarla fuori, anche se questo significa entrare nella casa in fiamme, trovarla e prenderla nonostante le sue paure". 

Anche per questo, quel "mestieraccio" è l'insieme di una serie di cose tecnicamente complicate. "La follia non esiste - spiega -  esistono solo tante malattie psichiatriche che hanno la capacità di confondere. Di questo bisogna tener conto e per questo bisogna nel lavoro trovare una media tra contatto e distanza".

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"L'onnipotenza va un po' sperimentata

Una pausa per cercare le parole giuste, poi Milone aggiunge che, certo, bisogna essere consapevoli dei propri limiti e che tuttavia serve pure fare sempre un passo avanti. "Se uno  guarda il paziente solo da lontano e prescrive medicine - dice - questo qui diventa un mestiere triste e che serve a poco". Per questo, osserva, occorre un po' sembrare onnipotente: "L’onnipotenza, che  è una cosa che in psicologia viene considerata del tutto negativa, va in realtà sperimentata, rischiando un po' e finendo così nell’impossibile".

Come una partita a scacchi

Sta zitto un attimo, Milone, poi sospira, spiega che questa professione non si può fare solo con la fantasia, che certo ci vuole studio e preparazione, ma subito dopo aggiunge che dopo decenni di letture, corsi, esperienze la psichiatria diventa un po’ come una partita scacchi.  "Ci sono tanti pezzi sulla scacchiera (pazienti, parenti, colleghi del pronto soccorso, primario, infermieri, vicini di casa). Si possono muovere in tanti modi e tutti dentro un quadro molto complesso. All'inizio, uno segue solo le regole; a un certo punto,  però, se uno è un bravo scacchista, non può stare a calcolare e a seguire manuali fino alla trentesima mossa . Ecco cosa significa  per me improvvisare in questo mestiere".

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