La matematica sarà sempre meno importante nella scuola italiana?

A sentire chi insegna negli atenei italiani, le Indicazioni nazionali per le scuole elementari e medie – almeno per la Matematica – andrebbero bene così come sono. È da questa complicata premessa che prende le mosse il dialogo tra la commissione del Governo - incaricata dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara per redigere il testo su cui saranno riscritti i programmi e i libri scolastici a partire dal 2026 - e le associazioni dei docenti universitari di Matematica. Che lamentano, prima di tutto, un ruolo subordinato delle discipline scientifiche nel nuovo progetto del Ministero: “Nel testo di Valditara – commenta Andrea Maffia, ricercatore di Didattica della matematica all’Università di Bologna – si dice addirittura che la Matematica contribuisce alla cultura. Come se la Matematica non fosse parte stessa della cultura, letta invece solo come umanistica”. Al momento, il testo delle nuove Indicazioni nazionali è al vaglio del “dibattito pubblico” e, per renderlo definitivo, il Governo sta ascoltando le società dei docenti, che si dicono preoccupate: “Il Governo dichiara che ha ritenuto un’emergenza una certa disaffezione per le materie umanistiche – spiega la professoressa Francesca Tovena, presidente dell’Unione matematica italiana, che ha partecipato al tavolo con la commissione – Al momento, però, nel testo che ha proposto chiede solo alle discipline scientifiche di collegarsi con quelle umanistiche, non viceversa. Spero che sia solo perché si tratta di un documento provvisorio, altrimenti sarebbe grave”. dubbi legittimi Le preoccupazioni dei docenti universitari, a leggere i risultati dei test Invalsi italiani, sembrano legittime. Il report Invalsi 2024 mostra che solo il 39% degli studenti e delle studentesse di terza media, nel sud Italia, raggiunge almeno il livello base in Matematica. La differenza è ampia con le regioni del Centro e del Nord, dove i risultati sono migliori, ma rispetto al 2019 e al 2021 la tendenza è ovunque al ribasso. Il divario con l’Italiano, la disciplina per la quale le Indicazioni targate Valditara rilevano una “emergenza”, è ancora più netto: in campo umanistico, a raggiungere almeno il livello base nei test Invalsi è il 62% degli studenti. A proposito di divari, poi, l’Italia è il primo tra i Paesi Ocse per disuguaglianza nelle competenze matematiche tra maschi e femmine. Con punteggi medi, tenendo conto di entrambi i generi, comunque non migliori di quelli osservati nel 2003 e nel 2006. Più materie nelle stesse ore Nel confronto con la commissione del Governo, i matematici hanno presentato alcune proposte per riformare il testo che cambierà la scuola italiana dal 2026. La prima riguarda l’introduzione, prevista dalle nuove Indicazioni nazionali, dell’Informatica nella Matematica. I dubbi dei docenti universitari, a riguardo, sono semplici: “La riforma richiede da parte degli insegnanti competenze che difficilmente hanno ottenuto nella formazione universitaria – commenta Maffia – E, in più, il Governo non fa alcun cenno a ore aggiuntive. Perché il Latino dovrebbe comparire come una nuova materia e l’Informatica, invece, deve stare dentro alla Matematica?”. Un monte orario più ampio, secondo i docenti, servirebbe anche ad affrontare un programma di Informatica – quello proposto dalle Indicazioni di Valditara – “da superiori”: si richiede, per esempio, l’apprendimento di nozioni di Informatica teorica e di abilità come la comprensione di un algoritmo. “Servirebbe – continua Maffia – che il docente di Matematica conoscesse almeno un linguaggio di programmazione, ma è una competenza non comune. La percentuale di laureati in Informatica, tra i docenti, è microscopica. La maggior parte hanno alle spalle percorsi in Geologia, Scienze naturali o Biologia”. Secondo la presidente dell’Unione matematica italiana, però, il problema è ancora a monte: “Inserendo l’Informatica – spiega la professoressa Tovena – sono stati dati come obbligatori obiettivi molto più dettagliati rispetto alle precedenti Indicazioni nazionali. Così, da un lato è minata l’autonomia scolastica e, dall’altro, la volontà d’integrazione delle materie”. Perché insegnare la Matematica a scuola Se sono lontane le posizioni sui contenuti da insegnare alle elementari e alle medie nelle ore di Matematica, le parti appaiono ancora più distanti quando si tratta di discutere i motivi per cui insegnare la disciplina a scuola. Al punto che i docenti universitari hanno chiesto alla commissione la completa “riscrittura” del paragrafo sui “perché”. L’oggetto della contesa è il ruolo della Matematica nella formazione degli studenti e delle studentesse. Nel testo delle nuove Indicazioni, si fa riferimento alla materia come al “linguaggio formale capace di distinguere il vero dal falso”. E si aggiunge, per chiarire la posizione, che “il Teorema di Pitagora era vero 2500 anni fa e lo sarà per l’eternità”. I ricercatori, però, non concordano: “La Matematica insegna, piuttosto, uno spirito critico. Le cose sono vere solo a seconda delle premesse nelle nostre discipline – spiega Maffia - Per fare un esempio banale: la somma degli angoli interni di un triangolo è di 180 gradi solo se lavoriamo in geometria piana. Sulla sfera non è così. La Matematica non è bianco e nero”. Per la presidente dell’Unione matematica italiana, invece, questo è un dibattito che rischia di essere sterile. “Il punto resta come una disciplina possa far crescere gli studenti in una certa fase della loro vita – commenta Tovena – Non serve celebrare la materia di per sé”. L’attenzione, piuttosto, sarebbe da rivolgere alle attività da proporre agli studenti. In primis, quelle laboratoriali che – come ha contestato Tovena alla commissione, chiedendone il ripristino – sono sparite dalle nuove Indicazioni ma che, invece, sarebbero uno spazio in cui “l’alunno è attivo, formula le proprie congetture e ne controlla le conseguenze, progetta e sperimenta, discute e argomenta le proprie scelte, impara a raccogliere dati”. Insomma, uno spazio di formazione.

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