Il nuovo concorso scuola c'è, ma la continuità didattica no

Il Ministero dell’Istruzione ha bandito il secondo concorso previsto dal PNRR per la fase transitoria e che rientra – insieme al primo, bandito nei primi mesi del 2024 e in alcuni casi non ancora concluso – nel piano del Governo per l’assunzione di 70mila docenti entro il 2026. “L’obiettivo è garantire agli studenti un’istruzione di qualità e al passo con le sfide del nostro tempo, che sappia sostenere e valorizzare i talenti di ciascuno – ha spiegato il ministro Valditara – Con 19.032 posti a disposizione, di cui il 25% – pari a 4.840 cattedre – riservato al Sostegno, stiamo investendo su una scuola che sia motore di crescita e inclusione”. Dei posti messi a bando, 8.355 saranno destinati alla Scuola primaria e dell’infanzia e 10.677 alla Scuola secondaria di I e di II grado. Gli aspiranti docenti avranno tempo fino a fine mese per potersi iscrivere. Chi può prendere parte al concorso PNRR 2 Potranno sostenere la prima prova scritta, che consta di 50 quesiti a risposta multipla in ambito pedagogico, psicopedagogico e didattico-metodologico, nonché su competenze digitali e conoscenza della lingua inglese: - gli aspiranti docenti in possesso dell’abilitazione all’insegnamento; - nel caso della Scuola secondaria coloro che, negli ultimi cinque anni, ne hanno svolti tre di servizio, oppure hanno acquisito i 24 crediti previsti dall’ordinamento; - con riserva coloro che ancora non hanno concluso i percorsi abilitanti attivati nell’anno accademico 2023/2024. Per i posti di sostegno, invece, è necessario essere in possesso della relativa specializzazione. Il numero di cattedre varia per classe di concorso e per regione e la differenza dipende dalle previsioni dei posti vacanti, non dall’espletamento del concorso PNRR1. La reazione dei docenti al concorso PNRR 2 La pubblicazione del nuovo bando, però, non ha accolto il favore di tanti docenti. “Il secondo concorso PNRR è stato bandito senza che il primo sia stato portato a compimento – spiega a Sky TG24 Alessandro Marino, portavoce del Movimento Educazione Senza Prezzo – Sono numerose le classi di concorso che ancora stanno espletando le prove orali. In alcune regioni c’è chi, solo poco tempo fa, ha ricevuto la graduatoria. È una situazione davvero labirintica e complessa anche solo da spiegare. Non capiamo da mesi la necessità di indire un nuovo concorso, che prevede ancora meno posti messi a bando, quando esistono già graduatorie di vincitori, oltre che migliaia di idonei. Più che offrire soluzioni, questi concorsi hanno creato un vero e proprio terremoto nelle scuole italiane”. Sussistono, tuttora, graduatorie che devono ancora scorrere di concorsi precedenti, come quello bandito nel 2020 e poi, a causa della pandemia, svoltosi nel 2022. “Il primo concorso bandito con il PNRR ha creato altri docenti in attesa – aggiunge Alessandro Marino – È come se si trovassero tutti alla fermata di un bus: se il loro pullman dovesse passare, bene. Altrimenti perderebbero l’idoneità e dovrebbero fare un altro concorso”. “Come movimento Educazione Senza Prezzo chiediamo dignità e rispetto – racconta a Sky TG24 Simona Carannante, docente nel coordinamento del movimento ESP – Il PNRR, con il nuovo concorso che è stato indetto, nel nostro caso più che un piano di ripresa e resilienza, si sta trasformando in uno di resistenza: come docenti precari ci battiamo e lottiamo contro un pellegrinaggio senza fine da anni e da anni ci sono persone che aspettano la possibilità di ottenere un lavoro certo. Perché indire altri concorsi, se ci sono ancora graduatorie di persone idonee che attendono il loro meritatissimo posto? È una mercificazione dei titoli che dobbiamo prendere continuamente. Parliamo di abilitazioni, certificati, certificazioni, come se il nostro lavoro e la nostra competenza acquisita negli anni e nel tempo non fossero sufficienti”. “Io vincitore di concorso ho rinunciato a una nuova cattedra per non abbandonare i miei studenti” Nuovi docenti, nuove cattedre, ma anche meno continuità didattica garantita agli studenti. È quanto denunciano gli insegnanti. E c’è chi, come il docente Marco Garofalo, ha preferito rifiutare la cattedra vinta, per il bene dei suoi studenti. “Ho 31 anni, sono laureato in Lettere classiche e insegno a tempo indeterminato dal 2022 in una scuola media in provincia di Napoli – scrive in una lettera a Sky TG24 Marco Garofalo – Continuerò a farlo per diversi anni, perché ho recentemente rifiutato una cattedra di latino e greco che avevo vinto con l’ultimo concorso scuola. Una cattedra neanche troppo disagiata dal punto di vista della sede. È noto che effettuare una rinuncia al momento della convocazione significa compiere una scelta irrevocabile. Eppure, io l’ho fatto. Ero risultato primo in Campania su tre posti disponibili, in una classe di concorso prestigiosa – quella in Discipline letterarie, latino e greco nei licei classici – molto ambita per coloro che hanno una formazione classica e desiderano insegnare. In altre parole, un’occasione più unica che rara che, forse, non mi capiterà una seconda volta, quantomeno a stretto giro. Ma ho rifiutato, tra le altre cose, perché accettare avrebbe comportato lasciare le mie classi a dicembre e prenderne altre, che a loro volta avrebbero dovuto salutare il supplente di turno e accettare me, il loro nuovo insegnante. Nello specifico, si trattava di abbandonare le mie due meravigliose classi terze che porto con me dalla prima e con le quali si è instaurato un clima sereno, collaborativo e di fiducia. Me ne sarei andato col dispiacere di non averle potute guidare fino alla conclusione del loro percorso scolastico, e proprio non sarei riuscito a guardare con entusiasmo alla nuova cattedra. Non avrei potuto fare a meno di avvertire quel senso di sradicamento forzato da un contesto a cui ero fortemente legato”. Tra le altre ragioni che hanno portato Marco Garofalo a rifiutare la cattedra vinta c’è anche la crisi che sta investendo negli ultimi tempi il liceo classico. “Anche gli istituti storici della città di Napoli stanno conoscendo una massiccia contrazione d’organico – scrive a Sky TG24 - Ma tra i tanti “contro” che mi hanno dissuaso, c’è stata quella legge interiore, inflessibile, che mi ha imposto di voler portare a compimento un percorso iniziato tre anni fa con i miei alunni. Tutto questo non sarebbe stato possibile se non fosse stata garantita, in questi tre anni, quella continuità didattica che in generale, nelle complesse dinamiche scolastiche, viene sempre meno assicurata. Ed è per questo che mi chiedo come non sia stato consentito di poter differire la presa di servizio al prossimo anno scolastico, quando in passato è stato spesso possibile “congelare” la cattedra, salvaguardando al contempo la nomina giuridica. Nella scuola uno non vale uno: quando c’è in ballo la relazione didattico-educativa, nessuno è insostituibile”.

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