Francesca Morvillo, chi era la magistrata e moglie di Falcone morta nella strage di Capaci
Cronaca ©IPA/FotogrammaNata a Palermo nel 1945, fu una delle prime donne in Italia a intraprendere la carriera della magistratura. Fu per 17 anni sostituta procuratrice al tribunale dei minorenni, prima di diventare consigliera di Corte di Appello. La storia della donna che sposò Falcone accettando di vivere un amore blindato
Erano le 17.58 del 23 maggio 1992 quando Cosa Nostra fece esplodere una bomba di 500 chili di tritolo sull’autostrada al chilometro 5 della A29, nei pressi dello svincolo di Capaci-Isola delle Femmine, nei pressi di Palermo. Insieme al giudice Giovanni Falcone saltarono in aria anche la moglie Francesca Morvillo, anche lei magistrato, e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Da 31 anni Francesca Morvillo viene definita “la moglie di Falcone”, ma è stata molto più di questo: una magistrata, una delle prime donne in Italia a ricoprire quel ruolo, anche lei protagonista nella lotta alla mafia siciliana. L’unica nell’Italia delle stragi. Eppure negli anni la narrazione non le ha restituito verità: se Falcone e i suoi uomini uccisi erano gli “eroi”, Morvillo era “la moglie del giudice”.
Dal tribunale per i Minorenni alla Corte d'Appello
Francesca Morvillo nasce a Palermo il 14 dicembre 1945, e respira il mondo del diritto fin da piccola: il padre è un sostituto procuratore, anche il fratello diventerà magistrato. A 22 anni si laurea in Giurisprudenza con il massimo dei voti. La sua carriera, ricorda il CSM, inizia nel 1970 in un periodo storico in cui solo pochi anni prima, nel 1963, la magistratura era diventata accessibile alle donne. Il primo incarico la vede come uditore giudiziario a Palermo, nel 1971 diventa giudice del tribunale di Agrigento, dal 1972 al 1988 ricopre l’incarico di sostituto procuratore presso il tribunale dei minorenni di Palermo, mentre nel 1988 diventa consigliera di Corte di Appello. Diciassette anni in cui affronta casi delicati e complessi tra i giovanissimi, prima di passare alla Corte di Appello dove affronta centinaia di processi, come quello concluso con una condanna nel 1991 di Vito Ciancimino per appalti. Solo nel 1990 deposita 768 sentenze, superando la media dei colleghi. Nello stesso anno il Consiglio giudiziario di Palermo, nelle valutazioni su Morvillo la definisce “eccellente, pronta e sagace”.
L'incontro con Falcone e il trasferimento a Roma
Nel 1979 a casa di amici in comune conosce Giovanni Falcone, e inizia così la loro relazione. Entrambi con due matrimoni alle spalle, ottengono i rispettivi divorzi e decidono di sposarsi nel 1986, con una cerimonia molto intima officiata dall’allora sindaco di Palermo Leoluca Orlando e con il magistrato Antonio Caponnetto come testimone. Una storia che anche dopo le nozze Falcone e Morvillo vivono lontani, finché nel 1991 lei invia alcune domande di trasferimento per uffici giudiziari con sede a Roma. La ragione, scrive, è “l’esigenza di raggiungere la sede richiesta per mantenere l’unità del nucleo familiare dato che il proprio coniuge Giovanni Falcone, anch’esso magistrato, è stato destinato al Ministero di Grazia e Giustizia con l’incarico di direttore generale degli affari penali”. Pochissimi giorni prima della strage di Capaci, il 12 maggio 1992, Morvillo ottiene un prestigioso incarico come componente della Commissione giudicatrice del concorso per uditore giudiziario.
La scorta e l'attentato dell'Addaura
Una storia d’amore costantemente blindata, per i rischi che Falcone correva in quegli anni, da quando entrò a far parte del pool antimafia di Palermo insieme a Paolo Borsellino e ad altri giudici istruttori. Non potevano farsi vedere insieme, gli incontri avvenivano di nascosto: nessuna cena tra marito e moglie, nessuna passeggiata al mare. Nel giugno 1989 Falcone scampa all'attentato dell'Addaura nella villa che aveva affittato per il periodo estivo: vengono trovati in un borsone sportivo 58 cartucce di esplosivo. Quell’episodio preoccupa Falcone, che chiederà alla moglie di lasciare la casa al mare per tornare a Palermo e non correre rischi. Pensa persino al divorzio per salvarla, ma lei rifiuta. Decide di restare sua moglie, e di continuare a trascorrere insieme le giornate nella villa estiva per tornare ogni sera a dormire nella sua casa di Palermo con la scorta. Resta sempre al fianco di Falcone, ma rinuncia da subito ad avere figli perché, diceva consapevole di quello che sarebbe potuto accadere, “non si mettono al mondo orfani”.
La strage e quel biglietto d'amore trovato tre anni dopo
Quel 23 maggio del 1992 Falcone era appena atterrato all’aeroporto di Palermo. Viaggiava a bordo di una Fiat Croma bianca assieme alla moglie seduta sul sedile del passeggero, e all’autista Giuseppe Costanza - che si salvò - sul sedile posteriore, mentre sulla Fiat Croma che li precedeva si trovavano gli agenti della scorta Schifani, Montinaro e Dicillo. "Dov'è Giovanni...?", furono le ultime parole di Francesca Morvillo rivolte al marito, raccolte da un poliziotto durante il trasporto disperato in ospedale. Tre anni dopo l’attentato, Giovanni Paparcuri, collaboratore di Falcone che lo aveva aiutato nel trasloco da un ufficio a un altro trovò in una scatola in mezzo ai sigari del giudice un libro con un biglietto: "Giovanni, amore mio, sei la cosa più bella della mia vita. Sarai sempre dentro di me così come io spero di rimanere viva nel tuo cuore, Francesca". Paparcuri consegnò il biglietto alla sorella di Falcone, chiedendole di metterlo sulla tomba: "Penso che Francesca, quando se l'è sposato nel 1986, sapeva che sarebbe morta insieme a suo marito".