Stando ai dati diffusi, sono in calo tutti i reati legati alla violenza di genere: maltrattamenti in famiglia, stalking, percosse, violenze sessuali. Allo stesso tempo, aumentano le segnalazioni di presunti autori di reato e le azioni di contrasto
I primi nove mesi del 2018 hanno segnato un calo dei “reati spia” che possono precedere i femminicidi: maltrattamenti in famiglia, stalking, percosse, violenze sessuali. Dall’altra parte, si registra un aumento dell'azione di contrasto, misurata in termine di denunce e arresti. Sono queste le conclusioni che emrgono dai dati diffusi dalla polizia, che a Verona ha lanciato la campagna “Questo non è amore”. L’iniziativa, promossa dalla Direzione Centrale Anticrimine, guidata dal prefetto Vittorio Rizzi, è partita pochi giorni prima del 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Porterà una serie di manifestazioni in tutte le province italiane con lo scopo di contrastare la violenza di genere.
I femminicidi
Nei primi nove mesi del 2018, il numero delle donne uccise è calato solo di 3 unità (dai 97 casi dello stesso periodo del 2017 a 94), ma - spiega la polizia - solo in 32 casi si può propriamente parlare di femminicidio, i casi cioè in cui una donna viene uccisa in ragione del proprio genere. In tutto, nel 2016, sono state uccise 149 donne e nel 2017 il numero si è fermato a 123.
Lo stalking
Nel periodo gennaio-agosto 2018 sono stati 8.414 i casi di stalking, a fronte di 9.905 nello stesso periodo del 2017 (con un calo del 15,05%). Le segnalazioni di presunti autori di questo reato sono invece aumentate, con un +4,49% (9.351 totali) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (8.949). In più, i soggetti ammoniti per stalking sono aumentati del 23%, passando da 672 a 827 individui. Di questi, solamente il 19% ha commesso di nuovo lo stesso delitto dopo essere stato ammonito.
Maltrattamenti in famiglia
Sono diminuite anche le denunce per maltrattamenti in famiglia, segnando un -4,47% (da 10.682 a 10.204). Anche in questo caso, però, sono di più i presunti autori di reato segnalati all’autorità giudiziaria: in totale 11.801 individui sono stati denunciati, contro i 10.644 dello scorso anno. Ad aumentare, anche gli ammoniti per violenza domestica che nel periodo gennaio-agosto 2018 sono stati 538 (rispetto ai 409 dello stesso periodo nel 2017). A macchiarsi di recidiva, solo il 17% dei soggetti già ammoniti.
Violenza sessuale
I casi di violenza sessuale sono stati 2.977, a fronte di 3.189 nello stesso periodo del 2017 (-6,65%). Sono 3.217 i presunti autori di reato segnalati nel periodo gennaio-agosto 2018 (erano 3.011 nel 2017, quindi un +6,84%).
Percosse
Chiude la lista il reato di percosse, in diminuzione come tutti gli altri. Si è registrato in questo caso un -11,25% (8.718 totali contro le 9.823 denunce nello stesso periodo del 2017). In controtendenza rispetto a tutti gli altri dati, per questo reato si segnala una lieve diminuzione dei presunti autori denunciati che passano da 6.545 a 6.346 (-3,04%).
Regioni in cui si denuncia e autori stranieri
Dai dati diffusi dalla polizia, emerge poi che la Sicilia è la regione in cui le donne denunciano di più, seguita dalla Campania e dall'Emilia Romagna. Per quanto riguarda gli autori di questi reati, in media nel 27% dei casi si tratta da stranieri. Una percentuale che sale al 34% se si considerano i soli presunti autori minorenni.
Il protocollo Eva
Dal gennaio del 2017, tutte le Questure hanno adottato il protocollo E.V.A. (Esame delle Violenze Agite), uno strumento che codifica le modalità di intervento nei casi di liti in famiglia e permette di inserire nella banca dati delle forze di polizia (Sdi) - indipendentemente dalla presenza di una denuncia o querela da parte della vittima - una serie di informazioni utili a ricostruire tutti gli episodi di violenza domestica che hanno coinvolto un nucleo familiare. Tramite l’utilizzo del protocollo sono state fino ad ora analizzate oltre 9.000 segnalazioni, portando in 159 casi all'arresto in flagranza, in 261 casi alla denuncia e in 81 all'allontanamento alla casa familiare.
Gabrielli: “Non basta applicare la legge, serve sostegno”
“Una donna che è vittima di violenza, proprio perché prevaricata in quanto donna e privata di libertà ed autonomia, si sente sola, è rassegnata, prova vergogna, ha paura di ritorsioni per sé stessa e i propri figli, si crede colpevole, teme di non essere creduta”, ha detto il Capo della Polizia, Franco Gabrielli. “Il poliziotto a cui chiede aiuto deve sapere rispondere a questo dolore, consapevole che il più delle volte l’aggressore è una persona a cui la donna è legata da vincoli affettivi che determinano una condizione di grave stress emotivo e psicologico. Non basta applicare la legge, è necessario assicurare alla donna l’accoglienza, informazioni e sostegno necessari ad uscire dalla condizione di soggezione ed isolamento che sta vivendo”, ha aggiunto.