Walter Veltroni racconta la partigiana Iris Versari: "La ragazza che teneva alla libertà"

Era indomita, coraggiosa, libera. Così libera da compiere una scelta estrema, ma che le ha permesso di autodeterminarsi anche nella morte: quella di uccidersi pur di non cadere viva in mano al nemico, i nazifascisti. Iris Versari nacque il 12 dicembre 1922 a San Benedetto in Alpe, in provincia di Forlì, in una famiglia contadina. Iniziò a lavorare da giovanissima come domestica al servizio di famiglie benestanti, dove prese coscienza dello sfruttamento degli operai e delle donne. E iniziò ad abbracciare la causa dell’antifascismo. Intraprendente, forte, descritta da tutti come bellissima, nel settembre del 1943 divenne staffetta della banda di Silvio Corbari, il “divo della Resistenza romagnola”, con il quale ebbe una tormentata relazione sentimentale , e nel gennaio del 1944 entrò come combattente nella sua formazione. Unica donna della banda, Versari imbraccia le armi, combatte a soli 19 anni nel territorio forlivese fino a sacrificare la propria vita per quella libertà che sognava. Nell’agosto del 1944, ferita a una gamba, si era rifugiata con l’amante e altri compagni in una casa colonica quando venne sorpresa da tedeschi e fascisti. In quel momento capì che, non potendo muoversi, non poteva tentare la fuga, oltre a rischiare di impedire la salvezza degli altri: il 18 agosto si spara per non cadere in mano fascista. Il suo corpo di giovane donna viene trasportato, come un trofeo, su una Fiat Topolino fino alla piazza Saffi di Forlì, dove il suo corpo viene appeso a un lampione ed esposto pubblicamente accanto a quello di Silvio Corbari e di altri due componenti della banda, Adriano Casadei e Arturo Spazzoli. Versari è una delle diciannove donne italiane insignite della medaglia d’oro al valor militare, anche se la ricevette solo nel 1976, a differenza dei suoi compagni. “Partigiana”, “donna”, “combattente" si legge ancora oggi sulla targa sulla sua casa natale, al Poggio di San Benedetto in Alpe. Ottant’anni dopo il suo sacrificio, la sua storia rivive tra le pagine del romanzo di Walter Veltroni "Iris, la libertà" , una vicenda di amore e lotta narrata con intensità e senza sconti ispirata alla biografia di Iris Versari pubblicata nel 2022 dalla storica romagnola Sandra Bellini. Iris, e le donne nella Resistenza “Iris era una ragazza anticonformista, con una grande voglia di emergere e un carattere molto deciso, a cui andavano stretti tutti i canoni morali della società rurale contadina che era stata codificata dalle leggi fasciste sulla donna. Respira l’antifascismo in famiglia anche se non ha una formazione politica”, racconta Sandra Bellini a Sky TG24. “Era una ragazza come tante, con le sue luci e le sue ombre, che a un certo punto scelse la via della Resistenza armata”. Negli Anni ’40 essere donna e imbracciare un fucile era insolito: la guerra era roba da uomini, mentre alle femmine spettava il lavoro di cura. “Gli studi sulle donne armate infatti iniziano soltanto negli Anni ‘90”, spiega la storica romagnola: “Fino ad allora aveva prevalso la linea del primo femminismo che voleva l’uomo guerriero e la donna portatrice di cura e di pace. Le donne sono state tenute a lungo lontane dall’uso delle armi perché solo chi era in grado di imbracciarle e difendere la patria poteva anche governare, avere il potere". E così, anche quando le donne entrano nella Resistenza, nella narrazione comune non lo fanno mai in nome di ideali di giustizia, fratellanza e democrazia come gli uomini, “ma perché a quelle donne magari avevano ucciso un fratello o il padre, o dovevano aiutare un familiare”. Agli uomini si riconosceva una partecipazione alla resistenza di tipo politico, alla donna di tipo affettivo. L'amante di Versari, il capo della banda, rispecchiava lo stereotipo dell'uomo dell'epoca, racconta Bellini: "Proteggo mia moglie la tengo lontana dal campo di battaglia, la aiuto a nascondersi, la curo. Con l’amante condivido invece la lotta la politica". Versari, quando capirà che l'uomo non abbandonerà mai la sua famiglia per starle al fianco, vive una forte crisi emotiva. Ed è sola, a soli 21 anni. "Conviveva con la paura di essere presa dai tedeschi, la sua famiglia era distrutta. Versari si ritrova da sola con una pessima reputazione perché era considerata una 'puttana'", ricorda la biografa. Una storia di coraggio ma infelicità, fino all'epilogo più tragico: si uccise per non farsi uccidere dal nemico. "Sapeva benissimo cosa le sarebbe successo se i fascisti l’avessero presa viva. Ha scelto di decidere per sé". Nel 2022 lo scrittore ed ex sindaco di Roma Walter Veltroni conosce la storia di Iris Versari durante una visita a Forlì, e ne resta rapito. Sky TG24 lo ha incontrato alla vigilia del 25 aprile a Modigliana, dove ha visitato insieme al sindaco della cittadina e all'ANPI il museo della Resistenza prima di presentare "Iris, la libertà", un viaggio nel passato di questa partigiana per sempre ragazza. I dati ufficiali raccontano che le donne della Resistenza nell’allora provincia di Forlì furono oltre 300. Perché ha scelto proprio questa storia? Come tutto nella vita è dipeso da un incontro, un caso. Tre anni