La città, mamma dei fuorisede, continua a coltivare i suoi spazi di cultura nonostante le difficoltà date dall'emergenza coronavirus. Dall'arte sui muri delle strade alla vita associativa che non si è mai fermata. E anche i musei, che sembrano chiusi, continuano a vivere in altri modi. Come una bicicletta che non si ferma mai
A Bologna non si trovano più le cartoline. Sarà che non va di moda spedirle oramai e che la sua anima turistica Bologna non l’ha mai davvero accettata. Piuttosto, si è fatta mamma dei fuorisede: studenti, lavoratori, che sceglievano la città perché qui è sempre stato facile sentirsi meno soli.
Le sue piazze centrali e comunicanti, da cui partirebbe ogni giro turistico, sono sempre le stesse. Il cielo è quello grigio di novembre ma le persone si muovono comunque in bici, anche se continua a pioviccicare perché sanno che dopo qualche ora il sole farà capolino. Mancano gli studenti, che non si vedono camminare di fretta verso le loro facoltà o stare in una piazza a godersi la vita universitaria. Molti sono rimasti nelle loro città originarie, alcuni si sono appena trasferiti a Bologna ma con le lezioni a distanza rimangono in casa. Così come i giovani lavoratori.
Una città fatta di piccole storie
A Bologna non si può che iniziare da piccole storie proprio perché la città, nel suo essere a misura d'uomo, di ragazzo, o meglio di chiunque, le accoglie tutte e le fa sue. Matteo, 31 anni, fa il grafico a partita Iva. Essere partita Iva, soprattutto per un giovane, vuol dire cercare collaborazioni e non fermarsi mai per riuscire a rimanere a galla. Ora, con l’emergenza virus, tutto questo è anche peggiorato. Intanto però Matteo ha portato avanti sui social la sua passione, e il suo lavoro, di stand-up comedian. “Molti dicono sia la stessa cosa del tradizionale cabaret italiano”, spiega, “ma la nostra comicità in parte è proprio una ribellione a quella della generazione precedente: vogliamo una prospettiva diversa, anche a partire dal palco, su temi come la questione di genere o LGBTQ+”.
Si respira comunità
C’è un polmone sociale qui, forse più spento di un tempo, ma si vede ancora, e resta attaccato ai muri.
Piccole e grandi associazioni
A Bologna le idee continuano a girare e anche quelle dei giovani: ci si sente più ascoltati, come in un grande paesone dove sembra che tutti condividano gli stessi ideali di società. E così fermentano moltissime piccole e grandi associazioni, studentesche e non solo. Come Gruppo Trans, associazione di ragazzi che lavora per stare vicino a chi vuole approcciarsi a un percorso di transizione, ma anche semplicemente a chi è più solo e senza aiuto, come le sex workers. "Con l'emergenza sanitaria le difficoltà che già c'erano, sono aumentate", spiega Christian, il presidente dell'associazione, "e in parallelo noi abbiamo dovuto reinventarci per trovare dei modi con cui portare avanti il nostro lavoro rispettando le restrizioni anticontagio".
La vita culturale non si è mai spenta
“Bologna è veloce, Bologna ti sfugge, Bologna è una bici”. La musica di Gio Evan, giovane cantautore italiano, se la senti una volta rimbomba nella testa mentre attraversi la città. “C’è una mostra d’arte contemporanea”. E ha ragione, anche in tempi di zona arancione. Qui non ti arrivano addosso i monumenti di Roma o Firenze, ma l’arte si respira. In una mostra a cielo aperto, tra le sue strade piene di graffiti, le sue gallerie e i suoi musei, Bologna ti fa respirare creatività. Anche dove non si vede continuano a fermentare esperienze culturali, artistiche, innovative.
La nuova vita dei mercati contadini di quartiere
Con il primo lockdown tutto si era fermato. Musei, gallerie, mercati, librerie. Ma chi vive dentro questi posti ha continuato a coltivarli, tirando fuori idee per tenersi e tenerli in vita. Campi aperti per esempio si è subito attivata per riaprire i suoi mercati contadini. Per questo, quando a novembre un'ordinanza regionale ha costretto questi mercati a chiudere nuovamente, c'è stata subito una mobilitazione cittadina: "Tutti hanno fatto qualcosa per protestare, ognuno a modo suo", spiega Elena, "e siamo riusciti a farci ascoltare: dopo neanche una settimana abbiamo riaperto".
In questi mercati di quartiere la produzione locale è un obiettivo sociale condiviso: non c'è differenza tra produttori e consumatori e tra vicini di banco ci si conosce. Quando a uno manca quel prodotto lì, la signora viene indirizzata all'altro.
Le librerie indipendenti fanno rete
Si parla, banalmente, di rete. In cui si sopravvive agendo insieme. Come hanno fatto anche le piccole e medie librerie. Alla chiusura di marzo, in un attimo si sono organizzate per le consegne a domicilio e se già prima erano centri di aggregazione, vivaci e pieni di proposte culturali, sono riuscite a diventare dei punti di riferimento anche virtuali. E forse non è un caso che anche questa rete si sia costruita tramite le biciclette: consigli al telefono e poi via con i pacchi sul sellino da consegnare a studenti chiusi in casa, lettori affamati o persone annoiate. E così le librerie indipendenti della città si sono ritagliate, anche al livello economico, un ruolo ancora più importante.
Per i quindici anni di Trame non si potrà organizzare un evento culturale o un incontro in libreria. “Pianteremo un frutteto sulle colline bolognesi”, spiega Nicoletta, “così piantare un seme e vederlo crescere sarà un gesto simbolico non solo di quello che è per noi questa libreria, ma anche del futuro”. Il futuro sarà come un piccolo frutteto sulle colline di Bologna. E magari ci si arriverà in bicicletta.