Figli e cellulare: una guida (affidabile) spiega ai genitori come fare

In Italia un bambino su tre, tra i 6 e i 10 anni, usa lo smartphone. Ma i più precoci iniziano a muovere i primi passi nell’intrattenimento digitale – perlopiù app di videogiochi e video su Youtube – a partire dai 4 o 5 anni. Con l’avanzare dell’età, i numeri si impennano: due preadolescenti su tre, tra gli 11 e i 13 anni, hanno almeno un account social. E questo nonostante la legge imponga che siano necessari almeno i 14 anni per sbarcare sulle piattaforme . Le aziende, da parte loro, si muovono inaugurando nuovi account per adolescenti, che prevedono restrizioni alla navigazione, ma non hanno interesse a imporre controlli più severi agli accessi fraudolenti di chi mente sulla propria età per aprire profili social. A queste condizioni, perciò, si rende sempre più necessaria un’attenta educazione digitale. E così – “Educazione digitale” – si chiama anche la campagna di Save the Children stimolata dai “sempre più frequenti episodi di cyberbullismo, hate speech e condivisione di immagini intime senza consenso che coinvolgono adolescenti e giovani” in Italia. Alla sensibilizzazione nelle scuole la ong accompagna una guida pratica che, per ogni fascia d’età, suggerisce a genitori e figli “regole e buone pratiche per impostare i propri account social e proteggere le identità online”. Perché serve una guida L’esposizione digitale dei giovani è altissima. Quasi un terzo di ragazzi e ragazze tra gli 11 e i 13 anni è connesso con gli amici più volte al giorno tramite chat, chiamate o videochiamate. Oltre quattro su cinque usano internet per scambiarsi messaggi e già il 9,6% frequenta corsi online. I rischi sono legati prima di tutto ai cybercrimini. Secondo i dati della Polizia postale, i casi di cyberbullismo sono in aumento: sono passati dai 284 del 2023 ai 319 del 2024. La fascia più colpita è quella degli adolescenti tra i 14 e i 17 anni. In crescita anche la pedopornografia online , con 2.809 casi. E l’adescamento di minori in rete: 370 nel 2024, con un aumento del 5% sull’anno precedente. All’esposizione a questi delitti online si aggiungono i rischi legati all’uso problematico dei social, che riguarda circa il 15% di ragazzi e ragazze di 11 anni, e dei videogame, a cui gioca l’84% dei preadolescenti maschi e il 75% delle femmine. In questo contesto, l’Italia accusa un ritardo nello sviluppo di competenze digitali rispetto al resto d’Europa: il 55,8% dei 16-19enni raggiunge un livello base, a fronte della media Ue del 66,5%. E il divario tra Nord e Sud è netto: 59,7% per le regioni settentrionali contro il 50,6% del Meridione. Per questo, Save the Children ha già coinvolto oltre 3.000 studenti e circa 700 docenti nel programma di sensibilizzazione “Connessioni digitali” e ora ha pubblicato una guida pratica per genitori e figli. “Vogliamo lanciare messaggi efficaci ai padri e alle madri che spesso vengono solo indicati come i responsabili di una situazione che dovrebbe, invece, impegnare l’intera comunità”, commenta uno dei redattori della guida, Daniele Catozzella, esperto di didattica digitale. Cosa fare dai 5 agli 8 anni Nonostante la tenera età, è dai 5 agli 8 anni – e in certi casi anche prima – che iniziano gli stimoli digitali sistematici. Giochi in rete, applicazioni, video e ricerca online. I rischi in questa fase, secondo Save the Children, sono quelli di imbattersi in contenuti “falsi, violenti, stereotipati o illegali”. O, naturalmente, “non adatti all’età”. Perciò la chiave da adottare, secondo gli esperti della ong, è la “presenza costante” che stabilisca regole in dialogo con il figlio. “Nella rete non si è mai anonimi”, “i dati personali restano online per sempre”, “non tutto quello che si vede sul web è vero”, “parlami sempre se vivi un disagio in rete”. Sono queste le frasi suggerite da rivolgere ai bambini di questa età. “In questa fase precoce già interagiscono con video in streaming e, sempre più spesso, con assistenti vocali connessi alla rete – spiega Catozzella – Per questo iniziamo a dare i primi strumenti per comprendere il mondo digitale partendo dalle idee di sicurezza, intimità e attenzione allo sconosciuto. Ma, a quest’età, le applicazioni e i giochi possono anche essere utili: pensiamo alla possibilità di costruire fiabe tramite immagini, stimolando creatività e fantasia”. Cosa fare dai 9 agli 11 anni I social superano il web, a internet si aggiungono le chat e i videogiochi diventano multiplayer. Queste sono le rivoluzioni che, già dai 9 agli 11 anni, coinvolgono i moltissimi giovani che hanno una presenza digitale. A questa età “il gruppo spesso indirizza le scelte”, spiega la guida di Save the Children. E si innesca il famoso mantra: “Gli altri ce l’hanno e io no!”. Il risultato è che, per la prima volta, i figli sono esposti a potenziali incontri con sconosciuti, alle truffe degli acquisti online e a una crescita esponenziale del tempo trascorso davanti agli schermi. È l’età dei primi smartphone e, in questa fase, “condividere piccoli momenti con i compagni di classe in chat, ad esempio, è una pratica comune”. “In questa età – spiega Catozzelli – è molto importante capire come e quando si sentono a disagio i nostri figli sulla piattaforma, comprendere con loro quali sono i sistemi di segnalazione”. Per quanto riguarda le regole, Save the Children suggerisce di condividerne alcune che valgano anche per i genitori: “Condividiamo tutti la nostra intimità online e c’è per ognuno un problema legato alla sicurezza. Gli adulti cercano spesso di mandare messaggi che non appartengono a loro, ma invece sarebbe più efficace condividere insieme le proprie esperienze online”. Per quanto riguarda i videogiochi, la ong suggerisce di fare sempre riferimento alla classificazione Pegi, che indica l’età adatta per ogni prodotto. Cosa fare dai 12 ai 14 anni Nella preadolescenza i social assorbono gran parte della vita digitale dei ragazzi. “Cresce il bisogno di essere sostenuti nelle emozioni che si provano, nella richiesta di autonomia e di espressione di sé, ma anche nello sviluppo del pensiero critico”. E il rischio, aprendo i primi profili social personali, è quello di “sentirsi tagliati fuori”. “Aumenta la pervasività di ciò che avviene nelle vite online – si legge nella guida di Save the Children – e se ci si disconnette ci si può sentire esclusi”. Non solo: questa è anche l’età in cui il dialogo con la famiglia può farsi più complicato: “Il desiderio di autonomia e privacy – continuano gli esperti – può provocare tensioni in famiglia e difficoltà a trovare un equilibrio tra rispetto delle regole e desiderio di esplorazione”. Perciò, il consiglio è quello di invitare a pause più lunghe, a impedire che i social riempiano i momenti di noia e a non falsificare l’età anagrafica iscrivendosi alle piattaforme con account per adolescenti. “In questa fase capiamo l’importanza di un’educazione digitale fin dai tempi precoci – conclude Catozzella – Dobbiamo togliere il “velo” a questi social e scoprire, con i ragazzi, come funzionano e quali sono gli intenti anche degli algoritmi. Capire cosa c’è dall’altra parte dello schermo, per iniziare a bilanciare anche le esperienze online con alternative offline, è fondamentale. È così, se ci pensiamo, che siamo usciti anche dal Covid”.

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