fa mi trovavo in libreria a Forlì per presentare il mio libro "La Scelta", e mentre aspettavo ho curiosato tra gli scaffali delle case editrici locali, dove ho notato la biografia di Iris Versari. L’ho comprato, ho iniziato a leggerlo in treno e da quel momento sono precipitato nella storia di Iris. Un viaggio immersivo. Sì: ho lavorato per due anni leggendo, parlando con molte persone e visitando i luoghi in cui ha vissuto, dove siamo oggi. Ho studiato e raccolto il materiale necessario per scrivere un romanzo. Ma nonostante non si tratti di un saggio, tutti gli episodi che ho raccontato sono realmente accaduti. Il romanzo è scritto sottoforma di diario, in prima persona. Perché questa scelta? Volevo che i lettori e le lettrici si sentissero Iris. É il diario di questa bambina che cresce, diventa una ragazza, poi una giovane donna, anche se morirà a soli 22 anni. Mi ha colpito questo anelito di libertà che lei ha avuto fin dall’inizio, anche rispetto alla sua condizione. E la sua vita finisce come è iniziata, con un gesto di grande coraggio. La libertà l’ha contraddistinta dall’inizio alla fine della sua vita. Sempre. Iris voleva studiare, voleva conoscere il mondo oltre quel cucuzzolo nel quale viveva con i suoi genitori che lavoravano nei campi, e poi voleva partecipare al destino del suo Paese. Tutto, nella sua storia, è segnato dalla libertà. Il suo è un antifascismo più esistenziale che resistenziale, perché non aveva una formazione politica compiuta né una grande cultura. Il suo antifascismo era istinto, quell’istinto di libertà che si mette in moto in tutti noi quando la dittatura diventa oppressiva. Versari è stata molto osteggiata sia per il ruolo attivo nella Resistenza sia per il rapporto con il suo amante Silvio Corbari. Che relazione era la loro? Iris non voleva essere marginale, mai. Rivendicava il suo ruolo e la parità delle sue responsabilità, sia nel compiere le azioni partigiane che nel partecipare alle decisioni. E questo, in una società fortemente maschilista come era quella di quel tempo, anche in una banda partigiana, era visto con fastidio. E non va dimenticato che stiamo parlando di una ragazza di 20 anni, bellissima, che era l’amante del capo. Un capo a sua volta sposato, con un figlio. E la loro relazione era pubblica. Era una donna sola? Sì, lo è stata. A iniziare dalla famiglia: a 20 anni le portano via la madre e il padre , un fratello muore, gli altri fratelli vengono portati in carcere. Iris vive una forte solitudine anche all’interno di quella banda Corbari, dove le ripartizioni tra uomini e donne rispecchiavano la cultura di quel tempo. Capisce di essere sopportata a malapena, e di essere ritenuta anche pericolosa, tanto che a un certo punto tra alcuni dei componenti della banda matura anche l'idea volersi liberare di lei. Si è mai chiesto che donna sarebbe diventata, se avesse avuto la possibilità di vivere un futuro oltre i suoi 22 anni? Il suo sogno era andare in America, e forse ci sarebbe riuscita. Per lei rappresentava un luogo di libertà ed energia, si rifugiava spesso in quel sogno. Certamente sarebbe diventata una donna fiera di andare a votare, felice di partecipare alla vita pubblica. Il resto non lo sapremo mai. Che cosa ci insegna oggi la sua storia? A non essere indifferenti. L’indifferenza è la più facile e la più stupida delle condizioni nelle quali ci si può trovare. Perché trascina nel baratro delle dittature, delle guerre, della violenza. Ho scritto questo libro per questo, per raccontare di una ragazza che teneva alla libertà. Iris Versari, Corbari e gli altri sono stati impiccati, è vero, ma ci hanno tirato il fiore della libertà. La cosa più spaventosa che potremmo fare è lasciare che quel fiore cade per terra. Una ragazza che teneva alla libertà quindi, non un’eroina. La parola “eroe” non ho mai capito che cosa significhi. Me lo sono sempre chiesto anche quando leggevo l’Iliade o l’Odissea. La vita è strana, ti porta a compiere gesti che non necessariamente sono figli del tuo desiderio di diventare eroe. In fondo gli eroi sono solo quelli che Borges chiamava “i giusti”, quelle persone che non fanno altro che il loro dovere. Sono passati 80 anni dalla Liberazione dell'Italia dal nazifascimo. Dobbiamo avere paura di tornare indietro? Le cose non tornano mai uguali a prima. Non è vero che la storia si ripete due volte, ha una sua originalità, però spesso la storia ripropone difetti, vizi e malattie. E oggi si sta riaffermando una sorta di desiderio autocratico di rimozione o di riduzione della democrazia a una pura forma, sostituita dall’autorità di una firma che decide. Tutto questo è molto pericoloso. Le fa paura? Sì, è la prima volta che sono preoccupato. Anche perché questo ritorno, con la rielezione di Donald Trump, sta avvenendo anche in Paesi come gli Stati Uniti, che sono stati un riferimento per la cultura democratica occidentale. Che significato ha celebrare oggi il 25 aprile? Significa ricordarsi una cosa semplice: che in un giorno solo gli italiani si sono liberati della dittatura, della guerra e dell’occupazione straniera. Se non c’è da festeggiare per questo, per cosa dovremmo farlo?

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