Minori testimoni e vittime, il lato silenzioso della violenza di genere

Gli ultimi dati Eures sul femminicidio indicano la Campania come la seconda regione in Italia per numero di femminicidi. Non va meglio sul fronte delle denunce, che rappresentano entrambi i lati della medaglia: una maggiore consapevolezza da un lato, dall’altro l’innegabile pervasività del fenomeno. Alla IV sezione della Procura di Napoli coordinata dal procuratore Raffaello Falcone, che si occupa proprio della violenza di genere e della tutela delle fasce deboli della popolazione, in un anno sono arrivate più di 5750 denunce. Che vuol dire più di 15 donne al giorno. Per dare una dimensione del fenomeno, sono state emesse quasi 250 misure cautelari in carcere, circa 70 arresti domiciliari, una ventina di allontanamenti dalla casa familiare e quasi 90 divieti di avvicinamento. L’aumento delle misure deriva anche dall’introduzione del “Codice rosso”, che riduce i tempi di intervento della polizia giudiziaria in favore delle vittime. Sempre più spesso a trovare la forza di denunciare sono i figli, anche minori. Il loro disagio viene intercettato a scuola e da lì arriva alle autorità. La Procura di Napoli, unico caso in Italia, ha introdotto una collaborazione costante e strutturata con l’Azienda sanitaria locale: ad affiancare la polizia giudiziaria c’è un team di due psicologhe specializzate per assistere le giovani vittime di violenza non solo durante l’ascolto protetto in ambito giudiziario, ma anche durante un percorso psicologico di sostegno. Violenza? No, violenze La tipologia di violenza più comune è quella domestica da parte di partner o ex partner. Ma aumentano anche le violenze sessuali: non disponiamo di un numero esatto delle denunce, ma quello che filtra da ambienti investigativi è che le aggressioni a sfondo sessuale, specie a danno di turiste, sono in crescita nella città di Napoli. Da un lato le denunce, dall’altro la paura. C'è chi le ritira, soprattutto nel caso di partner o ex. Spesso ci si racconta di poter gestire la situazione, perché denunciare chi si ama – un marito, un compagno, un figlio violento – è difficilissimo, perché le condizioni di vita diventano più aspre, perché non sempre le misure di protezione bastano da sole a garantire una qualità di vita accettabile. Ricordiamo che in Campania l’occupazione femminile è la più bassa d’Italia: 31 per cento. E l’assenza di indipendenza economica è uno degli ostacoli più grandi all'emersione del fenomeno. Manca tanto oltre l’aspetto giudiziario. Una questione culturale La violenza maschile contro le donne non dipende dall'età: si parte già dai 13-14 anni fino agli 80 e più. E non è questione di classe sociale o provenienza geografica. Lo sa bene Tania Castellaccio, coordinatrice dell'area Accoglienza Donne della Dedalus Cooperativa Sociale, che dal 2021 gestisce, insieme a una rosa di associazioni, sei centri antiviolenza a Napoli. Dall’inizio dell’anno a oggi “ben 540 donne, per l'esattezza 542, si sono rivolte ai centri antiviolenza. La maggior parte di esse ha tra i 30 e i 49 anni, ma sono tante anche le ultrasessantenni”. E le giovanissime: “Ragazzine di sedici o diciassette anni ci hanno chiesto sostegno per affrancarsi da relazioni maltrattanti”. In tutte le municipalità della città, i centri antiviolenza hanno ricevuto richieste di sostegno. Per la stragrande maggioranza si tratta di italiane: “L’87 per cento, ma non mancano straniere o con background migratorio – spiega Castellaccio – Numerose le vittime che provengono dallo Sri Lanka o dalla Nigeria”. Violenza psicologica ed economica Non solo violenza fisica: “Anche psicologica – sottolinea Castellaccio – Il 90 per cento delle donne che ci ha chiesto aiuto racconta anche un vissuto impregnato di quel tipo di violenza”. Invisibile, impalpabile, spesso sfugge alle maglie della giustizia. Eppure è in grado di devastare una persona: fatta di vessazioni, umiliazioni, di fronte anche ai figli minori, controllo, limitazione della libertà. E capita che si leghi a quella economica: “Il 49 per cento delle donne che ha chiesto aiuto ha parlato anche di violenza economica, fatta di controllo dello stipendio o di essere state costrette a lasciare il lavoro per la cura dei figli. Ci sono vittime – ricorda la coordinatrice – che hanno raccontato di essere state costrette dal compagno maltrattante persino a indebitarsi”. Il tema della violenza maschile non è un’emergenza, come si dice spesso. "È un fenomeno strutturale. Ad esempio: spesso le donne percepiscono stipendi inferiori a parità di funzioni, e tra l’altro su di noi ricade per la maggior parte il lavoro di cura in ambito familiare. Come dice spesso Azzurra Rinaldi, un’economista femminista, l'indipendenza economica è il primo strumento per la libertà femminile, dunque è fondamentale lavorare su questo tema”. La violenza contro le donne e i figli minori La cooperativa Dedalus gestisce anche Casa Fiorinda, la prima casa rifugio del Comune di Napoli, un bene confiscato alla camorra. È destinato a casa di accoglienza e qui, oltre a sostenere le donne nella liberazione da situazioni difficili, nell’assistenza legale e nella rielaborazione e superamento dei traumi, c’è un focus privilegiato sulla violenza assistita, che su bambini e ragazzini ha effetti deflagranti. La violenza di genere tra adolescenti Il caso eclatante di Martina Carbonaro, uccisa quest'anno a colpi di pietra dal fidanzato che non accettava la fine della relazione ad Afragola, in provincia di Napoli, è emblematico: la vittima aveva solo 14 anni. Il fidanzato, 18. È sotto gli occhi di tutti che l’età di vittime e autori di violenze e delitti si è abbassata. A Napoli, in Campania e non solo. Il rapporto di Save the Children è eloquente: il 65 per cento degli adolescenti italiani tra i 14 e i 18 anni ha dichiarato di aver subito almeno un comportamento di controllo da parte del partner; il 52 per cento degli adolescenti ha detto di aver subito almeno una forma di violenza; il 36 per cento ritiene che il consenso in una coppia si possa dare per scontato. “Tutto questo – conclude senza mezzi termini Castellaccio – Ci spara in faccia un’urgenza, che è quella di trattare l’educazione sessuale, l’educazione ai sentimenti, il tema del consenso nelle relazioni fin dall’infanzia”.

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Gaia Bozza