Divieto degli smartphone a scuola, misura giusta o da rivedere?

La stretta del Ministero dell'Istruzione sull'utilizzo degli smartphone a scuola è un tema ancora dibattuto. Di recente il dicastero ha disposto il divieto totale dei cellulari durante lo svolgimento dell’attività didattica, anche nelle classi superiori, per rispondere agli “effetti negativi, ampiamenti dimostrati dalla ricerca scientifica, che un uso eccessivo o non corretto dello smartphone può produrre sulla salute e il benessere degli adolescenti e sulle loro prestazioni scolastiche”, ha specificato il ministro Giuseppe Valditara. La prima regolamentazione per l'uso del cellulare in classe risale a una circolare del 2007, che stabiliva uno stop generico per ragioni di correttezza e per contrastare i primi episodi di cyberbullismo. Oggi, diciotto anni dopo, il Mim ha inasprito le regole. La circolare dell'11 luglio del 2024 infatti vieta totalmente – ad eccezione dei casi di studenti con bisogni educativi speciali - lo smartphone nel primo ciclo scolastico . Il divieto è stato poi esteso con una nuova circolare anche alle scuole superiori, escludendone l'utilizzo anche per finalità didattiche. Sul tema si sono confrontati, nell'ultima puntata di Materia Grigia, il talk di Sky Tg24 condotto da Fabio Vitale, Gisella Laterza, docente e scrittrice, e Antonello Giannelli, presidente dell'Associazione Nazionale Presidi. Oltre agli smartphone in classe, gli esperti hanno affrontato anche la questione dell'educazione sessuale e affettiva come materia obbligatoria a scuola. Il divieto degli smartphone a scuola: vantaggi e rischi Durante la puntata, Laterza e Giannelli hanno approfondito la questione analizzando i vantaggi e i possibili rischi della disposizione del Ministero. “Il tema dei cellulari a scuola è dibattuto da molto tempo. Credo che un divieto assoluto possa essere un esperimento interessante, ma forse la mia opinione è un po' più moderata. Per me può essere ancora più utile far utilizzare i cellulari come di fatto la proposta in maniera limitata e circoscritta, magari ad alcuni momenti e sicuramente solo per finalità didattiche”, ha detto Gisella Laterza. Il rischio di vietare completamente l'utilizzo del cellulare a scuola per gli studenti delle superiori, secondo la docente, “forse emerge nel momento in cui i ragazzi rischiano di percepire il cellulare in modi diversi: se glielo vietiamo completamente forse rischiamo di demonizzare questi strumenti e, proibendo qualcosa, rischiamo di renderlo più attraente per gli studenti”. Il rischio è che “quando a scuola non è possibile utilizzare il cellulare mentre a casa l'uso non è controllato per diversi motivi, forse gli studenti rischiano di vedere la scuola come un tempo troppo lento”, ribadisce Laterza. Antonello Giannelli si è detto “d'accordo con il divieto”, ribadendo che “c'è un utilizzo incontrollato di questi dispositivi e la circolare del Ministro non è estemporanea” ma fa riferimento a “tutta una serie di istanze di allarme sociale provenienti dalle famiglie e anche dall'ambiente dei neurologi, dei neuropsichiatri”. Poi ha aggiunto: “C'è un coro abbastanza unanime circa il fatto che di questo strumento non si deve abusare. E la scuola può essere un luogo dove ci si abitua un po' di più al rispetto delle regole, perché dobbiamo dire che a casa queste regole non ci sono, un po' perché la tipologia di famiglia è cambiata - oggi abbiamo spesso famiglie con un solo genitore, abbiamo spesso famiglie in cui il genitore o i genitori lavorano entrambi, sono assenti, per cui questi ragazzi il pomeriggio stanno da soli a casa oppure in giro con gli amici. Vedere e imparare che la scuola è un luogo dove ci sono delle regole secondo me è istruttivo, educativo, e serve come preludio a quella società che ne ha dopo”, rimarca il presidente dell'Associazione nazionale presidi. “Oggi, dopo il Covid, con il PNRR le scuole sono piene di dispositivi che possono essere utilizzati, quindi mentre un tempo lo strumento del cellulare poteva essere utilizzato come device personale, oggi invece abbiamo una grande ricchezza di dotazioni, quindi non ne sento la necessità”, specifica. L'educazione sessuale e affettiva a scuola Tra i temi affrontati nel corso della puntata, anche quello dell'educazione sessuale e affettiva. Attualmente, in Italia, questa materia non è obbligatoria nelle scuole superiori, come accade invece in altri Paesi europei tra cui la Germania o il Regno Unito. Gli esperti si sono espressi entrambi a favore dell'inserimento dell'educazione sessuale e affettiva nel programma scolastico. “Il Ministro Valditara si sta confrontando molto a livello internazionale e molti dei suoi provvedimenti, delle sue idee in realtà sono anche frutto di un confronto internazionale. Prima si è parlato del cellulare, ricordo che questo divieto si sta un po' estendendo in tutta Europa: la stessa Finlandia per noi è esempio di apertura e di progresso scolastico sta decidendo e ha deciso in tal senso. Allora anche nel campo dell'educazione affettiva è indubbio che noi siamo