“Mafia mirror”, com’è cambiata Cosa Nostra a un anno dalla cattura di Messina Denaro
CronacaAl via su Sky TG24 "Overview - sguardo sui tempi che corrono", nuovo ciclo di approfondimenti in pillole prodotti dal canale all news e realizzati da Tiwi. Al centro della prima puntata l’evoluzione di Cosa Nostra dopo l’arresto dell’ultimo padrino, il corto circuito tra la vera mafia e la sua trasposizione cinematografica e la contaminazione fra criminalità, imprese, politica e massoneria
Don Vito, Sonny, Michael. U curtu, u tratturi, u siccu. I nomi, i soprannomi, le storie, le vite dei criminali hanno riempito cinema e pagine di giornali con un seguito che non ha conosciuto un tramonto. E poco importa se fossero boss in carne ed ossa o il frutto della penna di abili scrittori e sceneggiatori. Il corto circuito tra realtà e finzione non ha solo alimentato l’interesse dell’opinione pubblica, ma ha scatenato un’irrefrenabile passione tra i tanti mafiosi che hanno immaginato se stessi come il Padrino del romanzo di Puzo e soprattutto del film di Coppola. Uno specchio che ha esaltato tic, posture e talvolta debolezze del capo, spesso ostaggio della propria vanità (LA SECONDA PUNTATA - LA TERZA PUNTATA).
Ha ancora senso continuare a guardare in faccia i boss mafiosi per capire la mafia?
La prima guerra di mafia, poi la seconda. Badalamenti, Greco, Bontade, Inzerillo, Liggio. I corleonesi, il capo dei capi, Riina, quindi Provenzano, i Graviano, fino a Messina Denaro. Tutte vicende, famiglie e protagonisti che hanno in parte nascosto ciò che realmente ha costruito la presunta infallibilità delle strategie criminali: il sistema. Abbiamo immaginato una continua caccia all’uomo che periodicamente si aggiornava con la sostituzione dell’obiettivo, in caso di cattura o di morte violenta. Come se colpendo il vertice della piramide, questa si dovesse sgretolare un minuto più tardi. Ma la storia ci ha insegnato che una delle caratteristiche dei gruppi criminali è quella di generare nuove leadership anche in situazioni che sembrerebbero comprometterne l’esistenza stessa. Come hanno spiegato gli inquirenti il giorno della cattura di Matteo Messina Denaro, il capo dell’intera organizzazione deve essere palermitano. Quindi l’ultimo padrino era solo il capo della provincia di Trapani? È evidente che il boss di Castelvetrano aveva tutte le caratteristiche per raccogliere l’eredità di Riina e Provenzano, pur scontando il fatto di non essere di Palermo. E, a proposito di “sistema”, è stato colui che più di ogni altro ha saputo costruirsene uno aggiornato, moderno, fatto di relazioni con tutti i mondi che ha conosciuto dagli anni ’80 e fino alla sua cattura.
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Il triangolo di Cosa Nostra: politica, imprese, massoneria
Se Messina Denaro ha cambiato il modo di esercitare la leadership criminale, come è mutata nel tempo la strategia con cui l’organizzazione ha incrementato i propri guadagni?
Se prendiamo in esame gli anni dell’ascesa dei corleonesi ai vertici della Cupola, capiamo come sia profondamente cambiata la relazione tra la criminalità organizzata, la società e il tessuto imprenditoriale. Il pizzo garantiva denaro contante e controllo del territorio, corruzione e traffico di droga facevano il resto. Poi col tempo la mafia si è fatta impresa. Perché attaccare le aziende quando, inquinandole con la propria presenza, si ottiene il massimo rischiando il minimo? Negli anni ’90 agli stupefacenti e al riciclaggio, si è aggiunto il business “nobile” dell’energia pulita. E in questo Messina Denaro è stato il profeta dell’eolico nel trapanese. Nelle conclusioni di un recente rapporto della Banca d’Italia sul giro d’affari delle mafie si legge: l’estorsione, la contraffazione, l’usura, la gestione illecita del ciclo dei rifiuti, le scommesse…. Si può quindi ragionevolmente affermare che il complesso di tali attività rappresenti oltre il 2 per cento del Prodotto Interno Lordo. C’è da aggiungere l’economia sommersa e le attività apparentemente legali che riciclano denaro. Una vera “multinazionale” del crimine, la mafia, con i conti in ordine grazie ad una rete capillare di relazioni che vanno ben oltre i confini nazionali.
A proposito di unità di grandezza… la direzione investigativa antimafia negli anni ha sequestrato beni per un valore di circa 35 miliardi di euro, in pratica un’intera manovra economica.
Per capire come Cosa Nostra sia sopravvissuta alla caduta dei suoi capi, alle varie crisi finanziarie e a una pandemia, pensate a un triangolo con questi tre lati: politica, imprese, massoneria.
