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Il Covid rialza la testa? Numeri e grafici ci offrono qualche risposta. FAQ

Cronaca

Raffaele Mastrolonardo

I contagi e i ricoveri aumentano ma restano sotto controllo e, soprattutto, molto lontano dai momenti più drammatici della pandemia

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Con la stagione autunnale e invernale si torna a parlare di Covid (oltre che di influenza). Dei contagi che aumentano, a volte con percentuali che fanno impressione, delle ospedalizzazioni in rialzo e della campagna vaccinale che non decolla. E insieme ai casi, crescono anche i dubbi e le perplessità italiani rispetto ad un fenomeno che avremmo preferito dimenticare. Anzi, che forse avevamo già dimenticato. E che invece, tra titoli di siti e giornali, notizie condivise sui social media e colleghi e parenti di nuovo a casa positivi, torna a far parlare di sé. E a suscitare interrogativi. Anche per questo abbiamo provato a mettere insieme qualche domanda e a dare qualche risposta, con l’aiuto dei numeri e dei grafici.

 

I contagi di Covid sono di nuovo in aumento?

Sì, i casi di Covid sono nuovamente in salita nelle ultime settimane. Anche se finora la crescita non appare così impetuosa. 

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Nella settimana che si è conclusa il 29 novembre, ultima per la quale abbiamo dei dati, si sono registrati 52.177 nuovi casi, contro i 44.955 di quella conclusasi il 22 novembre e i 34.319 di quella terminata il 15 novembre. Dunque, nell’ultima settimana i casi positivi sono aumentati del 16 per cento rispetto a quella precedente e del 52 per cento rispetto a quella terminata il 15 novembre.

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Se i casi sono aumentati del 16 per cento nell’ultima settimana perché Fondazione Gimbe parla di un aumento del 94 per cento. Come si spiega questa differenza?

La differenza si spiega con il diverso periodo di riferimento. Il 94 per cento menzionato da Gimbe riguarda l’aumento dei nuovi positivi nell’ultima settimana di cui abbiamo i dati (23-29 novembre, come abbiamo detto) rispetto alla settimana tra il 2 e l’8 novembre. Insomma, la crescita c’è, ma l’intensità di questa dipende dal punto di riferimento che prendiamo. 

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Dal momento che i tamponi non sono più obbligatori, non è meglio guardare alle situazione negli ospedali per avere un quadro più preciso, invece che ai casi?

Certamente. Il dato dei casi resta importante perché ci permette di “annusare” prima una tendenza ma ormai non dice molto sulla diffusione del Covid, men che meno sul suo impatto sulla salute generale. Per questo dobbiamo guardare al dato dei casi più seri, quelli che necessitano di cure ospedaliere. E questi sono anch’essi in aumento. Il 29 novembre, ultimo giorno per il quale abbiamo i dati, risultavano ricoverati 5.741 pazienti. Alla fine della settimana precedente erano 4.811, con un aumento del 19 per cento in 7 giorni. Per quanto riguarda i ricoverati in terapia intensiva, nello stesso periodo, sono passati da 137 a 170. Come ha commentato il presidente della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso), Giovanni Migliore, l’impatto è ancora complessivamente limitato e riguarda soprattutto gli anziani: “Assistiamo a una maggiore circolazione del virus che impatta, seppur in minima parte, sugli ospedali incrementando i ricoveri”. 

 

Dunque crescono i ricoverati Covid negli ospedali, ma quanto rilevanti sono questi numeri?

A differenza dei contagi, rispetto ai quali è difficile fare paragoni con il passato, il dato dei ricoveri ci permette di effettuare confronti nel tempo. Per trovare un dato analogo all’attuale bisogna tornare indietro fino al 16 gennaio 2023 con 5.734 pazienti ricoverati con Covid. Siamo comunque molto lontani dai numeri del luglio 2022, quando i pazienti in ospedale toccarono quota 11mila. O del gennaio 2022: in quell'occasione i ricoverati salirono fino a 20mila. Per non parlare dei 34mila raggiunti nel novembre 2020. Si tratta, com'è evidente, di ordini di grandezza diversi che devono aiutarci a dare il giusto senso delle proporzioni alla situazione attuale. 

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Che caratteristiche hanno i pazienti ricoverati?

Secondo Giovanni Migliore, presidente Fiaso, “l'età media dei pazienti rimane elevata, pari a 76 anni”. Guardando ai dati dell’Istituto superiore di sanità elaborati dall’Istituto nazionale di fisica nucleare, si può stimare che quasi 3 ricoverati su quattro abbiano più di 70 anni e quasi 4 su 5 più di 60. Come spiega sempre Fiaso, il Covid in questa fase è “pericoloso soprattutto per anziani affetti da altre patologie che il virus contribuisce ad aggravare”.

 

E i decessi?

Così come i positivi e i ricoveri, anche i decessi legati al Covid sono in aumento: 291 nell’ultima settimana. Anche in questo caso, per trovare numeri analoghi bisogna tornare indietro fino al gennaio 2023. E anche, in questo caso però, restiamo lontani dai momenti più tragici della pandemia come rivela un’occhiata al grafico seguente. 

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Avevo letto che il Covid non aveva più impatto sulla mortalità generale. Non è così?

Il 2023 è finora il primo anno dall’inizio della pandemia in cui la mortalità complessiva, dunque per ogni causa, è tornata ai livelli pre-Covid. I dati disponibili tuttavia si fermano a ottobre. E’ dunque dunque possibile che i mesi di novembre e dicembre facciano registrare nuovamente una crescita della mortalità in eccesso rispetto alla media pre-pandemia. Per questo bisognerà aspettare i dati aggiornati, anche se è ragionevole aspettarsi, pur con cautela, che non mutino il quadro complessivo del 2023. 

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Come sta andando la nuova campagna vaccinale?

La campagna vaccinale anti-Covid per l’autunno e l’inverno 2023 sta andando a rilento. E questo è uno dei motivi di maggiore preoccupazione. Al 30 novembre 2023, secondo il Ministero della Salute, erano state somministrate 1.042.541 dosi di vaccino adattato alla sottovariante Omicron XBB 1.5. Il vaccino, come noto, è raccomandato, oltre che per le persone fragili, per tutti gli over 60, vale a dire una platea di circa 18 milioni di persone. Tuttavia, solo 890mila di queste, sempre secondo il Ministero, hanno ricevuto la più recente versione del vaccino. Decisamente poche. C’è dunque una larga fetta di popolazione a rischio coperta.