ancorati a una visione un po' superata di scuola, cioè quell'ambiente in cui si va soltanto per 'apprendere nozioni' - sto esagerando naturalmente”, ha precisato Giannelli. La scuola “dovrebbe essere qualcosa in più, non si dovrebbe fare solo istruzione ma educazione nel senso più lato, nell'accezione latina di 'educere', cioè tirar fuori dalle persone quello che sono”, ha ribadito il presidente dell'associazione. Ma chi dovrebbe condurre questo tipo di lezioni? Possono farlo i docenti o servono figure esterne specializzate? “Il dibattito è vasto”, risponde ancora Giannelli, che si dice a favore dell'inserimento di “figure specialistiche, per esempio uno psicologo”. Poi rimarca: “Però è inutile nascondersi, la miniera secondo me più ricca di spunti per l'educazione affettiva è la letteratura. Ci sono i cosiddetti romanzi di crescita, che sono consigliati nella fascia adolescenziale proprio per introdurre i ragazzi a certe tematiche. Mi viene in mente Demian di Hermann Hesse...”. Anche Laterza si è detta “favorevole all'educazione affettiva e sessuale in classe perché, come emerge da un'indagine di Save Children del 2024, meno di un adolescente su due ha fatto educazione affettiva e sessuale in classe e il 47% degli adolescenti si informa sul tema su internet con tutti i rischi e i limiti che possiamo immaginare”. Poi precisa: “Affidare il percorso a un esperto e a una persona formata sarebbe l'ideale, perché una persona formata può rispondere a domande di ordine pratico e confrontarsi con i ragazzi sull'aspetto emotivo, relazionale e sul tema ad esempio del consenso, della gestione del rifiuto”. Nel rapporto studenti-insegnanti il tema dell'educazione sessuale e affettiva emerge soprattutto con “la letteratura italiana e latina”, spiega ancora la docente. “Con D'Annunzio le domande sul tema si sprecano e anzi vanno accolte, vanno approfondite. Un insegnante può confrontarsi su materie letterarie e sulla sua area di competenza, mentre un esperto esterno, uno psicologo può rispondere a domande che forse porrebbero i ragazzi in imbarazzo se le facessero all'insegnante con cui lavorano tutti i giorni”, aggiunge Laterza. Secondo Giannelli, un altro elemento fondamentale riguarda “l'aggiornamento dei docenti. Gli insegnanti “più preparati, più motivati l'hanno sempre fatto in modo implicito, ma io credo che un'attività importante di aggiornamento e formazione per un docente sia assolutamente imprescindibile perché questa è un'attività in rapida obsolescenza: non tanto il sapere disciplinare, ma sapere come porgerlo agli studenti secondo me è fondamentale e può essere oggetto di aggiornamento professionale”, dichiara il presidente. Le nuove disposizioni del Ministero dell'Istruzione Tra le disposizioni e le scelte dal Ministero spiccano anche nuove indicazioni nazionali per l'infanzia e il primo ciclo. Tra le novità emergono l'apprendimento delle poesie a memoria e la reintroduzione del latino curriculare opzionale a partire dalla seconda media. “Per quanto riguarda l'apprendimento della poesia a memoria sono favorevole, ma non credo che purtroppo sia questo il punto”, afferma Laterza. Secondo la docente e scrittrice, l'urgenza riguarda soprattutto “la pratica della scrittura, perché i ragazzi che incontro in prima e seconda liceo hanno gravi lacune da questo punto di vista”. Poi rimarca: “Più che la poesia a memoria, più che il latino, serve scrivere, scrivere moltissimo e approfondire anche la pratica della lettura, della comprensione del testo”. Per Laterza, “un'ora di latino facoltativa alle medie può essere utile per allenare la mente, ma forse non mi limiterei a queste disposizioni: imparate l'italiano, a scrivere”. Anche Giannelli si è espresso a favore delle nuove disposizioni. “Indubbiamente fare un po' di esercizio mnemonico fa bene, come andare in palestra e fare esercizi muscolari. Ma non è certo quello il centro. Per quanto riguarda il latino è un'opzione in più, quindi non vedrei difficoltà”, ha detto. “Queste sono indicazioni. Nel nostro Paese abbiamo un tale diritto alla libertà di insegnamento in Costituzione, che sarebbe anche un dovere, che non è pensabile che un governo o una maggioranza, chiunque esso sia, possa dettare in dettaglio quello che il docente deve fare. Questo non è possibile, è incostituzionale”, ha rimarcato. Poi ha aggiunto: “Si danno indicazioni come è giusto che sia. La responsabilità di questo tipo è politica ed è del decisore politico in carica in quel momento, quindi è giusto che sia così. Però tutto questo è ampiamente declinabile e curvabile sugli interessi e sulle esigenze dei ragazzi, da parte dei singoli docenti, ma soprattutto da parte dell'autonomia delle scuole, che è in Costituzione”. I percorsi di apprendimento sono “decisi, deliberati collegialmente dalle scuole. Quindi noi abbiamo una dimensione individuale del docente, che è quella un po' più del tempo passato, ma con l'autonomia ha preso forza una dimensione collegiale che ha una gran forza anche costituzionale”, ha concluso.

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