La politica. Il rapporto tra mafia e politica ha radici profonde. Basti pensare ciò che accadde dagli anni Sessanta e per i due decenni successivi con l’ex sindaco di Palermo, Vito Ciancimino, politico e mafioso di razza. Cresciuto con Provenzano e rispettato da Riina. La sua carriera da assessore con la vocazione per i lavori pubblici prima e quindi da primo cittadino. Con lui in Comune sono state rilasciate migliaia di licenze che hanno cambiato il volto del capoluogo siciliano, seppellito dalla speculazione edilizia in quella che è passata alla storia come “il sacco di Palermo”.
Don Vito e Salvo Lima e quella corrente della Democrazia Cristiana, poco democratica e per nulla cristiana, che aveva aperto le porte dei palazzi del potere ai corleonesi. Il rapporto di fiducia tra Lima e la Cupola si è rotto alla lettura della sentenza del maxi processo. Il politico aveva rassicurato i boss su assoluzioni e pene ridotte, ma la pioggia di ergastoli inflitti dai giudici siciliani ha segnato la fine di questo sodalizio e della sua stessa vita. È stato ucciso due mesi prima di Giovanni Falcone, nel marzo del 1992.
La mafia si fa impresa. E non solo nella Palermo dei Lima e dei Ciancimino. A Catania per decenni ha retto il patto tra il clan guidato da Nitto Santapola e l’élite dell’imprenditoria etnea che Pippo Fava, giornalista anche lui caduto vittima di un agguato, definì “i cavalieri dell’apocalisse mafiosa”. Le imprese si sono servite della mafia e la mafia degli imprenditori, dei politici. E dei massoni.
La massoneria appunto. La provincia di Trapani, regno di Messina Denaro, ha registrato negli ultimi decenni una straordinaria concentrazione di logge massoniche a cui – si è scoperto – hanno aderito politici, professionisti, uomini delle forze dell’ordine e lo stesso boss di Castelvetrano che pare ne abbia fondata anche una: la loggia Sicilia. Società segrete in una terra di mezzo che custodisce un esteso network di relazioni a tutti i livelli. La trentennale latitanza di Matteo Messina Denaro, ad esempio, si deve anche alla complicità del medico Alfondo Tumbarello, guarda caso anche lui massone.
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Come nei film
Riavvolgiamo il nastro e torniamo dentro uno degli ultimi rifugi del boss a Campobello di Mazara. Tra quei poster di Marlon Brando e di Al Pacino e le calamite col volto del padrino sul frigorifero.
Resta una domanda a cui non è facile rispondere... ma alla fine chi copia chi?
Quando gli agenti del servizio centrale operativo della polizia di stato nel 2006 fecero irruzione nel covo di Bernardo Provenzano (una masseria di Montagna dei cavalli, nelle campagne di Corleone) recuperarono tra pizzini, cicoria e ricotta anche una cassetta con la colonna sonora composta da Nino Rota per la pellicola di Coppola. Di questo parlò anche Antonino Giuffrè, ai vertici dell’organizzazione fino al suo arresto avvenuto nel 2002, quando decise di collaborare con i magistrati. Nel corso di un interrogatorio raccontò come Bernardo Provenzano un giorno si presentò in un cinema per assistere a “Il Padrino – Parte terza”. Accompagnato dall’amico di sempre, Pino Lipari, Binnu ‘u Tratturi (Provenzano) si confuse tra gli spettatori in sala per godersi il film con Al Pacino, Diane Keaton ed Andy Garcia. In questo terzo capitolo (uscì nel 1990) Michael vola a Roma per incontrare alti prelati in Vaticano e politici di primo piano. Mafia e politica… già, come nei film.
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SkyTG24 "Overview - sguardo sui tempi che corrono"
Al via su Sky TG24 "Overview - sguardo sui tempi che corrono". Il nuovo ciclo di approfondimenti in pillole del canale all news diretto da Giuseppe De Bellis sarà in onda nelle principali edizioni del telegiornale, sul sito skytg24.it e sul canale YouTube della testata.
Ad un anno dalla cattura di Matteo Messina Denaro, al centro della prima puntata dal titolo ‘Mafia mirror’ - condotta da Fabio Vitale e curata insieme ad Andrea Dambrosio - l’evoluzione di Cosa Nostra dopo l’arresto dell’ultimo padrino. L’approfondimento si concentra in particolare sul corto circuito tra realtà e finzione, tra la vera mafia e la sua trasposizione cinematografica. Ricordando come la fascinazione dei boss mafiosi per le pellicole di genere e di sceneggiatori e registi per le dinamiche interne alle organizzazioni criminali risalga all’uscita de ‘Il Padrino’, il bestseller di Mario Puzo. Inoltre, il primo appuntamento con ‘Overview - sguardo sui tempi che corrono’ indaga e spiega come si sia sviluppata la contaminazione tra Cosa Nostra, imprese, politica e massoneria. Un contesto che ha favorito gli affari delle mafie e la trentennale latitanza di Messina Denaro.
La serie di approfondimenti, prodotta da Sky TG24 e realizzata da Tiwi, nei prossimi episodi affronterà alcuni dei principali temi economici, sociali e di geopolitica al centro dell’attualità.